Benvenuti in #Frittomisto, la vostra Caffellatte torturerà per voi con domande scomode, divertenti e sovversive, degli artisti scelti da lei ogni settimana
Ci siamo, l’hype è finito, adesso passiamo ai fatti, cari amici lettori.
Sobbarcati di articoli che, diciamola tutta e bene, non legge mai nessuno, ho pensato che forse tutta quell’arte, quelle canzoni, quegli artisti, che ogni settimana si affrettano ad immettere la loro musica sulle famigerate piattaforme digitali avrebbero piacere nel confrontarsi su argomenti semplici, immediati, accattivanti, pop, proprio come la loro musica fresca, nuova. Tra domande scomode, private, divertenti e non necessariamente legate all’ultimo singolo uscito (che tanto la musica sarebbe meglio ascoltarla piuttosto che leggerla non trovate?) ecco l’idea di una rubrica legata all’omonima neonata playlist #Frittomisto; niente di originale, penserete, e forse non sbagliate, però, vi assicuro, questa non è un’intervista. Mi spiego (e lo rispiegherò forse ogni settimana), questa non è una semplice intervista, piuttosto è la mia personale visione della raccolta di risposte ad una stessa domanda che varia di settimana in settimana posta a diversi artisti selezionati da me, la vostra Caffellatte, come se stessimo li a preparare insieme uno splendido fritto misto. Ah, quasi dimenticavo: un’intervista a sorpresa c’è, ma dovrete leggere tutto per scoprire le altre domande. Questa settimana ho chiesto agli artisti di raccontarmi cinque artisti della loro adolescenza, eccone il risultato.
Alessandro Bruni è un giovane cantautore di Civitavecchia, classe ’98, appassionato sin da piccolo di musica e arte. Come una rosa è il suo ultimo singolo, e questi sono i cinque artisti della sua adolescenza:
La prima canzone che sceglierei per rispondere alla tua domanda è 5 GIORNI di Michele Zarrillo, scelgo questa canzone perché è sempre stata a mio parere una perfetta analisi di un momento che spesso fa parte di una relazione in cui ci si può rivedere e rispecchiare.
La seconda canzone che sceglierei è AMORE BELLO di Claudio Baglioni, questa canzone per me ha segnato l’inizio della mia carriera, è stata la canzone con cui hocalcato il mio primo palco, quindi oltre alla bellezza oggettiva della canzone io ci associo anche tutte quelle emozioni che ti trapassano in quel momento,dalla paura alla felicità del primo applauso ricevuto.
La terza e la quarta canzone invece cambiano nazione e lingua spostandosi in Inghilterra e sono SCARS di James Bay e ALL I WANT dei Kodaline, la prima è entrata nella mia vita durante il mio erasmus a Londra, spesso si dice che nessuna canzone arrivi per caso, ecco io penso che questa ne sia per me un esempio perfetto, perché mi ha aiutato a capire molte cose e ad affrontarle di conseguenza quasi come volesse proteggermi e prepararmi da un urto,
La canzone dei Kodaline invece è arrivata un po’ dopo negli anni in un momento un po’ strano della mia vita in cui cercavo delle sicurezze e delle basi da cui darmi la spinta per tornare su e penso di averne ricevutauna molto grande tanto da spingermi a scrivere il mio primo inedito “close to me”.
La quinta canzone invece ci riporta in Italia ed è secondo me l’ambasciatrice di un genere che in realtà non mi compete molto, questa canzone si chiama PLEASANTVILLE di Nitro, ecco io ho sempre ritenuto questa la mia miglior canzone del “Rap D’amore ” perché nonostante la durezza che contraddistingue Nitro nei suoi testi riesce comunque arimanere passionale come se tu stesso fossi il protagonista di quel testo e proprio per questo si guadagna un posto nella mia top 5.
Le Vite parallele , da poco fuori con E.L.E.N.A., singolo d’esordio, è un progetto di racconti in musica che si contraddistingue per la collaborazione con un vocalist diverso per ciascuna canzone. Per questo primo singolo la scelta è ricaduta sull’amico e visual artist Walter Trono. Ecco i loro cinque artisti dell’adolescenza:
Wanderwall, perché è stata la colonna sonora di ogni storia d’amore, la prima canzone da imparare alla chitarra e poi perché in questi giorni ha compiuto 25 anni di vita ed è doveroso celebrarla. Desaparecido dei Litfiba perché ci ha fatto capire che si poteva e si può fare rock in lingua italiana. Lovesong dei Cure, perché il pop d’autore esiste, è accessibile a tutti, basta fare le cose per bene per farsi capire. All the small things (Blink182), perché è stato il primo CD trovato sotto l’albero di Natale, ci ha accompagnato nella scoperta del punk e del panorama musicale americano.
