“Se stiamo facendo delle cose è perché ce lo meritiamo senza alcuna raccomandazione.”
Intervista a cura di Davide Lucarelli
Il 2 luglio scorso è uscito su tutte le piattaforme di streaming ORIZZONTE, il nuovo singolo di Ugo Crepa.
La canzone è un viaggio, non in luoghi fisici, ma nei ricordi di un rapporto ormai logorato dal tempo che ne ha cancellato le emozioni, lasciando immagini sfocate che però la mente tiene ben strette. È come guardare l’orizzonte, che cattura, incanta, ma non mostra chiaramente cosa c’è in lontananza, un po’ affascina, un po’ spaventa.
Ho avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere al telefono con il Ugo. Qui sotto vi riporto cosa ci siamo detti.
Ciao Ugo! Piacere! Sono Davide di TGP.
La prima domanda che vorrei farti nasce proprio dalla prima volta che ho sentito parlare di te e riguarda il tuo nome d’arte. Solitamente se uno pensa all’hip hop o al rap, uno si immagina più una cosa del tipo Huge Crack o qualcosa del genere… come hai scelto invece di farti chiamare proprio Ugo Crepa?
In realtà io non credo che il nome d’arte sia una cosa fondamentale in generale, perché, solitamente il nome viene scelto per colpire l’ascoltatore al primo impatto. Questo però non è il mio intento. Il mio nome d’arte ce l’ho da 8-9 anni. Vengo dalle battle di rap, anche se io non ho mai davvero fatto freestyle, e Ugo Crepa era semplicemente la mia tag e non l’ho mai più cambiata. Non mi ricordo esattamente neanche perché è venuta fuori. Nacque una sera completamente a caso e poi dopo un po’ a Napoli tutti mi chiamavano Ugo Crepa, dunque non aveva più senso cambiarlo.
Capito… e qual è stato, invece, il momento in cui Ugo Crepa ha iniziato a diventare il progetto attuale?
Relativamente poco tempo fa… Io provo a fare rap da circa 7-8 anni, ma è solo da un paio di anni e mezzo che la cosa è diventata davvero “seria”, con una progettualità, un team, ecc. Prima facevo rapp, ma dovevo anche andare all’università, lavorare e tutto. Ora invece sto dedicando la mia vita alla musica: faccio il conservatorio come tecnico del suono e sono quasi laureato.
Ah ecco! E sicuramente anche l’incontro con Francesco (Squarta dei Cor Veleno, n.d.r.) ha influito, anche se avevo deciso di far diventare il rap il mio lavoro circa un anno prima di tale incontro.
E come è avvenuto l’incontro?
Il primissimo incontro è avvenuto durante un live dei Cor Veleno a Battipaglia ed è stato un po’ “fallimentare”, nel senso che io ero particolarmente allegro e loro avevano chiesto se qualcuno voleva cantare “Rhymes” di Primo sul palco. Manco avevano finito la frase che io scavalcai le transenne, salii sul palco, scippai il microfono dalla mano a Grandi e cantai le prime 4 barre di Rhymes e poi sbagliai tutto il resto. Fu molto divertente per loro e molto imbarazzante per me. Dopo un paio di mesi, però, Francesco ha sentito la mia La Metà di un Minuto sui social, perché un altro dei miei produttori, Fabrizio Grosso, gliel’aveva inviata e mi ha invitato in studio. Quando poi mi ha visto si è anche ricordato del nostro primo “incontro”. Inizialmente dovevamo fare solo una canzone insieme, ma poi siamo stati in studio un paio d’ore e abbiamo chiuso un pezzo (che ancora deve uscire), ci siamo trovati molto bene a lavorare e allora abbiamo deciso di avviare un progetto a lungo termine, con lui che mi farà anche da manager.
Ah, quindi mi hai detto che c’è sicuramente un pezzo pronto che non è ancora uscito e il tuo ultimo singolo si intitola “Orizzonte”. Dunque ti chiedo di parlarci di come è nata “Orizzonte” e poi di qual è l’orizzonte dopo “Orizzonte”!
“Orizzonte” è nata in estate un anno fa (ed è per questo che l’ho voluta fare uscire in estate, per ritrovare gli stessi sentimenti che l’hanno originata). E’ semplicemente un viaggio nei ricordi. Solitamente si guarda l’orizzonte quando si pensa a un viaggio da fare, ma io in questa canzone viaggio solamente nei ricordi di una relazione finita, come al mio solito, male. Originariamente comunque l’orizzonte era un tramonto delle 7 di sera. Per me non c’è niente di più malinconico di quello, se non un’alba delle 6 del mattino.
L’orizzonte dopo questo pezzo è fare musica in maniera sempre più professionale, sempre come se avessimo 3 major alle spalle, anche se non abbiamo nessuno. Non mi interessa neanche dirti che spero che ci noti qualcuno perché io credo nella meritocrazia nella musica. Se stiamo facendo delle cose è perché ce lo meritiamo senza alcuna raccomandazione. Sta a noi fare ancora meglio per avere un orizzonte meno malinconico.
Sono d’accordo! E ora con i digital store forse è ancora più facile farsi notare con le proprie forze.
Sì esatto. E comunque io ritengo che piuttosto è meglio metterci un anno in più ad arrivare dove si merita rispetto ad un anno in meno per poi scomparire subito. Non ho fretta, nonostante i miei 25 anni.
Bè, ma 25 anni è un’età perfetta, con già una buona maturità.
Esatto, io a 20 anni non scrivevo come scrivo adesso e non avevo la testa che ho adesso.
Ma cambiamo discorso! Ho sentito delle tue gesta ai live dei Cor Veleno, ma, parlando dei tuoi live, qual è il ricordo live migliore che ti porti dietro? E qual è il sogno dal punto di vista della musica dal vivo che vorresti raggiungere?
Allora, il ricordo più bello… Io ho fatto un mini tour in apertura per Clementino e quando è uscita La Metà di un Minuto (che è la canzone che, nel mio piccolo, mi ha fatto conoscere di più), ero a fare una di queste aperture in piazza a Caserta. Mi ricordo che la terza volta che cantai il ritornello, la maggior parte delle persone cantavano con me. Il pezzo era uscito da 20 minuti e quindi non avevano neanche potuto ascoltarlo prima! Quindi quello è un ricordo bellissimo, come in generale tutte le aperture per Clementino.
Invece come sogno live… Ti direi “fare San Siro”, ma non sarebbe la verità. La verità è che sogno da qui a 10 anni di fare un tour con un migliaio di persone ogni sera che cantano le mie canzoni sotto al palco. Vorrei avere degli affezionati.
Bè, con questa domanda sui live ti saluto e speriamo di vederci dal vivo prima o poi! A presto!
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