É sempre bellissimo quando ci si innamora di un disco per caso, quando ti arriva qualcosa nelle orecchie che non hai cercato, che non hai voluto, che non risponde a nessun canone di ciò che va di moda o ciò che ha senso nelle classifiche, playlist e varie macchinazioni, che a quanto pare sono molto importanti di questi tempi. “Altrove“, il disco di debutto di Nebbia, arriva così, come uno schiaffo malinconico, come la colonna sonora per la fine del mondo. In un club di provincia, la provincia lombarda che è la peggiore che possiate immaginare, soprattutto d’inverno, immaginatevi questo strano personaggio: un Doctor Who padano con la camicia da cow boy, è Nebbia, l’alter ego di Matteo Bonavitacola che mischia abilmente i suoi ingredienti: il post punk di tutti gli eredi dei Joy Division (simil White Lies che con voce baritonale e synth ci hanno insegnato cosa sia la dance-tristezza), storie malinconiche in contesti simil Blade Runner, ma con tanta nebbia e forse anche qualche risaia, statali notturne e qualche trauma d’adolescenza.
“Altrove” recita il comunicato stampa, è un disco che racconta tutto quello che in qualche modo è altro da sé: le persone, gli amori, i posti da cui si passa. Un insieme di pezzi di vita condensati in un contenitore fatto di synth, atmosfere anni ‘80 e neon tra i capannoni. Un disco dedicato a tutti gli ultimi romantici. E noi di romantico pensavamo ben poco, finchè la voce di Bonavitacola non ci ha accompagnato in questo tunnel di oscura e rassegnata quotidianità, un disco triste che non si può che non accogliere in questo periodo Natalizio. Per noi che non amiamo i parenti, i regali, i sorrisi, i maglioni allegri e anche le lasagne della nonna che tutti continuano ostinatamente ad apprezzare, con quello sguardo falso che si ripresenta a cadenza annuale.
“Altrove” sono quattro tracce, variano dagli ondeggiamenti da un piede all’altro di Texas Ravioli, all’intimità di Ninna Nanna Semplice. Nebbia è un progetto, una sfida, per mettersi a nudo, anche per l’ascoltatore che è costretto ad entrare in quest’oscurità elettronica, con piccole dosi di ironia, quella che usano le persone tristi che non vogliono sembrarlo. Come noi indie-rockers amanti del post punk a Natale.
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