Il terzo disco “Bellissima Noia” ha compiuto un anno a settembre, mentre di poche settimane fa è il suo ultimo singolo “Motel San Pietro”. Poi per Nicolò Carnesi è ripreso il viaggio infinito del tour, ma questa volta in solo. Lo abbiamo incontrato in occasione della sua ultima data romana presso Na Cosetta, al Pigneto.
Il cantautore siciliano non è nuovo ad esibirsi in piccoli club e dopo aver suonato in lungo ed in largo con la band al completo, anche sui grandi palchi dei tanti seguitissimi festival che hanno animato la scorsa estate, questa volta ha deciso di girare l’Italia producendosi in un “one man show” che, partendo dal suo ultimo brano Motel San Pietro appunto, ripropone pezzi del passato che Nicolò canta alla tastiera o con la chitarra, su cui si diverte anche a giocare con gli effetti, sulla voce soprattutto.
“Sicuramente suonare con la band in formazione completa, potendo esprimere la musica al massimo delle sue potenzialità, è bello. I grandi palchi non ti permettono di instaurare un rapporto molto diretto con il pubblico, si fruisce del concerto da un lato più strettamente musicale, che poi è quello per cui si fa un concerto, quindi è comunque bello. Ma quello che mi piace delle piccole dimensioni è che essendo solo con i miei strumenti ed avendo le persone anche molto vicine, riesco ad instaurare un rapporto diverso, ad interagire e guardare negli occhi una persona, prendere magari qualche richiesta, in queste situazioni si può fare. Sono due realtà diverse che hanno entrambe i propri pregi e direi difetti no, l’unica pecca suonando solo è un po’ l’assetto musicale, mancano i suoni della batteria, del basso… però si compensa di umanità. E poi così posso arrivare a suonare dentro le città, arrivo nei centri storici e posso visitarli, conoscere, è un bel modo di viaggiare con la musica”.
Una scelta questa del tour in solo, nata quasi come una scommessa con se stesso:
“L’ho voluto fare, ci stavo pensando soprattutto dopo che mi è capitato di suonare da solo in qualche occasione, tipo l’apertura a Brunori a Roma all’Atlantico. Mi sono detto proviamo, mi metto in gioco e provo a fare trenta concerti da solo, vediamo che succede…”
E dire che la scelta è stata a rischio, quando non più di due mesi fa venne cancellata in malo modo una data in Lombardia. Da lì però, alla denuncia-sfogo su Facebook di Nicolò, seguì qualcosa di bellissimo di cui avevamo parlato anche con Elena Perletti di Albori (qui l’articolo): gli organizzatori di Albori Music Fest hanno chiamato Nicolò ed organizzato, il giorno dopo, quella che di fatto è stata poi una sorta di data zero del tour presso il Belleville, sul Lago d’Iseo, a pochi chilometri da dove si sarebbe dovuto tenere il concerto annullato.
“Era la terza data annullata praticamente senza motivo nel giro di poco e diciamoci la verità, a questi livelli è difficile, anche economicamente, girare per suonare, si devono fare un sacco di sacrifici e sentirsi anche trattati in malo modo dispiace. Sentii un po’ di frustrazione, ma ci fu il classico risvolto della medaglia, la sorpresa che ribalta la situazione e ti restituisce la fiducia nell’umanità. È stato un piacere suonare lì, con quei ragazzi con cui avevo già collaborato in passato. Cose così ti danno la carica: nell’ultimo periodo mi era quasi passata la voglia, non di fare musica ma di fare concerti si, perché se addirittura succedono cose del genere pensavo, non ha senso. Poi l’affetto delle persone, non solo di chi ha organizzato il concerto ma anche di tutte quelle che mi hanno scritto, mi ha fatto piacere. Spesso consideriamo un commento su Facebook qualcosa di poco conto e generalmente è proprio così, ma quando sono cose che ti arrivano e ti toccano direttamente, è bello ed è positivo. A questo tour stavo già pensando, ma questa è stata una spinta decisiva per cominciare. A me basta poco – sorride – per passare dalla tristezza alla voglia di fare”.
