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Il live report della serata con CmqMartina all’Antifestival di Trevi – 29/07/22

È un caldo venerdì di fine luglio. Sei un Umbria. Che fai? Vai all’Antifestival di Trevi. Anche perché questa regione è bucolica, si, ma quando ci si mette con gli eventi, pare sempre Riccione negli anni ’80. E lo dico da forestiero, quindi nessun regionalismo alberga in me. 

 

Non voglio arrivare troppo presto alla serata, così perdo tempo in tutti i modi: faccio benzina, mi fermo in una pizzeria, mangio mozzarelline panate e coca cola guardando Paperissima Sprint che danno sul maxischermo. Mi metto a riflettere sul fatto che Paperissima Sprint, nel suo essere imbarazzante, è l’unico residuato del mondo antico, e in fondo dà sicurezza come una nonna o come una tazza di latte la sera. In ultimo faccio una telefonatina alla tipa che mi piace, ma alla fine mi ritrovo comunque verso le 22 davanti ai cancelli dell’Antifestival. Insomma sono finite le scuse: tocca entrare. 

 

Davanti a me si presenta un pratone immenso. I miei occhi etilici individuano subito la cassa e il bancone per birra e drink. Solo in un secondo momento vedo il palco, ben illuminato di viola e blu. Altrove chioschi per cibo e altra roba, ma il mio cervello non li registra nemmeno. Mi guardo attorno: ragazzi, giovani, famiglie, bambini. 

La consapevolezza arriva: È TROPPO PRESTO! E vabbè amen. 

 

Laura, una degli organizzatori, mi dà il benvenuto. Molto carini e disponibili ‘sti ragazzi dell’Antifestival. Non è scontato.  Dopo averla salutata vado verso l’unico diversivo che mi rimane per far passare il tempo: l’alcol. Faccio la fila dietro due bimbe di cinque anni che prendono con entrambe le manine una bottiglia d’acqua che pare gigante per loro. Non avevo mai fatto la fila per un negroni dietro due fuori corso dell’asilo: i miei ragguardevoli venerdì sera. 

Visto che c’è tempo, spazio, e ora anche l’alcol, chiedo di poter fare un’intervista a CmqMartina, il pezzo forte della serata. Mi portano da lei che si dimostra simpatica e alla mano. Ci sediamo su un bancale, ognuno col proprio drink, e sulle note del sempre verde ed estivo Cada vez que te veo, ci facciamo una bella chiacchierata:

 

«Chi è CmqMartina per chi non ti conosce e per chi ti vuole conoscere meglio?»

 

«Difficile autodefinirsi, in effetti. Anche il genere che faccio è molto vario e comprende tante cose, quindi non mi piace incasellarmi in un unico genere, preferisco che sia la gente a dire quale sia il genere della mia musica. Però posso dire che CmqMartina è una ragazza che si sente libera solo quando fa musica e solo quando è sul palco.»

 

«Ma quanti anni hai?»

 

«Ventiquat.. No. Ventitr… Boh, sono del ‘99» 

 

Rido molto: «Ventitre!»

 

Ride molto anche lei: «Si si ventitre!»

 

«Posso scrivere che non te lo ricordavi?»

 

«Si si certo» 

 

È una tranquillona.

 

«E perché hai iniziato a fare musica?»

 

«In realtà non riesco a ricordare quando è nata questa cosa, perché c’è sempre stata nella mia vita: sin da bambina cantavo di continuo e ascoltavo solo e sempre musica. Poi ho studiato canto per tantissimi anni e suonavo la chitarra. Quando ho finito il liceo, in un momento di desolazione, è capitato un allineamento di pianeti in cui ho fatto i miei primi pezzi e ho incontrato la mia prima etichetta discografica, ed è nato il progetto CmqMartina

 

«Ecco, veniamo al nome: CmqMartina. Spiegaci come ti è venuto e come ti incastri in questo filone di nomi luminosi di artisti e gruppi indie: EugenioInViaDiGioia, PinguiniTatticiNucleari, ecc.»

 

«In realtà non sono un amante dei nomi indie, semplicemente quando mi iscrissi a Instagram nel lontano 2015, scrivevo tutto abbreviato, cmq, xke, e per questo mi sono chiamata CmqMartina. Quindi nasce come nick di Instagram. Poi tutti hanno iniziato a conoscermi come CmqMartina e, quando è nato il progetto, il nome che più mi rappresentava era questo. E poi mi piace perché è come dire che comunque, nonostante tutto, sono sempre Martina. Sono comunque Martina.»

