Buio, un cerchio di persone, due epicentri sonori. Damon taglia il silenzio con una voce affilata, Anselmo la raddoppia e inizia a pestare la batteria, alla quale si aggiunge una linea di synth ipnotica. Intorno, nessuno riesce a rimanere immobile. Dopo averli sentiti succede qualcosa dentro ogni ascoltatore; inconsciamente si capisce che quella a cui si è assistito era una vera esperienza musicale, lontanissima dai concerti a cui siamo abituati, in cui osserviamo a distanza i musicisti.
I suoni non rispettano alcun confine, questo i Mombao lo sanno benissimo e lo fanno sentire nei loro live che sono rito e contaminazione tra musica e cerimonia. Il “Mediterraneo blues” trattato da Ian Chambers è una mezcla di generi musicali e la colonna sonora nelle metropoli del sud del mondo, da Marracash o Trieste passando per Napoli e Marsiglia; luoghi in cui non esiste distinzione tra musiche autentiche e musiche importate.
La spedizione navale dei Mombao, che immagino su una zattera che viaggia a vela ed energia solare, ha toccato svariati porti; a questi due incredibili musicisti non serve visitare la città, gli basta frequentare le zone limitrofe al porto, ascoltare una canzone, farla propria e poi ripartire, prima che un legame che possa trattenerli. Bisogna abbandonare ogni tentativo di distinguere ciò che è culturalmente “nostro” dal “loro” e capire che i suoni vengono tradotti e trasformati, registrando nuove vie dei canti e nuove storie.
I Mombao sono questo tipo di esploratori e non possiamo che augurargli un buon viaggio e buona fortuna, che trovino tanti tesori per noi e che ce li restituiscano a loro modo. Noi staremo sempre a sentirli, al buio, in cerchio, a ballare attorno a due epicentri sonori che diventano una cosa sola.
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