Otherside (RHCP) perché è forse una delle canzoni più rappresentative di un genere che è nato con i Red Hot, un punto di riferimento per la nostra generazione.
Pgreco, nome d’arte di Lorenzo Lisi, classe ’97- comincia ad avvicinarsi allo studio della musica prendendo lezioni di batteria (6 anni) e poi di basso (3 anni). Figlio d’arte, ha sempre vissuto a contatto con la musica in casa, grazie all’insegnamento di mamma Angela Caporale dei Baraonna (Premio della Critica Sanremo ’94). È uscito da poco il suo ultimo singolo, Centro Mostri, ecco i cinque artisti della sua adolescenza:
The House of the Rising Sun (The Animals): È il brano che mi fa commuovere ogni volta che lo ascolto. Mi ricorda una persona che se n’è andata nella mia adolescenza, persona alla quale dedico tutta la mia musica.
Nowhere Man (The Beatles): È il brano che ha aperto il mio amore per la musica leggera e per le armonie vocali. Da piccolo guardavo questi 4 ragazzi fare delle cose strabilianti con le loro voci e coi loro strumenti. Me ne sono innamorato subito.
Brioschi (Franco126): È il primo brano che ho cantato e suonato dal vivo, su un palchetto di un piccolo pub, emozionatissimo e tremolante. Mi ricorda che il brivido prima di salire su qualunque palco è una delle cose che maggiormente mi rende euforico
Senza di Me (Gemitaiz, Venerus, Franco 126): È il brano che mi ha donato il coraggio di intraprendere una strada fatta di grandi difficoltà e di sacrifici. Loro cantavano come me, allora perché non tentarci?
Lo scrutatore non votante (Samuele Bersani): È un brano essenziale nella mia adolescenza: quando l’ho ascoltato, ho sentito per la prima volta la sensazione di rispecchiare un lato della mia vita, della mia quotidianitá in un brano di un altro artista, di una persona che non sa nulla di me.
Non a caso ha fortemente ispirato la composizione del mio primo singolo.
Biba è una giovane cantautrice romana: studia visual design e odia il mare ad agosto. Inizia a suonare la chitarra con il sogno di diventare una rockstar tipo quelle degli anni ’90, ma crescendo si accorge che scrivere è una necessità che va ben oltre il bisogno di farcela, diviene piuttosto la maniera più immediata di dire la sua ad ogni costo. Il suo ultimo singolo si intitola “Le cose che non mi dici”, e questi sono gli artisti della sua adolescenza:
Sweet Child O’ Mine – Guns N’ Roses
A 14 anni ascoltavo questa canzone sempre per caricarmi. Mi ricordo perfettamente quando la sentii nelle cuffiette dell’iPod prima dell’orale dell’esame di terza media. Quel riff infinito di chitarra mi faceva sentire invincibile.
18 and Life – Skid Row
Quando comprai il primo disco degli kid Row, avevo 16 anni e tanto eye-liner sugli occhi. Lo presi in un negozio di dischi usati del mio quartiere che non conosceva nessuno. Questa canzone, insieme ai capelli di Sebastian Bach, mi faceva sempre sognare un po’ la libertà che mi sarebbe aspettata a 18 anni.
Blitzkrieg Pop – Ramones
Questo brano mi ricorda il mio periodo punk. Sentii questa canzone per la prima volta in un cartone animato (è assurdo ma è così), la cantavo senza sapere una parola ma mi faceva muovere tantissimo. È uno dei ricordi più nitidi dell’effetto che mi ha sempre fatto la musica.
Pantera – Cowboys from hell
Ho sempre odiato andare dietro a mode e convenzioni e a 17/18 avevo in cuffia solo i Pantera. Questo è stato il primo loro pezzo che ho sentito, forse quello che mi piace anche meno. Ma pur sempre il primo.
Let Down – Radiohead
18 anni. OK Computer aveva preso il sopravvento nelle mie playlist, avevo una visione abbastanza depressa di tutto e Thom Yorke mi faceva sentire giusta anche se mi vedevo sbagliata. “Isterical and useless” come recita il brano, da sempre uno dei miei preferiti.