 

«E cosa vuoi trasmettere con la tua musica? Sempre SE vuoi trasmettere qualcosa con la tua musica, perché magari ci sta pure che ti va solo di cazzeggiare…»

 

«La musica è la mia ricerca di libertà. Cerco di raggiungere la libertà scrivendo le mie canzoni, cantandole e portandole sul palco e facendo star meglio la gente. Io scrivo per esigenza mia, ma quando ho capito che la mia esigenza e la mia sofferenza poteva servire a qualcuno che non aveva le parole per descriverle, è stato un boom di emozioni. Insomma lo faccio per me ma lo faccio anche per chi non trova le parole. Lo faccio per sentirci meno soli.»

 

«Una domanda a cui se vuoi puoi non rispondere: mi hai appena parlato di sofferenza. Da che cosa proviene?»

 

«Un’adolescenza e una vita… Un po’ particolare… Un po’ travagliata. Ecco, si, un’adolescenza un po’ travagliata che mi ha portato a scrivere molto. Infatti nelle prime canzoni che scrivevo parlavo di mia madre e del nostro rapporto complicato. È nato tutto da questo.»

 

«Ok, l’ultima domanda per alleggerirti il mood prima di salire sul palco: il tuo taglio di capelli! Come lo chiami tu?»

 

Ride: «Lo chiamo mullet da tossica. Si, un mullet però da tossichella.»

 

Rido parecchio: «Molto anni ’80. Molto Jon Bon Jovi al SERT.»

 

«In realtà è nato per scherzo perché a me e ai miei amici piace giocare a fare i parrucchieri, quindi una notte il mio migliore amico mi ha fatto la frangia e qualche mese dopo mi ha rasato i lati. Così, per divertimento. Poi è nato il progetto e ora sono un paio d’anni che le ragazzine si rasano i capelli e mi taggano nelle foto. È nato come un gioco e ora è il mio simbolo.»

 

«E tu la senti questa responsabilità addosso? Nel senso: tu fai una cosa e c’è gente che ti imita…»

 

«Mah, per me è condividere tutto.»

 

L’intervista finisce. La ringrazio. Lei si prepara perché tra poco sale sul palco. 

Io mi guardo il live. Faccio qualche foto e qualche video. Ci sono ragazzine letteralmente impazzite. Lei mi ricorda in qualche modo Myss Keta. Ad ogni modo prima mi ha detto la verità: si vede che le piace stare sul palco. Io invece durante l’esibizione continuo a bazzicare tra backstage e retro del palco.  Sempre curioso vedere il mondo da dietro le quinte, è come essere single ai matrimoni: osservi le dinamiche!

 

 

Vedi la gente che si agita in prima fila contro le transenne e ha un’idea elevata di chi sta cantando, vedi la gente che cerca disperatamente il selfie con l’artista, vedi la gente che cerca di intrufolarsi oltre la barriera del “privato” che sembra così inaccessibile, e poi in realtà è solo un altro prato con cavi, casse e un paio di drink gratis.  Insomma da dietro vedi il trucco. Vedi che poi, in fondo, è tutto molto sopravvalutato. E non sto parlando di CmqMartina, che è stata carina e sorridente, ma di tutto il baraccone. Sarebbe sopravvalutato anche se su quel palco ci stesse cantando Jovanotti o Bocelli. 

Però l’illusione sta bene a tutti: un po’ di cazzeggio, qualcosa da raccontare il giorno dopo, e poi il lunedì c’è sempre la guerra alle porte e la peggior crisi economica di sempre in arrivo. 

Ma se ne parlerà più avanti, ora è estate: si beve, si tromba e si va al mare. 

 

 

 

Marco Improta

 

P.s. 

Dopo l’esibizione di CmqMartina, mi son ritrovato nel backstage a chiacchierare di nuovo con lei e col suo producer Marco, il Dj dai capelli rosa che l’accompagna sempre sul palco.

Se fossimo stati al McDonald a parlare di cagate strafogandoci di Chicken McNuggets sarebbe stato uguale. E lo dico in senso bello! 

Martina e Marco son due ragazzi come tanti: simpatici, tranquilli, alla mano, che ridono di gusto e con sano cazzeggio. Si c’è stato X-Factor e magari un giorno ci sarà tanto altro ancora ma, come ha detto lei, sono cmqMartina e Marco. 

 

Rimanete sempre così ragazzi, che c’è bisogno di leggerezza in questo mondo complicato. 

 

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