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Gli I Shot A Man ci raccontano il loro progetto musicale

Gli I Shot a Man nascono nel 2014, dall’ostinazione di riprendere il blues dalle origini e suonarlo come se fosse nato oggi. Il risultato è un suono essenziale, incompleto, non rifinito, vicino al mondo in cui il blues è nato, quando gli strumenti erano pochi e arrugginiti, ma in mezzo a quella ferraglia riuscivano a nascere melodie così pure da diventare universali. L’assenza del basso li costringe a inventare arrangiamenti nuovi, a ripensare la ritmica in un dialogo costante tra le percussioni e un fingerpicking vecchio di cent’anni.

Il loro ultimo singolo pubblicato è “I Shot a Man”, antipasto di un nuovo album in uscita a febbraio. Abbiamo intervistato la band per saperne di più:

Chi sono gli I Shot a Man e cosa c’è all’origine di questo nome?

Siamo un trio che cerca di suonare come un’orchestrina. Due chitarre, una batteria e tanto sudore. Ci piaceva il blues e abbiamo provato a riprendere la sua storia dalle origini, e piano piano cercare di reinterpretare i suoi modi, le sue ispirazioni, come se i musicisti che lo hanno inventato vivessero ora. I blues che cantiamo sono i nostri, sono i demoni del nostro tempo, delle nostre vite sempre in bilico tra normalità e assurdità.

Il nome della band è stato preso dal testo di una canzone che ci piaceva suonare da piccoli, Folsom Prison Blues di Johnny Cash. Il verso “I shot a man in Reno” è diventato “I shot a man in Torino”, la nostra città, et voilà. Abbiamo poi iniziato a pensare che la programmazione di un nostro eventuale tour sarebbe stata divertente da leggere: “I Shot a Man in Torino, I Shot a Man in Milano, Roma…” quanti cadaveri ci saremmo lasciati alle spalle!

Insomma, è iniziata con una battuta e nemmeno delle migliori. Non sapevamo neanche che saremmo realmente diventati una band e poi ci è rimasto. Inoltre, ⅔ della nostra band è composta da videomaker e “to shoot” può significare anche fotografare/filmare.

 

Come descrivereste la scena blues in Italia?

Sicuramente viva e probabilmente in evoluzione. Basta guardare l’etichetta che ci ha accolti, Bloos Records, che sta raccogliendo diverse realtà blues che non si accontentano più di suonare le cover, ma interpretano il genere e cercano di offrirne una lettura attuale.

Nei decenni passati i musicisti di blues in Italia vivevano con molto rispetto e riverenza la loro passione per il blues, e hanno suonato con un’attenzione quasi filologica la musica dei loro miti, contribuendo a portarla avanti e preservarla. Sono i nostri maestri, quelli da cui abbiamo imparato. In questo momento una nuova generazione di musicisti di blues si sta affermando con una certa discontinuità rispetto alla precedente, raccogliendo le influenze che quest’epoca ci porta. Il blues si sta contaminando di mille altri generi, di suoni e ispirazioni che non avevamo mai immaginato di sentire.

 

Quali sono le influenze che caratterizzano maggiormente il vostro nuovo singolo Arnold Wolf?

I ritmi ossessivi dell’Hill Country Blues e i suoni della scena di Nashville coi suoi Black Keys sono stati la grande ispirazione a livello musicale. Il brano è nato praticamente durante una jam session. “Arnold Wolf” inizia con un riff di chitarra elettrica. Anzi, inizia dal suono stesso della chitarra elettrica di Domenico. È il suono che ha stabilito cosa poteva stare nel brano. È una vecchia chitarra elettrica, ingrassata da un octaver, saturata da una texture quasi elettronica. Simone alla batteria intuisce che il pezzo non deve correre, ma deve essere ripetitivo e immobile. Manuel improvvisa qualche linea vocale, e tutto prende forma.

 

C’è un messaggio che vorreste trasmettere con questo pezzo?

Arnold è un personaggio fittizio, rappresenta quella “vecchia guardia”, che non molla la presa, piena di stereotipi stantii. è un ex pugile. Ha sessant’anni, è un uomo all’antica, dice. È eccessivo, sembra uscito da un film degli anni ‘70. Scrivendo questo manifesto dell’old fashioned man ci ridiamo su e invitiamo a riconsiderare la figura del pugile e delle pugilesse, e in fin dei conti di quanto sia fuori tempo massimo oggi irrigidirsi su modi di pensare che ormai sono stati sorpassati da una società in divenire.

 

Prossimi progetti?

“Arnold Wolf“ è solo l’antipasto di un nuovo album in uscita a Febbraio 2024. Sarà preceduto da un secondo singolo e un videoclip musicale. Il nuovo album segnerà anche ufficialmente il ritorno ai live. Ci piace comporre e lavorare in studio, ma la nostra casa è il palco, e siamo elettrizzati dall’idea che presto dovremo svegliarci all’alba, caricare gli strumenti sul furgone e partire per nuovi concerti. Nel 2024, accanto all’uscita dell’album e ai live, ci saranno dei nuovi progetti in cui la musica si fonderà con altre arti, e riguarderanno la storia delle origini del blues. Non possiamo dire altro!

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