“La verità è che le canzoni non si scrivono, esistono già.”
Intervista a cura di Angela Ieriti
Sarajevo è il secondo singolo del cantautore siciliano (ma ormai trapiantato a Milano da qualche anno) Giunta.
Il brano è una storia autobiografica, malinconica. Una storia raccontata per chi non riesce a trovare pace tra i crucci di amori possibili, ma sfuggevoli.
Abbiamo avuto occasione di scambiare qualche battuta con Giunta. Ecco qua sotto cosa ci ha rivelato di sè e della sua musica.
Ciao Giunta! Come è nato questo progetto? È partito quando sei venuto a vivere a Milano o era già iniziato in Sicilia?
Questo progetto è stato un continuo divenire. Fin dalle scuole elementari scrivevo poesie e recitavo, mi piaceva il concetto di trasmettere i propri pensieri agli altri. Ho cominciato a fare musica al liceo, quindi ancora a Palermo, ma sempre come passatempo: strimpellavo corde e giocavo a fare beat al computer. Poi, esattamente il 31 dicembre 2018, quando ero ormai milanese da più di 2 anni, decisi che non avrei aspettato di compiere 30 anni per rimpiangere cose che avrei potuto fare. Quindi, nel contesto di persone che formulavano propositi per il nuovo anno, mi sono detto che il 2019 sarebbe stato l’anno nel quale avrei fatto musica sul serio. Il fato volle che un mese dopo, i miei produttori, Camilla Capolla e Gianmarco Grande, mi aggiungessero su Instagram sotto il nome di Ohrwurm. Da lì cominciammo a chattare e il resto è storia.
La tua terra, la Sicilia, influenza la tua scrittura? Quanto contano per te le tue origini?
Le mie origini sono tutto quello che sono. Frank Ocean in Oceans di Jay Z canta: “Because this water drown my family, This water mixed my blood, This water tells my story, This water knows it all”. Questa acqua è l’acqua di casa mia, il mio mare. Il suono del mio mare contro i miei scogli risuona di continuo nelle mie orecchie. Quando ho bisogno di stare bene, torno giù. Però va detto che mi trovo benissimo a Milano, credo che non sarei riuscito a condurre la mia attuale vita se non mi fossi trasferito, anche perché lasciare la comfort zone ti fortifica.
Lasagne e Sarajevo sono i tuoi primi singoli che raccontano degli aspetti della tua quotidianità. Come avviene nel tuo caso la scrittura dei tuoi pezzi? C’è uno schema preciso oppure è semplicemente pura ispirazione?
Questa è l’unica cosa a caso del mio progetto artistico. Nel senso che alcune canzoni le ho scritte in 3 minuti, altre in mesi, alcune di giorno, altre di notte, per alcune ho realizzato prima la base e poi il testo, per altre il contrario. La verità è che le canzoni non si scrivono, esistono già. Bisogna solo individuare il momento giusto per cercarle e il posto giusto dove trovarle. Ad esempio, il primo minuto di Lasagne è preso quasi per intero da un memo vocale che ho registrato mentre pulivo casa e nasce da qui “Ho passato tutto il giorno a scopare”.
Alcune cose schematiche e ricorrenti ci sono però: l’aggiunta di un suono che è presente in tutte le canzoni e i giochi di parole, e da uno che si chiama @miegiuntavoce sui social ce lo si può aspettare.
Raccontaci di cosa parla Sarajevo il tuo ultimo singolo e quale è il messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico.
Sarajevo parla di una ragazza che è andata all’estero e ha trovato se stessa non in una canonica realtà occidentalista, ma lungo le sponde di un fiume bosniaco. In realtà ad andare nell’Europa dell’Est sono stato io e non lei, ma poco cambia. Era importante valorizzare l’idea della distanza, sia fisica, che soprattutto emotiva visto che la canzone è la realizzazione che quella ragazza era quella giusta e noi non glielo abbiamo mai detto e non abbiamo fatto niente per prendercela. È a metà tra un “potevi dirglielo, ora è tardi forse” e un “tanto ha la testa ad altre persone, piuttosto prova ad amare un po’ di più te stesso”. È stato lo sfogo di una notte di mezza estate. Comunque, alla fine con una birra gliel’ho detto.
Quali sono i prossimi programmi? Stai registrando qualcosa di nuovo?
Uscirà un terzo singolo il 2 febbraio, Morsi. Ho voluto sperimentare sonorità diverse, grazie anche all’aggiunta di un altro produttore oltre agli ormai noti sopra citati, che è uno dei miei migliori amici: Salim Chakroun, in arte Chaky. Tali sonorità potrebbero destabilizzare gli ascoltatori a primo impatto, ma il leitmotiv c’è, soprattutto se si sa che Morsi è il triste sequel di Sarajevo. Poco dopo uscirà la canzone di un ragazzo (che mi ha chiesto di mantenere segreta la cosa per il momento) di cui io sarò il featuring e dopo mi fermerò per un po’. Ho il sogno di chiudere un album, ma senza etichetta è difficile produrlo, soprattutto è tosto realizzare ciò che c’è dietro, ovvero copie fisiche, concerti e via dicendo.
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