STEFANO BRUNO INTERVISTA DELLA SETTIMANA:
Esce il 29 settembre 2020 il disco di debutto del cantautore milanese Stefano Bruno, classe 1990 che si ispira ai grandi nomi del cantautorato, da Dalla a Modugno, cresciuto con il mito di Pink Floyd e David Bowie. Un disco intimo e allo stesso tempo sfacciatamente pop. Per le strade del cielo è l’inquietudine di chi sente ogni tanto quello strano bisogno di allontanarsi, perdersi per poi ritrovarsi. Una dichiarazione d’intenti, uno stile di vita che significa sognare, stare con la testa fra le nuvole, con la testa per aria.
- Parlaci del tuo album Per le strade del cielo, come nasce e come si evolve?
La prima canzone completa di musica e testo l’ho scritta nel 2010, a 20 anni. Era Ti lascio stare per le strade del cielo. Ma era un brano completamente diverso da quello che sentite oggi. E’ il brano che fino ad oggi mi ha fatto tribolare di più. Non ero mai contento. Avrò cambiato almeno tre volte l’arrangiamento.
Una volta migliorato nella tecnica e trovato la mia identità artistica, speravo di poter trovare un’etichetta ma, dopo aver bussato a diverse porte mandando i miei demo, nessuno ha mai mostrato davvero interesse. Ero stanco di aspettare e di rimandare sempre qualcosa che ha senso soltanto adesso. Per cui a 30 anni ho deciso che in un modo o nell’altro la gente doveva sentire i miei brani.
L’album nasce con l’intento di mettere insieme canzoni scritte nello stesso arco di tempo e legate da tematiche in comune. Ecco perchè l’idea del titolo è nata soltanto alla fine di tutto, quando avevo i brani e una visione completa di tutto.
Per le strade del cielo è un neologismo che riprende la mia condizione, il mio modo di vivere nella mia dimensione, con la testa fra le nuvole. Ma nasce anche dalla voglia di riscatto. Con riferimenti ai miei ascolti, al Surrealismo, alla wanderlust e al Romanticismo.
- Quali sono le tue reference artistiche di prima scelta?
Battiato, Battisti, Antonacci, Ferro, Carboni per la musica italiana.
Beatles, Pink Floyd, Bowie, Simon & Garfunkel, Alan Parsons Project, Sting, Radiohead, Jobim e Milton Nascimento per la musica internazionale.
- Quando decidi di comporre un brano inizi dalla scrittura o ti lasci ispirare dalla musica?
All’inizio componevo partendo dai testi perchè avevo paura di allontanarmi troppo da quello che volevo dire. Con il tempo ho imparato anche a lasciarmi guidare dalla musica. Perciò dipende dal brano. La musica di Scrivilo sul mare è nata dopo e l’ho composta sulla base del testo. Per Nicaragua invece mi sono lasciato ispirare dal ritmo, dalla musica e le parole sono arrivate dopo.
- Preferisci ascoltare playlist o album interi e perché?
Dipende dal mio umore ma anche dal tempo che ho a disposizione.
In ogni caso preferisco ascoltare album interi. Perché considero un album innanzitutto come un’opera nata da lavoro, sacrifici e già solo per questo merita attenzione e rispetto.
Non puoi pretendere che qualcuno ti ascolti se tu per primo non sei umile e predisposto a farlo.
Anche quando le canzoni non mi convincono, non sono propenso a skippare. Valuterò soltanto alla fine. Se non mi piace non lo riascolterò.
Considero la musica con religiosa devozione e preferisco ascoltare in cuffia nel silenzio della mia stanza, per poter apprezzare meglio i dettagli o i testi.
Quando invece ho poco tempo e devo correre da qualche parte, scelgo una playlist. In questo modo cerco di assecondare il mio mood e il mio ascolto che in questo caso è più superficiale.
- Raccontaci cinque brani della tua adolescenza.
Durante l’adolescenza ascoltavo tanto rock ma anche tante. Nella mia playlist non mancavano mai cinque brani: Centro di gravità permanente di Battiato, Boulevard of broken dreams dei Green Day, Malinconia di Luca Carboni, Lyla degli Oasis, Innuendo dei Queen.
- Progetti futuri?
A breve girerò il videoclip di un altro brano estratto dal disco. Intanto continuerò a lavorare alla promozione dell’album.
Sto lavorando a nuovi brani. Sto cercando di scrivere insieme ad altri autori. Che sia per me o per altri, è una cosa che mi affascina e incuriosisce.
E poi, tornare a suonare dal vivo, che è la cosa che mi manca di più. Questo però non dipende solo da me. Insomma, vedo un grosso punto di domanda che fa ombra intorno a me. Nel peggiore dei casi, materiale da cui attingere.
Rubrica a cura di Giorgia Groccia A.k.a. Caffellatte
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