Post-pop d’autore ai tempi della quarantena.
Intervista a cura di Umberto Matera
Il 27 marzo è uscito le facce diverse, il primo singolo di foreman, all’anagrafe Amedeo Fortugno, amante del post rock e dell’it-pop, di Alex Britti e dei Radiohead, di George Orwell e di Hayao Myazaki, del latte coi biscotti e del pane del Todis con la nutella spalmata sopra.
le facce diverse è una ballad incisiva che unisce suoni post-rock e shoegaze alla canzone d’autore italiana moderna e racconta di due persone che, dopo la fine di una relazione nella quale si sono sempre sentite l’una complementare per l’altra, iniziano a dimenticarsi.
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Il brano è stato prodotto da Pierfrancesco Speziale (a.k.a. Labbè) per iSugo Records ed è distribuito da Artist First; ma ne parliamo meglio con lui.
Ciao foreman! Il tuo nome d’arte ha attirato subito la nostra attenzione: cosa significa?
Il mio nome d’arte deriva dal salone di mio zio Emanuele quando faceva il parrucchiere a Foggia, la città dove sono nato; non è nient’altro che un gioco di parole fra il suo cognome Fortugno ed il suo nome, Emanuele, che abbreviati vanno a formare la parola For-Eman. Non so perché ma questo nome mi è sempre piaciuto fin da quando, da bambino, andavo a trovare mio zio mentre lavorava. Purtroppo zio Emanuele è venuto a mancare due mesi fa a causa di una brutta malattia e la cosa mi ha scosso non poco; ho subito deciso di dedicare il mio progetto musicale a lui, per ricordarlo. Lui oltre ad essere parrucchiere è stato anche un artista: dipingeva quadri e amava tantissimo la musica, ricordo bene tutti i suoi racconti dei concerti, tantissimi, a cui andava. Sicuramente un sacco dei miei ascolti li devo a lui e probabilmente se adesso anch’io sono un artista è grazie a lui.
Sentire “le facce diverse che incontri ogni giorno” come primo verso di una canzone uscita durante la quarantena fa sorridere malinconicamente: cosa significa debuttare nel mercato musicale in questo periodo?
Quel verso effettivamente fa un po’ ridere ora che le facce che incontriamo sono sempre le stesse, ovvero quelle che abbiamo in casa. Penso che le facce diverse ascoltata durante questi giorni di quarantena possa amplificare il proprio messaggio in realtà, trasmettendo sicuramente più malinconia ma anche più speranza all’ascoltatore. Pensate a quando incontravamo così tante persone per strada che non ricordavamo neanche i loro volti; magari qualcuno potrebbe pensare “prima incontravo così tante persone e me le dimenticavo tutte, adesso che sono chiuso in casa vorrei tanto essere circondato da sconosciuti” e far partire da ciò molte riflessioni. Parlando invece di mercato musicale è sicuramente una situazione particolare e totalmente nuova, sia per noi piccoli artisti che per i big. Ci sono tanti dubbi, non sappiamo che impatto possa avere la nostra musica in un periodo in cui l’attenzione mediatica è quasi totalmente sulla cronaca e sulla sanità. Credo anche però che se si fermasse la musica ci sentiremmo ancor più lontani, il nostro più che un ruolo artistico è un ruolo sociale al momento.
Quali sono le tue radici musicali? Quali di queste influenzano di più la tua produzione?
Ho fatto un “grande viaggio” nel mondo della musica prima di arrivare ai miei brani: negli anni della scuola superiore suonavo progressive, verso la fine sono passato al noise e in parallelo all’inizio dei miei studi in Conservatorio mi sono appassionato tantissimo al post-rock e sono tutt’ora un grandissimo fan di gruppi come Sigur Ros ed Explosions in the Sky. Ho anche fatto parte di un gruppo post-rock, i Life in A Glasshouse, con i quali abbiamo registrato un brano per la colonna sonora di un film, Serendip; un’esperienza super interessante, ascoltare un proprio pezzo al cinema è una cosa che rimane nel cuore. Sono anche un grandissimo fan della musica alternative folk americana, in particolare di Bon Iver. Tutti questi elementi vengono inseriti in ciò che scrivo attualmente in maniera abbastanza naturale; da Bon Iver in particolare ho preso la passione per lo studio dei reverberi, che provo sempre ad utilizzare in maniera creativa sulla voce sovvertendo un po’ la tradizione italiana che vuole la voce del cantante “in faccia”, diretta, più secca. foreman fonde tutti questi elementi al mio recente background musicale italiano, essendo io un grande fan sia di artisti come Calcutta che di Samuele Bersani, da cui prendo spunto maggiormente per i testi.
La storia di “le facce diverse” è autobiografica?
Diciamo di si, c’è anche dell’immaginazione all’interno però: le facce diverse parla di due persone che erano davvero molto vicine e poi si sono iniziate ad allontanare subendo molto il cambiamento che questa situazione comporta, che è una cosa che è successa a me ma io non sapevo realmente come stesse l’altra persona. Diciamo quindi che è autobiografica ma contaminata da una suggestione, anche se alla fine penso che entrambi abbiamo subito un cambiamento, imparando a conviverci e a stare meglio con noi stessi.
Guardando i tuoi profili social colpisce molto l’immagine che vuoi dare al tuo progetto, ti va di parlarcene?
Tengo moltissimo alla mia immagine come artista, poiché credo che sia parte integrante delle mie canzoni. Io voglio raccontare qualcosa in più di me e delle mie canzoni attraverso i social network, mi piace molto ciò che sta venendo fuori e per questo devo ringraziare Federico Massimi, Nazario Cipriani e Francesca Florindi, che hanno lavorato con me nella creazione dei “concept” e hanno poi lavorato alla parte grafica. Il fondamento da cui siamo partiti è rappresentare la mia persona e tutto ciò che mi passa nella testa nella maniera più sincera possibile e gli scatti raffigurano tutto ciò che fa parte delle mie giornate, come il latte con i biscotti, la pasta al sugo e le sigarette. Attorno alla mia quotidianità si sviluppa però anche ciò che ho nella testa durante la mia quotidianità, descrivendo come alcune abitudini che ho adesso non sono sempre state così ma sono cambiate assieme a me. Il messaggio in definitiva è “io sono questo, le mie abitudini sono queste, ma sono passato per queste altre cose, è per questo che sono così”.
Domanda parterriana finale: se, quando finirà questo momento, potessi dividere il palco con un artista italiano qualsiasi chi sceglieresti?
Sono indeciso: sicuramente mi piacerebbe suonare con Samuele Bersani, un personaggio molto pacato durante i concerti del quale tu sei li fermo ad ascoltare, quasi ipnotizzato dalla musica e dalle parole. Ti dico però che probabilmente se dovessi scegliere qualcuno con cui divertirmi, far divertire e far piacere ciò che sto facendo sceglierei Fulminacci; mi piace un sacco il suo stile dal vivo, come si pone col pubblico e credo sarebbe un partner perfetto per il mio live ideale.
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