CASSIO, con i precedenti brani “Nerodita” – una lettera sincera e diretta al suo babbo scritta con cinismo tossico e distaccato – e “Sparo” – canzone con cui prova a darsi un po’ di tregua suggerendo di concedersi un po’ di indulgenza e un po’ di pace – ci ha mostrato la sua scrittura diretta, schietta e terribilmente sincera, con cui si mette completamente a nudo senza timore di essere giudicato per quello che è stato e che è.
La sfera familiare è un punto fermo nella scrittura e composizione di CASSIO, un luogo da cui si è allontanato a volte in passato, ma che è colonna portante della sua esistenza. La nuova traccia “Nonna” è un omaggio alla nonna defunta a causa di una malattia degenerativa, di cui sente tremendamente la mancanza e alla quale sono legati tanti momenti. Il ricordo della voce della nonna e la rabbia per la malattia che se l’è portata via e che le ha fatto dimenticare tutto nei suoi ultimi anni di vita; il rimpianto per i discorsi mancati e le assenze ai pranzi domenicali.
CASSIO ancora una volta ci mette di fronte a esperienze personali che ci pungono nei nostri punti più deboli e fanno riaffiorare in tutti noi rimpianti, malinconie e frustrazioni.
Ne abbiamo parlato direttamente con lui.
- Quanto c’è di autobiografico in “Nonna”? Hai mai paura di esporti troppo nei tuoi pezzi “terribilmente sinceri”?
Quanto c’è di autobiografico in Nonna? Tutto. Credo che non esporsi nello scrivere canzoni sia come andare a giocare a pallone e non portarsi il pallone.
- Quanto è stata importante la tua famiglia nel tuo percorso musicale? Ti sei mai sentito ostacolato o non compreso?
In casa mia non c’è mai stata una forte curiosità musicale, quindi musicalmente non direi che è stata educativa.
Comunque babbo mi ha comprato la prima chitarra… in realtà, pure la seconda. Quando avevo 20 anni vivevo barbonando in un altro paese, suonavo per la strada… direi che per una mamma non è esattamente il massimo dell’aspettativa, eppure non si è mai opposta, un pò perchè probabilmente vedeva che ne avevo bisogno, un pò perchè sapeva che sarei andato comunque.
- Ti ricordi ancora la prima canzone che hai scritto? Com’era?
Ho sempre scritto in inglese fino a questo disco, non sono mai stato un campione di allegria e felicità, ho sempre scritto cose molto scure. Il primo pezzo in italiano che ho scritto è stato “Nerodita”, in inglese credo fosse qualcosa di dissonante e storto… cantato sottovoce per la vergogna.
- Livorno ha ancora una scena musicale forte? Chi ne fa parte?
A parte i nomi importanti, come il mio amico Andrea Appino degli Zen Circus (che abita a Livorno da tanti anni ma è comunque un pisano di m…) credo che Candra sia assolutamente tra i migliori. Comunque non esco molto e non sono ferratissimo sulla nuova scena.
- Come stai in questo momento?
Attualmente seduto. Grazie.
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