Colori sgargianti e arrangiamenti curati.
Recensione a cura di Davide Lucarelli
E’ Superflùo, non supèrfluo. Effettivamente non ho avuto dubbi nel determinare l’accento del titolo del nuovo album di Irene Ghiotto, dopo aver visto i colori sgargianti che campeggiano sulla sua pagina Instagram. Colori sgargianti come la personalità della cantante vicentina, vincitrice di Area Sanremo nel 2012 e del Premio Bianca D’Aponte nel 2015.
Arrangiamento non invadente e largo spazio alla voce e ai testi sono gli ingredienti principali per questo disco che si apre con Il Giro di Me Stessa, una riflessione che l’artista compie sulla propria evoluzione ed esperienza di vita. Assurdità sono due strofe in cui si invita a riflettere su alcuni atteggiamenti umani irragionevoli. Cento è forse il brano dalla produzione maggiormente affine al pop contemporaneo. Il ritmo incalzante di Preghiera per Tutti precede il brano che preferisco, intitolato Gli Ingegneri delle Anime Umane, una dolce ballad dal testo profondo, che invita a liberarsi delle paure che limitano le nostre vite.
Il brano più dolce è seguito dalla canzone più rabbiosa, Sotto a Chi mi Tocca, ferma dichiarazione di non conformità dell’autrice rispetto agli stereotipi femminili. Amarsi e Fare Fiasco è l’unica canzone d’amore in senso proprio dell’album. E’ una Canzone Triste ha l’arrangiamento migliore dal mio punto di vista, attuale ed innovativo. Piccola Apocalisse ha un testo visionario. Il brano di chiusura, Le Cose, invece riporta ad argomenti più filosofici ed introspettivi.
Superfluo è una raccolta di canzoni che hanno qualcosa da dire e da raccontare, sostenute da strumentali curati e mai troppo invadenti.
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