Da poco è uscito fugit, il nuovo disco di caspio (Le Siepi Dischi, Believe Digital). L’EP interpreta le diverse sfaccettature del concetto di tempo, quello emotivo, fatto di crisi e consapevolezze, quello universale in cui è impossibile non ritrovarvicisi: c’è un tempo che appartiene ad una generazione, un tempo che ha cambiato tutte le carte in tavola, un tempo per le decisioni, un tempo che scandisce il ritmo sonno-veglia, un tempo presente e un tempo futuro. caspio, ambizioso cantautore elettronico triestino, vuole raccontare, con strofe soffuse e affondi elettronici e oscuri, quei momenti universali che tutti, chi sperduto a Trieste, la città di confine di Caspio, chi invece a sfrecciare in motorino a Roma, chi ad assorbirsi la nebbia padana, possono capire.
Ripenso a come mi volevo io, si ascolta nella prima traccia mai, che ci fa addentrare in un tunnel oscuro di momenti, quelli universali e intensi che ha passato qualsiasi adolescente nella propria cameretta: gli assoluti, il giusto e lo sbagliato, il sentirsi incomprensi come condanna cosmica, i sempre e i mai. caspio è un marasma emotivo di chi ha voglia di esplodere, senza far troppo rumore. Come si fa a spingerti via ci si chiede invece passando a un attimo: la prima cotta, quella devastante, che ha l’odore delle lenzuola di un letto singolo e il suono della sveglia alle 7 di mattina per non perdersi la prima ora di matematica. Non so più chi sei arriva invece bilico: l’amore, quello maturo, quello che abbiamo deciso essere quello “vero”, seguire lo sguardo dell’altro della folla, le discussioni, l’amore che è come un tetris di emozioni, le tue che non sempre si incastrano bene. Calma apparente di domani: quella felicità che non sembra proprio tale, la routine, la vita normale, quella che si rimanda a domani.
L’intento dell’autore è esattamente quello di far percepire all’ascoltatore che ogni cosa ha un suo tempo, un suo momento. La copertina dell’EP rappresenta sia la diversità dei brani, sia l’idea di una stratificazione temporale: è, infatti, lo shot di una bacheca pubblicitaria in cui il tempo ha logorato l’immagine di superficie lasciando intravedere tutte quelle sottostanti, diverse tra loro, sovrapposte, che a loro volta ne erano state la copertina. È lo spaziotempo di un luogo qualunque, in cui il tempo è trascorso lasciando le sue tracce, in cui il tempo è fuggito, lasciando dietro di sé il ricordo di qualcosa che ormai non c’è più e lisciando la superficie per fare spazio a qualcosa di nuovo. Qualcosa come fugit.
Tutto si conclude con non è la fine, rigorosamente minuscolo, silenzioso, una promessa di caspio che promette che tornerà, a dirci cosa ci sarà dopo, una volta che siamo adulti, una volta che nessuno ci dice più cosa dobbiamo fare, cosa fare non lo sappiamo più. Un disco per chi ama il post punk, per chi ama anche i New Order, Bauhaus, per chi ama il punk ma non riuscirebbe mai a immaginarselo in un club, un mix indescrivibile che si candida ad essere uno dei dischi più interessanti della scena underground italiana. Da non perdere!
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