In anteprima assoluta il video di “Fears”, il singolo d’esordio di Lazzaro. Un musicista-artista della provincia pistoiese, cocktail fluorescente di influenze tra elettronica anni ’90 e cantautori della scuola genovese.
Il brano, prodotto da Nicola Baronti (Venus In Furs, Toru) e registrato presso La Tana del Bianconiglio, esce per l’etichetta La Rue Music Records – distribuzione a cura di Believe. Ne abbiamo approfittato per fare qualche domanda all’artista, ospitando in anteprima il videoclip del brano, che uscirà proprio domani:
“Ho immaginato una storia in cui tutti gli elementi, a partire dall’ambientazione del bosco notturno, trasmettessero un certo senso di smarrimento, di oppressione e mistero. Il protagonista fugge da qualcosa di invisibile, oscuro, ma di cui inconsciamente avverte la presenza. E proprio quando tutto sembra perduto, c’è una luce che arriva ad indicargli un via d’uscita.”
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Ciao Lazzaro, benvenuto sulle nostre colonne! Allora, è arrivato il momento dell’esordio: da quanto lo aspettavi?
Aspetto questo momento da quando mi sono reso conto di avere un disco fra le mani da lanciare nel mondo.
Come nasce, o meglio, come risorge “Lazzaro”? Raccontaci un po’ quali sono gli step che hanno anticipato la tua rinascita musicale…
La resurrezione parte da un fallimento. Dopo aver abbandonato gli studi universitari ed essermi gettato nelle fauci del mondo del lavoro mi sentivo disperso, avevo bisogno di darmi una seconda possibilità e crearmi uno spazio mio, dove agire in libertà. Tutte queste riflessioni ovviamente le facciamo adesso, dopo la tempesta, ma al tempo non avevo un piano. Mi sono ritrovato con una chitarra in mano a vomitare lamenti, a cui ho cercato nel tempo di dare una forma sempre definita.
Il tuo primo singolo si chiama “Fears”, e a dispetto del titolo il brano è scritto in italiano (almeno, per la maggior parte): una canzone che parla di paura, ma sopratutto che cerca il rimedio all’angoscia di questo tempo. Ricordi come è nato il pezzo?
Il brano è nato pensando proprio a quel periodo di stasi, dove non sapevo cosa fare e che forma prendere. Mi sono trovato impreparato al mondo e per questo mi sono sentito come bloccato, incapace di reagire. L’ansia di trovare una risposta al più presto mi aveva portato sulla soglia di un blackout, poi mi sono reso conto che potevo prendermi tutta la vita per rispondermi e ho fatto un bel respiro.
Hai lavorato in studio con Nicola Baronti: che tipo di collaborazione è stata, la vostra? Sei uno che vuole essere coinvolto a tutti i livelli della produzione, oppure lasci “carta bianca” a chi vi lavora?
Partendo dall’inizio, il disco è stato abbozzato insieme ad altre menti nella soffitta dell’amico e collega ElementoUmano. Ho iniziato portando testo e musica con la chitarra in braccio direttamente in soffitta e, dopo aver masticato le basi di teoria e di Ableton, arrangiamenti sempre più chiari. Questo procedimento è stato adottato per portare a Nicola un disco che avesse già un’idea solida, perché ci tenevo avesse chiare le mie intenzioni. Una volta entrati in studio però mi sono lasciato guidare dalle sue intuizioni e sono contento di come sia riuscito a tirare fuori tutto quello che era rimasto nascosto, talvolta stravolgendo l’idea originale. Alla fine sono molto contento di come sia venuto il disco e, cosa non da meno, ho imparato un’infinità di cose.
Tra l’altro, del brano hai anche realizzato un videoclip particolare, che ben restituisce le atmosfere tese e gravide di “buio” che traspaiono anche dalla canzone… ci racconti qualche aneddoto legato alla realizzazione del video?
Ho impiegato del tempo a trovare un bosco che fosse adatto per girare un video perché serviva uno spazio raggiungibile facilmente con la macchina, vario ma non troppo selvaggio, serviva anche uno spazio ampio per la scena finale. Ho girato parecchio, poi mi sono fermato a Serravalle Pistoiese. C’era tutto, anche qualche ruscello di contorno. Il giorno stesso contatto la regista (Valentina Cipriani) e fissiamo un sopralluogo e pochi giorni dopo ci ritroviamo lì. Parcheggiamo all’entrata del bosco e io, tutto tronfio, la guido verso quello che credevo fosse il bosco più bello di tutti i boschi possibili. Purtroppo al bivio iniziale ero andato a sinistra, trascinando anche la regista in un’escursione totalmente imprevista, fra ciottoli e spine con macchinari in spalla. Alla fine siamo tornati sulla strada e quindi al bivio, da lì poi siamo riusciti (attraversando il ruscello con una tavola trovata casualmente, quindi comunque non senza qualche difficoltà) ad arrivare alla zona che avevo visto pochi giorni prima. Scusami Vale.
Salutiamoci con una confessione: qual’è la più grande paura di Lazzaro?
La mia più grande paura è di dover continuare a chiedere una mano ai miei anche quando saranno loro ad averne bisogno. Ho cambiato vari lavori in questi anni ma comunque non riesco a permettermi un’indipendenza: è evidente che qualcosa non funziona. Tutti gli amici che si stanno ritagliando un angolo di vita propria lo stanno facendo indebitandosi, o chiedendo un aiuto in famiglia. Spero di sbagliarmi, ma non credo che le cose cambieranno nel prossimo futuro.
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