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Quando ho incontrato TGP: DiLeo

I ricordi, canzoni come fossero fotografie.

Intervista a cura di Giorgia Groccia

Circensi è il secondo lavoro discografico di DiLeo, al secolo Carmine Di Leo che si ripropone nuovamente nella sua veste minimale ma mai scarna, come fosse un manifesto, un modo di osservare la vita e fotografarne gli episodi più significativi.

L’ispirazione chiave da ricercare nei testi è nel concetto di ricordo, difatti l’album si sviluppa come fosse un album fotografico da sfogliare e gustare pagina dopo pagina senza frenesia, privi di fretta, con la consapevolezza che anche i ricordi a distanza di tempo cambiano sapore, si levigano su nuove superfici, attraverso nuovi scenari.

Nasce così Circensi, un racconto fatto di canzoni sui luoghi in cui siamo cresciuti, con le facce che non abbiamo più, tra i ricordi sfalsati in cui dentro ci siamo sbiaditi.

 

 

Abbiamo incontrato l’artista, eccone il risultato:

Il tuo album si intitola “Circensi”, la title track cita “è stato meglio cosi, non tornare in questo posto dove ci siamo perdonati già” , di quale posto figurato o allegorico parli? Cosa significa per te perdonarsi? 

Parlo dei luoghi che ci hanno visto spesso, quei luoghi che idealmente fanno parte del nostro album di ricordi. Abbiamo tutti dei posti vissuti per tanto tempo e che magari, per un motivo o per un altro, non stiamo vivendo più ma continuiamo a sentire nostri. Luoghi a cui leghiamo anche cose accadute, piacevoli o meno. Ecco, il “perdonarsi” si riferisce forse a quest’ultima situazione, visto che col tempo si cambia e può capitare di scoprirci in grado di rileggere noi stessi fino a trovare il modo di perdonare e “perdonarci”. Il fare pace con noi stessi è una sensazione che fa stare bene, almeno a me è successo ed è di quello che ho voluto parlare.

 

“Circensi” è un brano a cavallo tra il folk e la ripetizione tipica della musica psichedelica, con note di pianoforte delicatissime e fondamentali per rendere l’idea di equilibrio. cos’è per te l’equilibrio, e soprattutto l’idea che hai a riguardo ha condizionato in qualche modo l’arrangiamento prediletto? 

L’equilibrio è una condizione indispensabile da ricercare, soprattutto quando abbiamo a che fare con un certo dualismo. In questo caso, parlando dell’aspetto musicale, ho scritto il pezzo al piano ma lo strumento che vivo di più è la chitarra acustica. Per farli coesistere ho semplicemente immaginato un gioco di incastri fatto di sottrazioni più che di somme, una sorta di danza minimale tra questi due elementi. Un gioco di equilibrio, appunto.

 

 

Quale brano dell’album è stata l’ultima traccia scritta e quale la prima? Quale file-rouge collega tutti i brani?
Ti sembrerà strano ma c’è quasi un rispetto sacro di una cronologia reale nello sviluppo della tracklist. Non è un concept in senso stretto ma la storia di cui si parla segue i punti del racconto abbastanza fedelmente e l’ordine di scrittura è inevitabilmente connesso a questo.
Il primo pezzo (Appesi a un filo) è anche il primo ad essere nato, l’unico un po’ più datato, rispetto all’ultima traccia (Sete) che è stata scritta a registrazioni già iniziate.
Il file-rouge è quello del “ricordo”, nel senso più ampio del termine, soprattutto l’effetto del tempo (come anticipavo prima) capace di modificarne e levigarne il senso rispetto alla nostra esperienza. Una sorta di maturazione e “revisione” del ricordo, ecco.

 

In un universo di sonorità sintetiche, quale posto nell’universo musicale odierno hai bisogno di ritagliarti? 

Nessuno in particolare se non quello naturale. Mi piace molto usare il “concetto” dell’elettronica all’interno di composizioni acustiche ma sono allo stesso modo fascinato dai mondi “sintetici” di cui parli, pur sempre restando dell’idea che bisogna ascoltarsi prima di ascoltare quello che succede intorno e in qualche modo adeguarsi. Qualunque scelta è lecita purché sia una scelta di “vocazione” e il posto che va poi a ricoprire viene da se, una mera conseguenza.

 

 

Appesi a un filo è un brano che consuma l’ascoltatore grazie ad un continuo crescendo che trova il suo punto cruciale nel climax creato con la voce, com’è nato questo brano? 

Come tutti gli altri, semplicemente di getto. Di solito scrivo al piano o alla chitarra, è in questa forma che ho portato il brano in studio e ho lasciato che i musicisti coinvolti avessero una visione pura dello stesso, così da essere liberi di dire ciò che sentivano di voler dire, ognuno coi propri strumenti. Ovviamente con loro avevamo una visione chiara di dove volevamo andare, perciò il risultato è nato in estrema naturalezza, senza alcuna forzatura. Direi che posso esserne più che felice.

 

Dove possiamo ascoltarti live nei prossimi mesi?

Partiremo con Bruno Tomasello (coproduttore del disco e da sempre nei miei live) con una serie di date di presentazione del disco a fine marzo. Il 28 saremo a “Germi – luogo di contaminazione” a Milano, da lì ci saranno un po’ di date indoor in giro per lo stivale, fino a giugno.  In ogni caso a breve troverete tutte le info in merito sui miei contatti social, ci saranno un po’ di novità in futuro e non vedo l’ora di svelarvele, così come non vedo l’ora di poter riabbracciare un po’ di amici in giro….perciò a presto!

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