Fuori l’omonimo ep della cantautrice romana.
Recensione a cura di Giorgia Groccia
Minaper nasce a Roma negli anni 80. A 13 anni riceve in regalo la sua prima chitarra e inizia subito a suonarla. Parallelamente scrive testi e quando capisce che le due cose in realtà possono essere una sola inizia a scrivere le sue canzoni. Scrivere è per prima cosa una sua necessità e per molto tempo continua a farlo ma tiene le sue canzoni per sé.
Minaper è l’omonimo ep della cantautrice Martina Forlani, fuori il 15 novembre per Oltre Le Mura Records. L’Ep è un excursus vitae composto da quattro brani particolarmente pregni, imbevuti di sognante leggerezza utilizzata in funzione di una narrativa scorrevole ed emotiva. La vera ricerca compiuta da Minaper riguarda la necessità di liberarsi da ansie quotidiane, fragilità condivisibili e una ricerca minuziosa all’interno del linguaggio poetico 2.0.
La musica e la vita, la musica è la vita, ed è proprio questa la forza disarmante di ogni brano che compone l’ep; si va da Tangenziale che vede come argomento centrale l’alienazione del traffico cittadino come allegoria della quotidianità frenetica che contraddistingue la nostra epoca, a brani come Menomale in cui si parla del rapporto con la musica, delle perplessità prepotenti circa il non sentirsi mai abbastanza.
Proporzioni invece è un brano decisamente intimista e tratta l’irreversibile inadeguatezza nei riguardi dell’altro. Kamakura è un brano leggero, ironico, un po’ diverso dalle sonorità attuali.
La verità nella musica esiste ancora? La verità nella musica si ottiene con la semplicità, senza troppi giri di parole, escludendo ogni tipologia di forzatura per lasciar spazio al connubio vincente: le proprie parole condivisibili con l’esterno.
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