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Quando ho incontrato TGP: Astenia

Fuori il nuovo singolo degli Astenia: Due, un valzer corale

Intervista a cura di Giorgia Groccia

Nuovi romantici della pop culture, gli Astenia nascono a Roma e raccontano storie.

Prendono il nome da un termine medico e, cambiando un accento, sottolineano come le sfumature siano in grado di cambiare prospettive e punti di vista. Hanno all’attivo due ep, Fa’ che sia tutto diverso e Quello che non ho, editi da Cosecomuni/Believe Digital e co-prodotti dai Velvet, avvalendosi della collaborazione di Davide Rossi (Coldplay, The Verve, Moby, Trentemøller) nel brano Milano. Nel 2017 inizia la collaborazione con Alessandro Forte (Aiello, Galeffi, Mameli, Scrima), coinvolto nella produzione artistica del prossimo disco, Amarcord, la cui uscita è prevista per l’inverno 2020. A partire da maggio 2018, la band pubblica i singoli Sento solo me e 3310 e, con quest’ultimo, ottiene la copertina della playlist Indie Now di TIM Music.  Ad anticipare l’uscita del disco, il 25 ottobre 2019 esce il loro nuovo singolo Due (Rivoluzione Dischi/Pirames International) in esclusiva su Spotify entrando nella playlist Scuola Indie.

Due è una splendida ballad particolarmente coinvolgente, è un racconto spezzato a metà, un discorso diretto unilaterale, dall’altra parte del telefono solo silenzio. È un amore liquido, di quelli che ti restano incastrati tra le dita, nella memoria, nei luoghi più affollati o meno conosciuti di una città troppo grande. Due è una stanza con vista metropoli, un legame frantumato sui pavimenti dello stesso appartamento che aveva visto il disordine e probabilmente l’amore. “Due è una storia d’amore consumata in segreto: incontri, passione e litigi nel cuore della notte.” – racconta Gianluca Gabrieli, cantante della band. E quando si congelano lì inermi anche i litigi, incomincia ad aleggiare nell’aria un tonfo rumoroso: è una doccia fredda, il niente che attraversa, come fosse un fantasma, lo scheletro di tutti nostri amori passati, di tutte le urla ormai lontano ricordo sfumato nella notte e in un bicchiere di troppo.

Noi abbiamo chiacchierato con gli Astenia, eccone il risultato:

Il vostro nuovo singolo si intitola DUE. Come mai e da cosa siete partiti per sceglierlo e per scrivere il testo del brano?

DUE è una storia d’amore consumata in segreto, un legame di totale intimità e fragilità nello stesso tempo. Un rapporto complesso che si alimenta della stessa sostanza che lo consuma. Tutto ciò che scriviamo è a noi vicino, che sia completamente autobiografico o meno. È sicuramente il nostro brano più diretto.

 

 

Che significato e che peso ha l’amore nelle vostre vite?

È essenziale, come il titolo che abbiamo dato al nostro singolo, DUE. Crediamo nell’amore e nelle sue più complete manifestazioni ed espressioni. Che siano pensieri, attenzioni e piccoli gesti, suoni o rumori, siamo cresciuti con l’idea che l’amore sia un’esperienza da vivere in tutte le sue ampie sfaccettature.

 

L’album in uscita nel 2020 ha un concept particolare? Come siete riusciti a far conciliare le idee di tutti i componenti della band?

L’album si basa su una serie di racconti vissuti, di ricordi messi su carta. In fase di composizione ci siamo messi a nudo, tirando fuori le nostre fragilità. Il tempo ha aiutato a elaborare e ricostruire qualcosa a cui forse non avevamo mai pensato. È stato un percorso, individuale e di gruppo, di cui ci siamo resi conto alla chiusura del disco, il nostro primo disco. Il risultato ci rende fieri e ci piacerebbe arrivare a più persone possibili. Ritrovarsi nelle storie che raccontiamo è la nostra più grande ambizione.

 

 

Il vostro ultimo singolo tratteggia a tinte forti la fragilità in tutte le sue declinazioni. Cos’è per voi la vera fragilità nell’essere umano?

L’essere umano è fragile per natura: l’accezione tipica di fragilità prevede una debolezza mentre noi la vediamo e la viviamo come un valore a cui aggrapparsi. Le relazioni che stringiamo, le esperienze che viviamo e le difficoltà che incontriamo nel nostro percorso sono parte integrante di una crescita personale. Se le fragilità sono, in forme certamente diverse, parte di ognuno, l’incontro le unisce e le miscela. Il mix è sicuramente affascinante e mai banale.

 

Se doveste scegliere un periodo storico musicale che sentite possa appartenervi oltre l’odierno, quale scegliereste?

Sicuramente gli anni ’90! Siamo cresciuti con la musica di quel periodo. Anche il nuovo disco è legato a quelle sonorità.

 

 

Quali sono i vostri tre album di riferimento?

È difficile racchiudere tutto in soli tre nomi ma ci proviamo con alcuni degli insostituibili: “Parachutes” dei Coldplay, “Trouble Will Find Me” dei The National e “Dalla” di Lucio Dalla.

 

Progetti futuri dopo l’album?

Ci piace pensare al presente. Vogliamo suonarlo ovunque ci venga data possibilità.

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