Andreacarlo, cantautore milanese recentemente protagonista del progetto 17 fili rossi +1, ci porta con lui in studio dove è nato il suo nuovo singolo Due Lune con Promo L’Inverso e R.E.D.
Andrea, il tuo nuovo singolo si chiama Due Lune. Ci racconti innanzitutto dove l’hai scritto?
Ho scritto la canzone di notte, prima nella mia testa mentre portavo il cane a fare una passeggiata dopo essere rientrato dalla sala prove e da una lunga chiacchierata con il mio bassista a proposito del femminicidio di Giulia Cecchettin, e poi l’ho completata appena salito a casa.
Come si è strutturato il processo creativo del pezzo? Hai scritto prima la musica o il testo?
In realtà, entrambe contemporaneamente; ho scritto il testo mentre immaginavo la melodia e me la cantavo mentalmente, ho fissato la parte musicale con una nota vocale, e poi l’ho finalizzata in seguito, con lo strumento in mano.
Quali erano i tuoi pensieri mentre componevi la canzone? Alcuni di questi hanno influenzato sonorità e liriche?
Il testo della canzone è molto forte e riguarda un argomento molto sentito e molto dibattuto, come detto prima. L’idea del titolo mi è arrivata dal mio bassista, la frase “due lune, una finta e una vera” è sua, mi stava raccontando di una trasmissione televisiva nella quale si celebrano matrimoni trash; in uno di questi matrimoni era stata allestita una scenografia grottesca, una enorme e una finta che quasi affiancava il cielo, quella reale. Durante la serata, in precedenza, avevamo dibattuto a lungo sul femminicidio di Giulia Cecchettin e sulle responsabilità del mondo maschile. Ho unito le riflessioni al titolo.
Che artisti stavi ascoltando mentre scrivevi Due Lune?
In quel periodo stavo ascoltando parecchio l’ultimo disco di Peter Gabriel, I/O. Non credo però che ci siano delle influenze, a parte forse un certosino lavoro sulle tre linee di pianoforte, una delle quali con molto delay e metallizer. Per il resto la canzone ha, come sempre nei miei brani, dei voluti riferimenti al pop italiano degli anni ’80.
Come si è svolto invece il processo di registrazione e produzione del pezzo? È cambiato qualcosa nel brano rispetto al momento in cui è stato scritto?
Il processo di produzione è stato lungo e travagliato: il brano è nato in un modo e si è sviluppato per diversi mesi con la mia band. A dire la verità anche con il contributo esterno di Gianfranco D’Adda, ex batterista di Franco Battiato, sulle percussioni. Poi però durante le sessioni di prova hanno cominciato ad arrivare in particolare dal bassista delle proposte differenti che hanno fatto sì che concretamente mi sono trovato ad avere due versioni: una, quella tradizionale, che uscirà nel 2025, e un’altra che non sapevamo bene come chiamare perché c’era questo basso molto urban, come si direbbe oggi, e una mia chitarra acustica in controtempo che non c’azzeccava niente con il pianoforte, scheletro del brano. Ho quindi separato i due progetti e ho pensato che ci voleva una mano diversa per la versione alternativa. Sono entrato in contatto tramite quella che poi è diventata la voce femminile del brano, con il produttore Promo L’Inverso, un producer rap-urban che una volta sentita la canzone ci si appassionato e si è occupato dunque dell’arrangiamento, partendo dai pochi elementi che gli ho dato. Nella mia mente c’era quella di trovare una voce femminile, e abbiamo concluso il tutto con le registrazioni vocali di R.E.D.
Qual è la tua parte preferita e quella che ti piace di meno dell’intero processo di nascita di un brano, dall’ideazione alla sua incisione?
Devo essere sincero: a me piace lavorare da solo. La cosa che mi piace di più è quando il brano nasce nella mia testa, i primi giorni di produzione, quando di fatto butto giù prima lo scheletro e poi vado ad arricchirlo. Sono un buon arrangiatore: a volte in pratica concludo il brano prima di presentarlo alla band. Questo però è anche il mio limite, perché nel 99% dei casi il loro intervento, soprattutto quello del bassista e del chitarrista, migliora i pezzi, anche perché entrambi hanno un’ottima sensibilità e si sintonizzano facilmente su ciò che io voglio dire. Quindi, in realtà, quello che mi piace di meno è staccarmi dalle mie idee originali, mettendo un po’ anche nelle loro mani la possibilità di intervenire sul brano, ma alla fine dei giochi mi rendo sempre conto che il loro contributo è sempre positivo.
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