“Gent” è il nuovo singolo della band milanese Selflore e vede la presenza dell’amico di lunga data Tana Combinaguai. In questo nuovo brano il loro rock gonfio di distorsioni e riverberi muta in in un disperato tentativo di comunicazione che si infrange come onde contro uno scoglio granitico.
Dopo l’esordio con l’islandese Reykjavik continuiamo il nostro metaforico viaggio verso sud-est arrivando alla belga Gent, borgo medievale costruito in una pietra grigia e scura che sembra assorbire i raggi del sole come a voler conservare una millenaria oscurità. Anche il video ufficiale si ricollega al singolo precedente diventandone una sorta di prequel speculare in cui vediamo come protagonista la ragazza incontrata alla festa del video di Reykjavik, ambientazione in cui si concluderà anche questa storia chiudendo idealmente il cerchio della narrazione.
“Gent” è una presa di coscienza solo parzialmente lucida riguardo a un rapporto di coppia di lunga data che si è cristallizzato attorno a una serie di incomprensioni e non detti. Quella che sembrava un realtà solida su cui fare affidamento rischia di sbriciolarsi sotto il peso del tempo mostrandosi realmente per una co-dipendenza malsana. In questo primo featuring la voce roca e graffiante di Luca e i cori cavernosi di Pietro vengono equilibrati dal timbro più luminoso di Tana Combinaguai che fa la sua comparsa dalla seconda metà del brano.
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Le vostre influenze arrivano principalmente dalla scena emo / post hardcore estera però mi sembra che il vostro suono si stia stabilizzando avvicinandosi a un certo tipo di moderno rock italiano (ne è la prova la presenza fissa nella playlist Spotify Rock Italia). Cosa ne pensate della situazione in Italia? Dove vi posizionereste al suo interno?
La situazione in Italia è certamente diversa dal panorama in cui abbiamo mosso i primi passi con i nostri gruppi di origine (Wasa e La Pioggia Su). Le nostre influenze musicali vengono sicuramente più dall’estero che dall’Italia, ma come persone è stato determinante crescere in una scena che si muoveva fluidamente tra spazi sociali/autogestiti e piccoli locali di larghe vedute. Con la pandemia e la chiusura di alcuni locali storici (uno su tutti, il Ligera) questo equilibrio si è rotto, la scena milanese sta trovando nuovi luoghi in cui far succedere cose, e noi stiamo (ri)cominciando a fare rete con altre realtà a est, ovest e sud per costruire nuove relazioni al di fuori di quella che fu la nostra città. Per cui ti direi che in questo contesto molto fertile, in cui c’è tanta voglia di fare e di creare del nuovo, ci posizioniamo in quell’onda post/shoegaze originata sulla costa adriatica, dove nuotano gruppi che sentiamo vicini come Soviet Soviet, Cosmetic e Mondaze, se dovessimo citare dei nomi.
Il vostro è un trio atipico e agli ascoltatori non è ancora ben chiaro cosa componga “il rampicante di cavi” che avete come bassista. Cosa vi ha spinto a questa scelta e come funziona questo cyborg?
Siamo arrivati a questa formazione sicuramente anche attraverso il periodo di pandemia, quando gli spostamenti erano limitati, Citte e Flip (chitarra/synth e batteria) vivevano insieme, e Stin (chitarra/voce) doveva farsi un mazzo importante per arrivare da Como. Aggiungere un quarto membro sarebbe stato oneroso e volevamo costruire il nostro suono su una pulsazione ritmica elettronica che desse alle chitarre e alla batteria un sapore diverso. Abbiamo deciso così di fare a meno del basso, combinando un sequencer (che dà la ritmica e le note di base) e un piccolo synth analogico (che amalgama il tutto) attraverso due effetti e un pedale del volume per controllarne la presenza. La parte umana di questo cyborg chiamato Andrea è il nostro chitarrista Citte, quello del vocione vulnerabile per intenderci.
Anche la scelta di unire narrativamente i video dei primi due singoli è assolutamente particolare, da dove arriva l’idea? Cosa vogliono dire insieme questi due video complementari?
L’idea è nata sicuramente dalla volontà di costruire un immaginario che facesse parte di questo nuovo progetto, per lo meno della sua nascita. Avevamo già conosciuto i ragazzi di Syncut Production che sono stati fondamentali per dare vita a questa storia. Abbiamo scelto una trama relativamente semplice che ci desse la possibilità di rappresentare due persone a cui manca qualcuno o qualcosa. Lui ha perso un caro amico in un incidente, lei è depressa e ansiosa e non ha mai avuto una persona con cui essere sé stessa. Queste assenze si manifestano in una “presenza” immateriale, che dà loro una mano da tenere o un orecchio verso cui urlare. Alla festa sul lago le loro storie si incontrano e non si incrociano: non è una storia romantica, ma entrambi trovano nell’altro una persona vera e concreta che, almeno per una sera, le ascolta. Abbiamo volutamente lasciato aperto all’interpretazione sia il finale che il collegamento con i testi delle canzoni, per offrire a chi guarda più uno stimolo audiovisivo che una miniserie.
Secondo singolo e primo featuring, si tratta del primo di una serie? che rapporto vi lega con Tana Combinaguai? come è nata questa collaborazione?
Tana aka Stefanino aka Nino aka Buba è un amico da tempo, una persona di quelle che ti fanno venir voglia di uscire di casa, prendere una macchina fotografica, metterti in viaggio e combinare guai. L’abbiamo conosciuto in quel periodo di cui parlavamo prima, quel 2017-18-19 di fuoco in cui ci sembrava che la scena emo/posthc fosse un mare in burrasca. Con lui, i Wasa e i SAAM siamo andati in tour a inizio 2020, e ritornati in Italia siamo stati accolti a braccia aperte dal coronavirus. Nei due anni successivi ha preso forma il progetto Tana Combinaguai, in cui Flip suona la batteria nella formazione live. Il featuring di “Gent” è nato quasi per caso, cantando in studio, e per ora non fa parte di una serie, lo vediamo più come una delle tante cose belle che abbiamo fatto insieme.
Prossimi passi? cosa ci dobbiamo aspettare?
Suonare dal vivo (il 22/7 siamo a Nizza con i Gros Enfant Mort) e tornare in studio con dei pezzi che abbiamo scritto negli ultimi mesi. Aspettatevi dei pezzi diversi l’uno dall’altro e da quello che avete sentito finora, con una buona dose di elettronica e beats sinuosi. Le onde del lago si muovono ancora.
Biografia.
I Selflore nascono nel 2021 come nuovo punto di partenza per tre musicisti che hanno scelto di dare nuova profondità e nuovi colori alla loro ricerca musicale. Uno slancio di crescita fermentato nel periodo di pieno distanziamento sociale che genera un progetto dotato di una nuova coscienza più riflessiva. Una formazione in cui è confluito il progetto milanese Wasa (Pietro Citterio chitarra e cori, Filippo Motta, batterie) a cui si è unito Luca Cristin (voce e chitarra) dei comaschi La Pioggia Su. In una inaspettata sperimentazione cyberpunk ai tre si aggiunge un quarto elemento inorganico che funge da collante: un rampicante di effetti, synth, sequencer e sample pad che va a riempire le basse frequenze. Le sonorità Emocore / Hardcore Punk dei precedenti progetti si mischiano e si contaminano ai diversi ascolti dei tre membri, molto vari e principalmente esteri, portando a una ricerca più libera e dinamica, una sorta di maturità instabile e mai quieta.
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