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Quando ho incontrato TGP: EGO

EGO in Fuori Da Qua, una splendida decadente ballata generazionale.

Intervista a cura di Giorgia Groccia

Fuori Da Qua è una splendida decadente dichiarazione d’amore verso se stessi. Uscire fuori di sé, eppure restare dentro, non piegare il capo, forse gridare più forte, spezzare in due i canoni di bellezza imposti da una società fagocitante, brutale. L’antidoto? Chiudere gli occhi, ballare a piedi nudi, non toccare l’asfalto, restare a mezz’aria. Fuori Da Qua è davvero un testamento, un brano generazionale che non si pone sul piedistallo, non rigurgita giudizi lapidari randomici ma, piuttosto, propone un vero e proprio spaccato di vita contemporanea, una polaroid, un frame accurato di ciò che ognuno necessariamente affronta ogni giorno. Ecco la soluzione degli EGO, al secolo Diego e Filippo che al centro del loro singolo, in un video semplice ma efficace, pongono una ragazza che balla in un cortile di periferia. Il progetto rap  torna con questo singolo dopo l’uscita questa primavera dell’album Saette, pubblicato da Woodworm.

 

EGO è un progetto rap che si esprime senza i cliché del rapper, raccontando la quotidianità e la realtà che lo circonda con i suoi pregi e i suoi difetti, senza inventarsi nulla bensì valorizzando la semplicità di ogni singola parola, con una buona dose di nostalgia per il passato, un goccio di ansia per il presente e un pizzico di speranza per il futuro.

Fuori da Qua racchiude le due anime del progetto, infatti è un pezzo rap dritto su cui ballare ma con un testo che fa riflettere, perché nella musica degli EGO non esiste un solo colore e giocare con le sfumature è la cosa più bella del mondo.

Abbiamo incontrato il duo, eccone il risultato:

Il vostro ultimo singolo, “Fuori da Qua” intercetta diversi piani comunicativi tra cui quello sociale e quello personale/soggettivo. Cosa significa per Ego star fuori?

Bella domanda. Secondo il nostro punto di vista, che poi è quello della canzone, il modo migliore per “stare fuori” dalle regole, o da determinati canoni che ci vorrebbero tutti uguali, non è vivere una vita forzatamente alternativa ma costruirsi delle valide alternative che ti facciano stare bene, meglio se con accanto persone a cui voler bene per quello che sono e non per quello che indossano o ascoltano. Noi ad esempio stiamo molto bene con noi stessi quando creiamo la nostra musica in piena libertà, senza ghetti mentali, senza pensare se un brano o alcune parole/melodie contenute in esso possano risultare più o meno rap, più o meno pop: facciamo quello che ci rende liberi.

 

Considerando gli antipodi, quando vi sentite parte integrante di qualcosa? (oltre la musica ovviamente) .

Ci sentiamo parte integrante di una “collettività che porta in giro la musica“, soprattutto sopra il palco, quando riusciamo a toccare il cuore di chi ascolta e partecipa ad un nostro concerto; ecco, li ci sentiamo parte di un qualcosa di davvero unico, quasi una missione: procurare delle emozioni, delle sensazioni a dei perfetti sconosciuti che magari in quel momento si riconoscono in quello che cantiamo, suoniamo, siamo e magari te lo vengono pure a dire al banchetto del merch a fine esibizione. Al di fuori della musica ci sentiamo parte integrante di una filosofia di vita che si chiama “stare bene con poco ma con le persone giuste“, che sia una tranquilla cena a casa di amici o la festa più esagerata del pianeta.

 

La vostra musica ha un’energia d’espressione che si contraddistingue particolarmente. È evidente che voi abbiate scelto di prendere distanze e discostarvi dai classici cliché che il rap spesso propone. Cosa pensate della nuova scena rap/trap?

Io sono cresciuto a pane e rap italiano (chiaramente passando da quello statunitense) fin dall’età di 13/14 anni ed è stato subito amore a prima ascolto; utilizzavo tutti i mezzi a mia disposizione per saperne sempre di più: i pochi negozi di dischi presenti ad Arezzo, tutta la potenza del modem 56K, i concittadini veterani che mi prestavano qualcosa della loro collezione. Questa piccola introduzione è per spiegare che mai potrei prendere le distanze da qualcosa che ho amato con tutto me stesso e visto crescere, sin dai tempi in cui farlo era da sfigati. Più che prendere distanze direi che ho semplicemente messo in tavola tutto quello ho assorbito come fruitore di musica: il rap, il cantautorato, il pop, l’alternative rock. Per il resto non mi considero un rapper, lascio questo titolo a tanti più validi di me nel farlo girare, così come le considerazioni sulla nuova scena rap/trap: c’è tanta gente giovane la fuori che spacca davvero, ha le chiavi in mano per portare tutto questo a livelli altissimi, poi chiaramente, come sempre è stato e sempre sarà, c’è chi lo fa bene, chi lo fa male, chi lo potrebbe fare diversamente, chi lo fa per moda, chi per durare negli anni a venire.

 

Se dovessi nominarvi la nostalgia, l’ansia e la speranza a cosa assocereste queste tre parole?

Nostalgia di casa, quando siamo via per tanto.
Ansia da prestazione, prima di salire sul palco.
Speranza di vivere di musica, accettando tutti i sacrifici che questo ha comportato, comporta e comporterà.

 

Chi sono Diego e Filippo al di la degli EGO?

Fodamentalmente due ragazzi di Arezzo con alle spalle diversi anni di gavetta nel campo musicale: io ha militato per ben 10 anni nella band Soul Killa Beatz, progetto di estrazione rap, contaminato con il passare degli anni da svariate sonorità fino ad arrivare all’indie pop. Filippo, la mente musicale di EGO (il producer) prima di incontrarmi era la chitarra e voce degli Hombre Lobo, band rock dal cuore notturno. Abbiamo affrontato tutti i pregi e tutti i difetti di essere nati e cresciuti in una città medio piccola come Arezzo, molto viva dal punto di vista musicale ma per molti aspetti anche provinciale come mentalità. Oltre la musica ci teniamo vivi in svariati modi: io lavoro come operatore in un centro giovani e porto avanti l’associazione culturale Arezzo Che Spacca mentre Filippo ha sulle spalle un titolo da ingegnere ed è uno dei fondatori del Rooftop Studio, luogo magico dove accadono cose!

 

Quali sono le vostre maggiori influenze musicali?

Sicuramente ci unisce il grande amore per la black music in generale, Filippo più sul versante blues/soul mentre io rimango decisamente più affascinato dal periodo rap/r’n’b 80s-90s. Al di fuori di quello non abbiamo grandi preferenze, ci piace seguire con grande curiosità tutto quello che ci gira intorno. Dal punto di vista ideologico e sonoro ci sentiamo molti vicini a validissime realtà come UNDAMENTO e MACRO BEATS ma ci facciamo anche grandi viaggi all’estero con artisti come Tylet The Creator, Frank Ocean e Chance The Rapper, senza mai dimenticare il suono degli “originatori”… quindi quando parte “Still D.R.E.” è sempre festa!

 

Quali sono i vostri progetti nell’imminente futuro?

Suonare il più possibile, ovunque e comunque!
Per fortuna, da questo punto di vista, possiamo contare sul team Locusta Booking.
Per il resto continuare a produrre musica nuova; dopo “Saette” non stiamo pensando ad un disco nuovo ma semplicemente a brani singoli da lanciare fuori quando più ci aggrada, sempre seguendo i preziosi consigli di Woodworm, il nostro management.

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