“Io non credo in nulla”
Intervista a cura di Giorgia Groccia
I kuTso sono già storia. Irriverenti, poliedrici, ricchi di effetti speciali e contenuti interessanti.
La band esordisce nel 2013 pubblicando il loro primo album ufficiale Decadendo (su un materasso sporco) prodotto da 22R, Cose Comuni e Metatron, presentato live al Circolo Degli Artisti di Roma. Nel gennaio 2016 divengono protagonisti di un video virale che li riprende durante un’accesa diatriba con il ministro Maurizio Gasparri nel salotto della trasmissione Revolution in onda su TV2000 e proseguita poi a colpi di tweet. Nell’estate 2017 i kuTso sono tornati nuovamente in tour in tutta la Penisola, dopo l’impegno televisivo di Bring The Noise, quiz televisivo in prima serata su Italia Uno che li ha visti impegnati in qualità di resident band
Anche il passato più lontano è costellato da grandi eventi: nel 2014 dopo un tour di oltre 120 DATE, i kuTso partecipano al Concerto del Primo Maggio a Roma, durante il quale si esibiscono davanti a 700.000 persone e le aperture a Caparezza: a Miami (USA) in occasione dell’Hitweek Festival e al Postepay ROCK IN ROMA 2014, due grandi occasioni che trovano l’appoggio di un pubblico particolarmente partecipe e divertito. Altro evento memorabile è la partecipazione all’Hard Rock Live Roma in Piazza del Popolo insieme ai Negramaro. Quella dei kuTso è una carriera in continuo divenire che lascia ampio respiro a chi scolta, permette la percezione tangibile di contenuti non inscatolati – piuttosto da definirsi “a briglie sciolte”- indirizzati verso un pubblico che acclama e ne accoglie il sound spudorato, il lessico tagliente e il sotto testo impegnato.
Noi di TGP abbiamo chiacchierato con loro in vista del live a Milano che si terrà giovedì 27 giugno presso l’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini per l’evento Da vicino nessuno è normale 2019.
Dato il vostro storico di tutto rispetto, cosa vi aspettate dall’imminente futuro della band?
Mah, in realtà non ci aspettiamo nulla, in questi ultimi cinque anni sono cambiate tante cose ed è esploso il fenomeno indie, scena di cui facciamo parte anche noi, ma nella quale siamo apparsi leggermente prima del “botto generale“. Dunque mentre osserviamo la società che muta e vediamo trasformarsi il linguaggio della gente, contemporaneamente andiamo per la nostra strada scrivendo canzoni fuori dallo spazio/tempo per chi ha voglia di ascoltare qualcosa di diverso.
Nel vostro album “Che Effetto Fa” ponete un quesito essenziale sulla natura umana e sulle rivoluzioni personali che ogni persona decide al principio di combattere durante la propria vita. Qual è la rivoluzione dei kuTso?
La grande rivoluzione di questa band è l’aver trasformato l’invidia in arte, il risentimento in creatività, lo sconforto cosmico, la disperazione immotivata e l’inettitudine impulsiva in gioiose espressioni musicali.
Cosa pensate della scena indie pop / itpop sviluppatasi nell’ultimo periodo?
È la prima volta che in Italia si forma una scena musicale alternativa che diventa numericamente più potente e grande del mainstream. Finalmente anche noi abbiamo i nostri nuovi Bob Dylan che inoltre vendono! E’ bello vedere stadi, arene e palasport riempiti da progetti musicali realmente nati dal basso, senza una esposizione mediatica canonica. Io sono contento di assistere a questa emancipazione. L’unico neo del grande cambiamento in atto è che, anche se a cantare sono personaggi fisicamente repellenti e non dei fichi di plastica, in fondo la gente vuole sempre le stesse cose: amore, estate, romanticismo da 4 soldi e una malinconia convenzionale trita e ritrita.
Se doveste scegliere tre album che vi hanno cambiato la vita quali scegliereste e perché?
Nevermind (Nirvana) perché per quanto riguarda la mia formazione musicale, tutto è partito da qui.
Senza Orario Senza Bandiera (New Trolls) perché ho imparato a cantare con questo disco.
Surfin’ Usa (The Beach Boys) perché a me piace surfare sulla vita fino a spezzarmi il collo.
Qual è stato il vostro live che ricordate con più entusiasmo e perché?
La seconda volta che suonammo al Concertone del Primo Maggio. Ascoltare circa centomila persone cantare un nostro pezzo mi ha fatto sentire di aver creato qualcosa che non avesse valore solo per me.
Cosa è cambiato dal vostro album di debutto “Decadendo (su un materasso sporco)” ad oggi?
E’ cambiato sicuramente l’approccio alla Musica e alla Vita. Quando uscì il nostro primo disco, nonostante le difficoltà oggettive dell’essere “emergente“, avevo in mente un percorso chiaro per i kuTso e più o meno è avvenuto ciò che mi ero prefissato, a parte il festival di Sanremo che è stato un piacevole quanto inaspettato “incidente di percorso“. Ora invece è come se la mia vita fosse un foglio bianco, non ho la più pallida idea di cosa mi potrà aspettare, né ho in mente una direzione precisa, mi sento di dire solo che “non so”. Continuo a scrivere le mie canzoni, in cui concentro tutti i miei pensieri, le mie sensazioni, i ragionamenti contorti, il malessere, la curiosità di domani, l’attesa continua di un evento risolutivo, che potrebbe anche essere semplicemente l’andropausa o la morte.
Qual è il vero significato intrinseco circa l’irriverenza incastonata all’interno della vostra musica?
Io non credo in nulla. Vorrei riuscire a vivere felice senza aspettative, ma anche senza speranze, perché il concetto stesso di speranza mi fa l’effetto di una sbornia: anestetizza momentaneamente il cervello, placando il vortice di domande e arrovellamenti inconcludenti, ma quando torna la ragione, si sta peggio di prima e si è impossibilitati a godere realmente della realtà circostante. Meglio una disperata lucidità, eroica, irrazionalmente propositiva, proiettata verso il fare, che è l’unico concreto risultato dell’essere.
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