Dopotutto Manchester non è così lontana da Bergamo da quando ci sono i Vanarin.
Recensione a cura di Davide Lucarelli
Suoni d’oltre manica e cuore bergamasco; è questa la formula magica dei Vanarin, band decisa e coriacea, giunta alla pubblicazione del suo secondo EP, EP2, alla fine dello scorso gennaio. La carriera discografica dei Vanarin è ormai giunta, con un percorso coerente e lineare, al suo terzo anno di vita e l’alternanza tra suoni psichedelici e pop rock che l’ha caratterizzata permane anche in EP2 ed è maneggiata con cura per offrire un disco variopinto, ma organico.
L’Extended Play si apre con Don’t Pick Me Up, una ballad con sound internazionale di stampo Eighties. Lo stesso decennio è di chiara ispirazione per Her Heart, una ballad leggermente ritmata alla moda anglosassone. Un fitto dialogo tra chitarra e synth è il protagonista del sound di Orange Juice. Un suono quasi totalmente sintetico spicca, invece, in Us People. Il disco si chiude con A Feeling No Longer Felt, il brano che preferisco di questo nuovo lavoro; una canzone dalle sonorità psichedeliche che pescano dal repertorio progressive anni Settanta per offrirci un suono gradevolmente retrò.
EP2 è un disco che si colloca omogeneamente nel percorso dei Vanarin. Come vocazione e attitudine è quasi un’appendice a Overnight, la loro precedente uscita discografica full length. I suoni pop che pescano dalla psichedelia e dai synth anni Ottanta sono ormai un marchio di fabbrica della band anglo-bergamasca, che dimostra di aver trovato la quadratura del suo cerchio sonoro. E’ proprio per questo che per il futuro mi aspetto una possibile uscita dalla comfort zone…
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