Ferrylife è il progetto musicale di Ferry, un artista che descrive il proprio lavoro come una miscela di elementi contrastanti: chitarre acustiche, rave parties, vodka redbull e drammi interiori, tutti legati da un piacevole senso di autocommiserazione. Il nome Ferrylife rappresenta il caos che Ferry sente dentro di sé. La sua creatività prende spesso spunto da esperienze personali intense, come nel caso del brano “Lost My Weed in the Wood”, nato da una disavventura in un bosco durante una festa, dove la perdita della propria erba ha trasformato la serata in un incubo. Il cinismo e la satira sono centrali nei testi di Ferry, strumenti essenziali per affrontare tematiche delicate senza scadere nella banalità. Anche se a prima vista le sue canzoni possono sembrare leggere o buffe, affrontano temi profondi come la dipendenza psicologica. Dopo quasi due anni di lavorazione, il suo album d’esordio è ormai pronto e promette di essere una creatura disturbante e folle, proprio come il suo creatore.
Chi è Ferrylife, e come è nato questo nome?
Ferry sono io, e Ferrylife è la sintesi di tutto il casino che ho in testa. Una zuppa di chitarre acustiche, rave parties, vodka redbull e drammi interiori vissuti con un certo piacevole senso di autocommiserazione, il tutto tenuto insieme dal solo fatto di appartenere allo stesso corpo di carne.
Come descriveresti il tuo progetto artistico a chi non ti conosce?
Come se una lavanda gastrica producesse un suono vagamente orecchiabile e avesse la pretesa di essere divertente.
Come è nata l’idea di “Lost My Weed in the Wood”?
Come spesso accade nelle canzoni, da una tragedia personale. Mi trovavo a una festa in un bosco e stavo per girare una canna, quando mi sono reso conto di aver perso la mia erba. Non potevo sballarmi e nemmeno andare via, così ho dovuto passare l’intera serata a rapportarmi con personaggi strafatti che sembravano divertirsi molto più di me. Un vero e proprio incubo.
Quanto è importante il cinismo nei tuoi testi?
Il cinismo e la satira sono il principale strumento che utilizzo per trattare tematiche estremamente sensibili senza banalizzarle. “Lost My Weed in the Wood”, per esempio, può sembrare una buffoneria, ma in realtà affronta il tema della dipendenza psicologica, quella sensazione terribile che ti prende quando hai un disperato bisogno di qualcosa per star bene (con gli altri o con te stesso) ma non riesci a procurartela.
A che punto sei con il tuo album d’esordio?
Dopo una difficile gestazione durata quasi due anni, finalmente si vede la testa. È venuta fuori una creatura disturbante e completamente folle, entrambi aggettivi che, purtroppo o per fortuna, descrivono perfettamente anche il suo autore.
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