Manila è il megafono della vita di provincia e della voglia di rivalsa di chi la provincia la vive, ma a volte ha bisogno di andare altrove per non perdere sé stesso.
Manila sono le parole di Edoardo, la chitarra di Emanuele, le bacchette di Laura e i tasti bianchi e neri di Simone, il tutto scolpito nel marmo di Carrara, loro terra natia. Manila è il luogo esotico e sconosciuto dove sboccia l’amore emuore il rimpianto. Manila è la canzone nella testa di cui non ricordi il titolo, eppure, non smetti di fischiettarla. Manila è una seconda pelle, una seconda vita, una seconda possibilità.
Una band “di quelle genuine”, fatte ancora come si facevano una volta le band: tanto sudore, una sana e abbondante dose di inventiva e ricerca personale al servizio di una collettività da stimolare (e tutelare), una matta voglia di proiettare oltre l’anfratto angolo della provincia l’ombra luminosissima di un progetto che nasce per volare (e far volare) lontano.
Ecco perché, a noi di Tutti giù parterre, il titolo “Partenze” sembra più che azzeccato per dare un nome alla pietra fondante di un progetto da tenere d’occhio: noi, per non farci scivolare via l’occasione, abbiamo deciso di fare qualche domanda alla band.
Leggi l’intervista.
Bentrovati su Tuttigiùparterre, Manila! Allora, partiamo dall’inizio. Qualche tempo fa pubblicavate “Francesca”, oggi tirate fuori dal cilindro il vostro primo EP “Partenze”: quanto siete cambiati dal vostro esordio? Era questo il lavoro che vi aspettavate di portare “in mare” oppure il progetto è mutato con il mutare delle cose, nel corso del tempo?
Ciao a tutti e grazie per l’ospitalità. Diciamo che nel frattempo siamo maturati sotto il punto di vista della composizione e che il sound che volevamo far sentire era decisamente questo e senza l’aiuto di Merlo Dischi probabilmente non saremo mai riusciti a ottenerlo con questa qualità. Siamo partiti con le classiche demo di bassa qualità registrate con Garage Band per poi ottenere questo risultato. Il nostro sound all’inizio era molto rudimentale, adesso, finalmente, siamo riusciti ad evolverlo.
“Partenze” evoca la condizione esistenziale di chi si trova, nella vita, a dover ripartire costantemente. Perché avete scelto proprio questo, come titolo del vostro lavoro?
Diciamo che ognuno di noi all’interno della band si è ritrovato su per giù in situazioni simili, probabilmente per la poca serietà delle persone o semplicemente perché ci si ritrova a dare un determinato peso alle cose che le altre persone invece non calcolano, ma… tutto sommato, fa tutto parte della vita ed è questo quello che vogliamo comunicare. Chi parla nelle canzoni sembra abbattuto dalle situazioni che si creano, ma sembra accettarle per poi andare avanti e chissà, migliorare decisamente la propria vita. Si riparte e nuove occasioni si presentano davanti alla nostra porta.
Oltre ai brani pubblicati, si aggiunge alla risma degli inediti anche “Segnali”, brano che sembra davvero adatto per chiudere quest’estate ballerina. Anche qui, sembra che si parli in qualche modo di una partenza, o di un ultimo saluto prima di un addio. È così?
Sì, il brano parla di due persone che non si sono capite bene tra di loro o che semplicemente non hanno comunicato nel modo giusto. Da una parte c’è una persona che aveva determinate aspettative nell’altra e questa non le ha rispettate. Quest’ultima è una persona che per l’appunto non ha avuto lo stesso interesse sentimentale che chi parla nella canzone si aspettava di avere e la canzone descrive così un legame rimasto incompleto.
Poi, “Tra sguardi e bicchieri” che invece ci ricorda un po’ “Pezzi di vetri” del grande De Gregori: anche lì si parlava di tagli che rimangono sulla pelle, di cocci che costellano il cammino di chi prova a cercare sé stesso. Quanto c’è di autobiografico, nei vostri brani?
Allora, innanzitutto grazie mille per il generosissimo paragone con uno dei mostri sacri della musica italiana! Diciamo che le nostre canzoni partono dall’immaginare situazioni verosimili della vita delle persone e alcune, come inevitabilmente in questo caso, e come avete giustamente colto, si riversano in situazioni personali e persone che orbitano intorno alla nostra realtà. Brani come “Francesca” e “Segnali” sono un po’ meno autobiografici diciamo, mentre “Cuore in gola” e “Tra sguardi e bicchieri” lo sono decisamente un po’ di più.
Esiste tra i brani una canzone che vi “fa a pezzi il cuore” più delle altre? Oppure ogni brano nasconde le sue “insidie”?
Possiamo dire che ogni brano ha qualcosa di suo. Specialmente quando ci troviamo a suonarli dal vivo, ogni brano evoca emozioni diverse con il sound e la dinamica che li caratterizzano. Un esempio: un brano come “Francesca” lo utilizziamo di solito come apertura del concerto per vivacizzare un po’ l’ambiente; un brano come “Cuore in gola” lo utilizziamo in genere come chiusura emotiva del tutto. Quando invece ce li riascoltiamo a casa su Spotify, pensiamo di solito alle emozioni che ci avevano trasmesso nel momento in cui li abbiamo composti.
Quest’estate avete suonato parecchio. Com’è stato tornare alla dimensione “live”?
È stato incredibile, siamo riusciti a far sentire i nostri brani ricevendo anche dei feedback molto positivi che ci hanno fatto molto piacere. Il nostro brano “Cuore in gola”, uscito a gennaio, è arrivato a 1400 ascolti e la cosa ci ha veramente stupito. Suonare così tanto ci ha davvero migliorato sotto ogni punto di vista: ci ha fatto crescere, ci ha fatto migliorare performance e organizzazione personale e ci ha dato una soddisfazione unica. Siamo gasatissimi!
Bene, ora cosa c’è nel futuro di Manila?
Ora ci rimbocchiamo le maniche e torniamo in studio a pensare alle prossime uscite, senza però abbandonare la musica live! A presto!
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