Oggi vi presentiamo Nicolò Annibale “aka” Annibale, cantautore napoletano che sta lavorando al suo secondo progetto discografico “Elefanti”, anticipato dal singolo “Lassame sta”.
Intervista a cura di Lorenzo Scuotto
Nato a Napoli, Nicolò vive (come tutti quando inizia la storia) in un piccolo paesino di provincia. Sin da piccolo dimostra il suo amore per la musica, divertendosi a cantare a squarciagola davanti ad un pubblico vero (dieci persone al massimo, compresa la nonna e la zia) le sigle dei cartoni animati, che sono stati i suoi cavalli di battaglia.
Studente di lettere moderne, Annibale ha sempre amato la letteratura, che ha influenzato la sua formazione musicale e personale, andando di pari passo con gli artisti (Pino Daniele su tutti) che hanno influito sulla sua musica, spingendolo a ricercare giorno dopo giorno il suono e la musica a cui aspira.
Nel 2016 arriva alla pubblicazione del suo primo disco “Ce voglio credere” come Nicolò Annibale e in seguito all’uscita del debut album colleziona più di 250 date in giro per l’Italia, oltre ad importanti aperture ad artisti come James Senese e Napoli Centrale, Nobraino, Lorenzo Kruger, Gnut, TheRivati, Foja, Francesco Di Bella).
Ciao Nicolò, benvenuto su Tutti Giù Parterre – Music On The Road! Inizia a parlarci un po’ di te e di come ti sei avvicinato alla musica.
Un saluto a tutti i parterriani! Mi sono avvicinato alla musica sin da piccolissimo, mio padre ha una collezione di circa 8mila CD di diversi generi e la domenica mattina mi svegliavo ascoltando il suo stereo. Così è nata questa mia passione ed ho iniziato a cantare parodie di cartoni animati. Poi ho studiato chitarra e canto, mentre al liceo ho scritto le mie prime canzoni, cominciando a pensare che tutto ciò sarebbe un giorno potuto diventare un vero e proprio lavoro e che questo sarebbe stato il mondo al quale avrei voluto appartenere. Pur essendo una persona piuttosto estroversa, è solo attraverso la musica che riuscivo ad esternare pienamente il mio pensiero e a superare i miei limiti.
Il tuo secondo progetto discografico – “Elefanti” – vedrà luce nel prossimo autunno e sarà pubblicato solo come “Annibale”: per che cosa si caratterizzerà questo tuo nuovo percorso artistico e stilistico?
Posso già dirti che si distaccherà molto dal mio primo lavoro discografico, non soltanto per una questione di nome, titolo, stile e genere, ma si tratta di una vera e propria rottura con il mondo al quale appartiene “Ce voglio credere”. Ho scelto semplicemente Annibale e ciò rappresenta per me un nuovo inizio, resto soddisfatto del mio primo progetto anche se descrive un’istantanea di quel che ero fino al momento della sua registrazione. Tutto ciò che è venuto in seguito ha contribuito a farmi e crescere e diventare quello che sono adesso. I brani del nuovo album sono stati scritti quasi tutti da tre anni a questa parte, la title track, infatti, risale ad inizio agosto 2016, alcuni mesi dopo l’uscita del primo disco. “Elefanti” l’avevo già registrato con un produttore, ma poi ho fermato i lavori ed ho ricominciato punto e a capo perché sentivo che avrebbe dovuto rappresentare pienamente me stesso sotto tutti i punti di vista. Ho curato personalmente (con il supporto di Giovanni Bellino) la produzione artistica di questo nuovo album, compiendo un massiccio lavoro di ricerca, spostandomi da sonorità rock ad un sound più soul con una sorta di evoluzione testuale ed una prevalenza dell’italiano sul napoletano.
“E maggio se ne va” sarà il secondo singolo estratto dal tuo nuovo album: impossibile non pensare a Pino Daniele leggendone il titolo! Quanto Pino c’è in questo pezzo e in generale nelle tue canzoni?
