Live report a cura di Giorgia Groccia
Foto a cura di Laragazzadaicapellirossi
Francesco De Leo approda a Roma il 2 febbraio, spalanca le porte di Largo Venue, attende paziente tra i fan l’inizio del suo live, e si gode l’apertura dei CAMPOS -band policromatica che mescola basso, chitarra acustica e percussioni elettroniche- per poi comparire in scena accompagnato dai suoi fedeli musicisti.
Il sound è inconfondibile: quel dream pop, quel salto nel vuoto ripagato, permette a De Leo di essere lui stesso un marchio di fabbrica, un bollino di qualità. Nonostante il tasso alcolemico non indifferente, inizia ad intonare -forse un po’ barcollante ma sempre sul pezzo- Milena e Lucy, per poi passare ad Hangover, brano che esplica tendenzialmente il suo animo ribelle, ma che al tempo stesso palesa una dolcezza confortante che regna sovrana in numerosi brani presenti nel primo album da solista intitolato La Malanoche targato Bomba Dischi.
Segue l’ironica Ammazzati che prosegue citando “…come i fuochi d’artificio, ammazzati giochiamo a baseball con il tuo viso”. Le paroline introdotte in spagnolo e le sonorità sognanti sono ormai fedeli compagne di De Leo che così decide, con il suo nuovo progetto, di abbandonare la ribellione per il sarcasmo, forse in linea con i tempi che corrono. Certo il suo spirito da badboy resta integro e vivido, colpendo i fan nel segno: persone di tutte le età apprezzano sinceramente il sound e le stravaganze che marchiano a fuoco lo stile indelebile del giovanissimo talento.
Susseguono brani come Lo Zoo di Torino che strizza l’occhio al cult del cinema anni ’80 di Edel, per poi passare ad una splendida cover dell’immenso Paolo Conte e a Muse, uno dei brani più apprezzati dell’album, dolce e melodica stride piacevolmente con il testo che pare essere un flusso di coscienza senza filtri apprezzabilissimo, un’impronta decisa che va a delineare la genialità dell’artista.
Il momento più commovente per i fan datati giunge certamente in concomitanza con una versione rivisitata dell’(ormai) evergreen Un fiore per coltello dell’Officina della Camomilla di cui De Leo è stato frontman.
E dopo il “vecchio” arriva l’ultra nuovo, con V, ultimo singolo fuori da pochissimo e già intonato a memoria dai presenti. Una ballata retrò scritta divinamente e ricca di citazioni da accarezzare dolcemente: tra Brigitte e le donne di Godard, De Leo mostra e dimostra di essere un artista che apprezza la vera arte.
Sussegue l’irriverente Caracas e per finire l’altrettanta socialmente scorretta “La tua ragazza non ascolta i Beat Happening” che cita “siamo pieni di droga, siamo pieni di droga”.
Che sia con l’Officina della Camomilla o da solo, che sia sobrio o alticcio, De Leo scrive, canta, ed è un genio. A noi piace così.
What do you think?