E quello che sta facendo Nicolò Carnesi, specialmente con la nuova Motel San Pietro e nei live in questo tour, è più che ricantare i suoi successi: con Motel San Pietro, Nicolò ha rotto gli schemi della forma canzone classica, sia nella musica che nella scrittura del testo, e nel reinterpretare le sue vecchie canzoni in solo, “gioca” con la voce, sfruttando le corde vocali ed attraverso l’elettronica. In pratica, sperimenta. E per un’artista prendersi la libertà di sperimentare, andando al di là di quello che ci si aspetta, pur restando coerente con se stesso, è tantissimo.
“In questo momento la musica in Italia è ristagnante, bene o male si fanno prodotti che sono la copia di un altro come fossero in serie. Da ascoltatore prima e da musicista poi questa cosa mi annoia, ma visto che ho dalla mia la possibilità di fare musica come mi pare, mi è venuta voglia di provare qualcosa che altri magari non hanno desiderio o coraggio di fare. È la strada più impervia, perché ovviamente più sperimenti e più è difficile arrivare al pubblico, però credo sia compito fondamentale dell’artista, del musicista, dire la sua e non accontentare completamente l’ascoltatore, ma sorprenderlo. Mi diverte anche vedermi arrivare messaggi tipo “ma che cazzo hai fatto?”, ma dietro alcune scelte c’è un concetto che spesso non si può stare a spiegare completamente: non è un caso ad esempio che usi il vocoder in Motel San Pietro, perché aiuta la storia. Mi piace vedere le reazioni, sia positive che negative”.
In ogni caso, con un atteggiamento del genere una qualche reazione si crea, si smuovono le acque.
“Esatto! Ed in Italia va fatto. Altrimenti la musica continua a ristagnare nelle solite cose. E secondo me, senza fare nomi, alcune sono proprio brutte…”.
Un atteggiamento che apre anche nuove vie da percorrere in futuro:
“In questo momento sto scrivendo molto, ma non mi interessa fare cose uguali a quelle che ho già fatto. Faccio un esempio: pezzi che hanno funzionato molto sono stati “Il Colpo” o “Mi sono perso a Zanzibar”, ripetere quella formula da parte mia sarebbe scontato ed anche ridicolo. Quei pezzi sono belli perché spontanei e veri. Quindi come ho fatto allora, assecondo il pensiero che mi fluisce al momento e di solito è diverso da quello che ho fatto in passato. Anche perché, io voglio divertirmi facendo musica e non mi divertirei rifacendo sempre quello che io stesso ho creato e che ho già suonato in mille concerti. Molti dei grandi che ammiro hanno saputo mettersi in gioco: penso ai Radiohead, all’ultimo di Bon Iver, ai Beatles, a Bob Dylan che da cantante folk prende la Telecaster ed inizialmente si fa tirare i pomodori ai festival folk. Ovvio che non sono a quel livello, ma visto che è quello che mi piace, nel mio piccolo voglio provarci anch’io”.
Un aspetto che appunto in questi live appare evidente è Nicolò a suonare così si diverta davvero.
“In questo tour mi sto divertendo veramente tanto, siamo arrivati ad una decina di date ed ormai lo posso dire, l’impressione è nettamente positiva. Ogni concerto non è mai uguale ad un altro, ogni volta succede qualcosa che lo rende diverso, ed anche io cambio spesso, a partire dalla scaletta. E mi diverto a giocare con la voce specialmente quando suono al piano. È bello giocare con la propria voce, soprattutto di questi tempi, perché ormai è anche difficile sperimentare, noi lo facciamo con la chitarra, con gli effetti, però con la voce siamo sempre stati abbastanza statici. Questa idea di cantare in italiano, ma provando a farlo in maniera internazionale, mi piace molto ed in Motel San Pietro ho cercato di fare questo”.
Anche perché ok essere intonati, ma questo del “bel canto” in Italia è un tabù ormai obsoleto:
“Ma si! La voce alta, con quel riverberino pulito… dai basta, siamo nel 2018!”.
E insomma, per dirlo con parole sue, l’invito di Nicolò Carnesi ai giovani (e non) musicisti italiani è chiaro: “trova tutto quello che non è consueto, prendi tutto quello che è inatteso…”*.
E c’è da sperare che in tanti raccolgano il suggerimento, in modo che man mano, tutto intorno almeno qualcosina in più di magnifico ci sia.
*da “Lo scherzo infinito” di Nicolò Carnesi, nell’album “Bellissima Noia” del 2016.
a cura di Riccardo Magni
foto di Mattia La Torre
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