Nel mio mondo musicale Pino è sempre molto presente, probabilmente se non fosse per lui a quest’ora io e te non saremmo qui a parlare di musica. In questo nuovo disco ho cercato di prendere spunto dalla mentalità di Pino e dalla sua qualità nel guardare oltre, del resto è conosciuto in tutto il mondo perché non è rimasto quello dei primi lavori, ma si è sempre evoluto, studiando ed interfacciandosi con musicisti di caratura internazionale. In particolar modo, “E maggio se ne va” è un pezzo al quale tengo particolarmente perché rappresenta il figlio di questa mia nuova rinascita! L’avevo scritto anni addietro e avrebbe dovuto far parte dell’album d’esordio, invece adesso l’ho rielaborato in maniera totalmente diversa rendendolo più internazionale. Noi napoletani cerchiamo spesso di emulare Pino Daniele, ma credo sia una cosa letteralmente impossibile, così ho cercato semplicemente di prendere esempio dalla sua personalità.
Sei uno studente di lettere moderne, hai sempre amato la letteratura: quanto e in che modo quest’ultima influenza la tua scrittura?
Ciò che studio e ciò che leggo influenzano parecchio la scrittura di Annibale, gli stati emotivi e la scelta della musica stessa. Sono molto legato alle mie letture: nel primo album, infatti, è presente una traccia intitolata “Castelli di rabbia” che si rifà al libro di Baricco, così come nel nuovo disco c’è il pezzo “Storia di un cantautore” in cui faccio un chiaro riferimento a “Chiedi alla polvere” di Fante. La letteratura, dunque, svolge un ruolo fondamentale per la mia musica, in particolar modo mi ha dato una grossa mano nella scrittura di “Elefanti” e mi ha permesso di allargare il mio range di parole. Musica e letteratura sono le mie due passioni vanno sempre di pari passo.
Cantare in dialetto, o meglio in lingua napoletana, costituisce un vantaggio oppure un limite nel trasmettere il messaggio a livello nazionale ed internazionale?
Il napoletano mi ha aiutato molto, negli ultimi due anni ho avuto la fortuna di esportare spesso questa lingua fuori dalla Campania. Ovviamente può rappresentare un limite per una questione di comprensione del testo, anche se risulta molto musicale: se lo si riesce a valorizzare si ha la possibilità di esportarlo bene, se invece si tende a soffermarsi su idiomi napoletani fin troppi classici si corre il rischio di incontrare molte difficoltà nel farsi comprendere dagli ascoltatori, specialmente quelli del Nord. Il napoletano mi ha dato la possibilità di esprimere concetti che in italiano non avrei saputo esprimere “Ce voglio credere” è un album completamente in napoletano, mentre “Elefanti” è un disco misto in cui figurano anche pezzi nei quali le due lingue si fondono e credo che questa soluzione faccia arrivare maggiormente il messaggio che voglio far passare. A livello internazionale, invece, il napoletano è amatissimo da sempre: se guardiamo ai giorni nostri, il progetto Liberato ha il merito di aver modernizzato il napoletano, impiegando pochissimo tempo a varcare i confini nazionali ed arrivare all’estero.
“Cosa ne pensi – dimmi – dell’esplosione dell’indie?” recita Davide Petrella in un suo brano: a che cosa è dovuto questo exploit della nuova scena cantautorale italiana?
Dal mio modesto ed umile parere, credo che l’exploit dell’indie sia avvenuto perché questa scena rappresenta esattamente ciò che la gente vuole ascoltare. A differenza del pop, gli esponenti dell’indie hanno iniziato a parlare con la voce degli ascoltatori e non con quella dei cantautore. Motta, ad esempio, si rifà molto al cantautorato vecchia scuola, ma funziona perché è riuscito a portare in musica concetti semplici e che arrivano alla gente, senza filosofeggiare o fare il letterato. Così come anche Calcutta e la sua Tachipirina 500, può sembrare una banalità, ma si è scoperto che le persone volevano sentirselo dire. Come ha detto lo stesso Edoardo, questa scena per non morire dovrà evolversi, del resto a mio avviso i grandi artisti sono quelli che sperimentano. Prima di registrare il nuovo album ho voluto ascoltare e studiare nuova musica per circa un anno perché appunto avevo il desiderio di crescere, evolvermi e trovare il miglior modo per dire quel che non ero riuscire a dire nel precedente. Nell’evoluzione, però, bisogna fare attenzione a non snaturarsi, in questo senso i Negramaro sono riusciti a rinnovarsi rimanendo fedeli alla loro indole.
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