“La Vita Veramente” è il disco che segna l’esordio del “Borghese in borghese” Fulminacci, il nuovo astro nascente della musica italiana.
Fulminacci è il nome d’arte di Filippo Uttinacci, giovane cantautore romano classe 1997. La Vita Veramente è il titolo del suo debut album, pubblicato lo scorso 9 aprile per l’etichetta indipendente Maciste Dischi, distribuito da Artist First e prodotto da Federico Nardelli e Giordano Colombo.
”La Vita Veramente è un disco pieno di me e questa è sicuramente la cosa più bella. Lo considero un album estremamente vario, quasi schizofrenico nella sua proposta stilistica, ma nonostante questo nessun brano risulta figlio unico, ha una coerenza tutta sua e rispecchia la mia voglia di sperimentare e di non fermarmi mai, neanche quando sono soddisfatto. Parlo di amori e rincorse, di tangenziali e gite, tradimenti e caffè, sigarette, ascensori e semafori, insomma parlo della vita, veramente.”
Nove tracce in cui l’artista mette in mostra tutta la sua spiccata qualità di songwriter, uno stile di scrittura che strizza l’occhio sia al cantautorato classico-tradizionale (Lucio Battisti su tutti) sia alla moderna canzone d’autore (Daniele Silvestri per intenderci), ma che allo stesso tempo risulta autentico ed originale.
Il brano che accende i riflettori sull’album è Davanti a te, ballata dalle forti influenze battistiane, contraddistinta da un riff di chitarra acustica ben scandito: “Prestami un modo di fare magari mi sta”, Fulminacci si presenta con una voce pulita e genuina. Segue subito la title track, in cui emergono quelli che sono i tratti distintivi del carattere di Filippo, come la grinta e l’ironia: “Odio gli artisti, i narcisisti, ma sono pazzo di me!”, canta Filippo con tono quasi rabbioso e sarcastico. Con Tommaso l’atmosfera diviene decisamente più distesa, il pezzo si candida fortemente a diventare il prossimo singolo e descrive in maniera piuttosto intricata (“Ma mica per caso ho visto Tommaso, mi ha detto che lei gli ha detto che tu le hai detto di noi”) una relazione clandestina.
Borghese in borghese è il brano ideale per inquadrare quella che è la personalità del giovane artista romano: “Io canto la mia opinione così che si diffonda, sono un borghese in borghese, è così che mi nascondo”, questa quarta traccia costituisce un piacevole scioglilingua, quasi tutta parlata ad un ritmo più che sostenuto, in particolar modo nelle strofe. Leggermente rappata anche I nostri corpi, pezzo dalle marcate sonorità hip-hop anni ’90 in cui Fulminacci veste in qualche modo anche i panni del filosofo: “La vita è solo la manutenzione di una circostanza”. Un dolce arpeggio di chitarra ed una voce quasi sussurrata, invece, per l’autobiografica ed introspettiva Al giusto momento: “Non c’è niente che prometto, però poi mi sono contraddetto, forse perché non rifletto mai, al giusto momento”.
Il penultimo brano – La soglia dell’attenzione – è una ballata leggera attraverso la quale il cantautore ci trasporta in un’atmosfera tipicamente romanesca: “Che bella serata, che buona la gricia, che belle canzoni, che belle risate, per come ti escono e come le suoni”. Il compito di calare il sipario sul disco è stato affidato alla romantica Una sera: “Non si può fare come ti pare, tra un po’ non avrai più vent’anni e la vita diventa un mestiere”.
Album decisamente convincente sin dal primo ascolto, ha tutte le carte in regola quantomeno per ambire alla Targa Tenco per la Migliore Opera Prima: Fulminacci è da considerarsi a tutti gli effetti il nuovo astro nascente della musica italiana!
Recensione a cura di Lorenzo Scuotto
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