“La mia musica riflette la mia anima e tutto ciò che voglio comunicare con lei.”
Intervista a cura di Davide Lucarelli
Lion Warriah è un cantante e producer italiano. Il suo nuovo EP, nato dalla collaborazione con Bassline, si intitola City Lights ed è uscito lo scorso 29 maggio.
City Light è un disco sperimentale che risente di diverse contaminazioni di genere, che vuole portare una ventat di novità ed originalità nella scena musicale indipendente italiana.
Abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda a Lion per scoprire qualcosa in più di lui e della sua attività artistica.
Sono coinvolto a 360° nel genere Dub e differenti declinazioni, come singer, mc, produttore e label manager. Abito e lavoro a Torino da una decina d’anni ma sono di origini campane. La mia musica riflette la mia anima e tutto ciò che voglio comunicare con lei. Dai temi intimistici, alle considerazioni sociali, a descrizioni situazionistiche o a pure tematiche da dancefloor.
Domanda che nasce decisamente spontanea: che cosa vuol dire Lion Warriah? Da dove nasce questo nome d’arte?
In origine il mio nome d’arte era MrDill, divenuto poi MrDill Lion Warriah e da un pò di anni solo Lion Warriah. Sia per una semplificazione nello scriverlo sui flyer o sul web ma anche per un progressivo cambiamento artistico e personale. Lion Warriah in italiano è Leone Guerriero e credo rifletta molto la mia attitudine nella vita in generale oltre che nell’approccio musicale.
“City Lights” è il tuo nuovo EP. Ci racconti come sono nate le quattro tracce ce lo compongono?
Il processo che mi ha portato alla realizzazione di City Lights, insieme al fondamentale apporto del produttore Bassliner, è stato lungo e costellato da diverse motivazioni e stimoli.
Ovviamente gli ascolti degli ultimi anni hanno influenzato tanto, soprattutto della scena francese con artisti come Stand High Patrol, Biga Ranx, Blundetto e Marina P (che è presente con un featuring nel mio ep). Inoltre sia io che Bassliner avevamo una forte voglia di lanciare un sasso nel mare, una botta di sperimentazione nel panorama italiana, miscelando suoni tradizionali del dub a differenti influenze che abbiamo accolto negli anni nel nostro bagaglio artistico. Infatti in City Lights trovi influenze africane, caraibiche, americane ed europee fuse in un solo ep. Abbiamo avuto e abbiamo l’ardire di provare ad innovare e dare nuovi spunti per noi stessi e per la scena che ci circonda. D’altronde, da quando King Tubby e Lee Perry hanno buttato le basi di quello che oggi viene definito Dub, esso stesso è cambiato ed è stato declinato in differenti modalità. Infine avevo una voglia, che è diventata esigenza espressiva, di raccontare riflessioni e situazioni che avevano bisogno di una forma musicale ben precisa e con Bassliner, tutto il processo è stato un bellissimo viaggio, che credo possano apprezzare anche gli ascoltatori. City Lights è un concept Ep.
Curiosità personale: come mai hai deciso di utilizzare la lingua inglese? Nel panorama italiano non si trovano sound molto simili al tuo; un cantato in italiano non pensi avrebbe potuto aggiungere ulteriore originalità?
Personalmente, a parte un brano del 2006, non ho mai cantato in italiano. Quando ho iniziato a cantare con la mia prima band La’broster e poi come mc sui vari set di sound system e dj, usavo il napoletano. La nostra è una lingua che viene usate comunemente anche tra gli amici o in casa e la scelta fu spontanea, naturale. In napoletano è il mio primo Cd da solista su riddim giamaicani intitolato ‘Southern Blood’ (titolo inglese, ironia della sorte). Dopo qualche anno decisi di switchare all’inglese, che poi io definisco urban english perchè miscela inglese, slang giamaicani e internazionali, perchè mi resi conto che in napoletano mi concentravo quasi sempre sugli stessi topic che riguardavano per lo più argomenti specifici. Volevo esprimere messaggi più universali e che arrivassero anche ad un pubblico più ampio, ovviamente avendo da sempre ascoltato musica giamaicana non fu cosi traumatico perchè già prima innestavo espressioni inglesi nei miei testi. D’altronde parlo e scrivo in inglese tutti i giorni e a volte mi ci ritrovo a pensare in quella lingua. Detto questo, quest’anno dopo 12 anni, ho ripreso a scrivere anche in napoletano per un progetto molto bello di dub mediterraneo (la mia vera radice) e l’ho trovato fantastico, la naturalezza della tua lingua in fase di scrittura è qualcosa di unico. Sono cresciuto personalmente e artisticamente e mi sento più a mio agio a muovermi in differenti territori linguistici, sono più “sciolto” e più confidente con le mie rime e le strutture di un testo. Ad oggi considero nulla la considerazione sul limite che in quel momento mi portava scrivere e cantare in napoletano, ma sai nella musica, cosi come nella vita, bisogna fare dei giri per poi ritornare e capire, rimodulare e reinventare. Magari in futuro anche in italiano, se fosse necessario per la mia espressione su un brano, ma per adesso urban english e napoletano mi vanno più che bene.
Per concludere la domanda di attualità: come stai vivendo questo periodo post lockdown, in cui anche per la musica live, si naviga a vista?
Male. Ovviamente male. Io adoro suonare live o essere l’mc su un sound. È una sensazione unica poter condividere le tue vibes, le tue emozioni con un pubblico, con chi suona con te. Quanto tu doni sul palco, tanto ti viene ridato in termini di adrenalina e bene puro. Anche fare streaming live non mi piace, ho fatto solo una diretta instagram per presentare l’ep, poi ci ho pensato e ripensato ma cantare per uno schermo, per come la vivo io, è come fare un concerto ad uno specchio. Manca la componente fondamentale dell’energia che ti trasmette chi è lì ad ascoltarti, a divertirsi e di chi anche è lì ad apprezzare il tuo messaggio. Guardare i volti, i sorrisi, i corpi ballare, non ha prezzo e spero si ritorni prestissimo alla normalità. È evidente che questo blocco sia anche un problema anche economico, per noi artisti indipendenti suonare live è la fonte principale di sostegno economico per reinvestire in musica, nelle attrezzature, nei video, nel tempo che puoi dedicare esclusivamente alla musica. Per questo spero che si ritorni a suonare presto live per tutte le colleghe e i colleghi e i tecnici che sono fondamentali per la riuscita di un live. Io non mi arrendo, in fondo stare parlando con Lion Warriah per l’appunto 🙂
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