SECHI, già noto con lo pseudonimo di Mike Baker, ci porta con lui in studio per parlarci della nascita del suo nuovo singolo Aria.
Sechi, il tuo nuovo singolo si chiama Aria. Ci racconti innanzitutto dove l’hai scritto?
Aria è nata per puro caso il 7 aprile 2023, sù nella mia soffitta che sarebbe un po’ la mia tana, diciamo: lì ho il mio home studio e ci passo la maggior parte delle giornate, è un posto molto accogliente con tanto di tappeto verde chiaro con ricami bianchi e dorati, lampade soffuse, led sul soffitto e qualche pianta che ogni tanto mi scordo di annacquare. L’unica pecca è che d’estate ci muori di caldo, ho una piccola finestrella sul tetto da poter aprire quando la situazione si fa ingestibile, però lì nascono tutte le mie canzoni.
Come si è strutturato il processo creativo del pezzo? Hai scritto prima la musica o il testo?
Ho scritto in primis la musica: non riesco a scrivere qualcosa se prima non ho in testa la parte musicale, d’altronde nasco prima di tutto come musicista e poi come cantautore. Dopo aver fatto la parte strumentale (giusto gli elementi principali per il mood) ho iniziato a creare la melodia del ritornello; tutti creano top-line in fake English, ma per questa canzone ricordo di averlo fatto in fake Italian, quindi inizialmente avevo messo parole senza senso e create da me giusto per avere un’idea di come volevo che suonassero le parole, dopo di che ho scritto il testo definitivo del ritornello per poi continuare a creare le strofe con lo stesso modus operandi.
Quali erano i tuoi pensieri mentre componevi la canzone? Alcuni di questi hanno influenzato sonorità e liriche?
Ero molto influenzato da quel momento della mia vita, dalla relazione sentimentale e dalla depressione, ma non volevo darle troppa luce all’interno della canzone, piuttosto ho preferito scrivere una sorta di dedica d’amore alla mia ragazza, per il modo in cui mi ha aiutato a condividere e a convivere con quel malessere. Lei è stata molto presente, mi ha aiutato molto, era come se fosse un appiglio, una bolla d’aria sotto al mio mare blu.
Che artisti stavi ascoltando mentre scrivevi Aria?
Aria l’ho scritta in un periodo dove non ascoltavo più musica, non per scelta ma semplicemente perché non mi veniva di farlo: ero apatico, quindi possiamo dire che non avevo nessuna referenza. Credo che la canzone in sé sia frutto di tutte quelle influenze artistiche che ho immagazzinato negli anni fino a quel momento.
Come si è svolto invece il processo di registrazione e produzione del pezzo? È cambiato qualcosa nel brano rispetto al momento in cui è stato scritto?
Non è cambiato molto rispetto a come magari mi succedeva un paio di anni fa: ora avendo un home studio sù in soffitta riesco a dare già inizialmente il vestito e una direzione specifica alla canzone, per poi andare in studio con le idee chiare. Mi definisco un po’ un esteta (credo come la maggior parte degli artisti) e sono purtroppo anche un perfezionista, quindi faccio molta attenzione ai dettagli, ho la necessità di curare in prima persona ogni aspetto del mio progetto e quindi anche quello di registrazione. Una volta chiusa la demo, l’ho portata in studio a Carrara dove con il mio team l’abbiamo riarrangiata e ridefinita.
Qual è la tua parte preferita e quella che ti piace di meno dell’intero processo di nascita di un brano, dall’ideazione alla sua incisione?
La parte che preferisco è la creazione della canzone, è lì che provo tutte le emozioni più forti, è come se quella parte del processo fosse una specie di droga, una sostanza che mi fa sentire vivo. La parte che invece mi piace meno è la fase di mix. Darò colpa al mio perfezionismo, ma volendo sempre stare lì a curare i dettagli, spesso e volentieri il mio orecchio familiarizza troppo con la canzone e dunque è come se venisse consumata più del dovuto e di conseguenza perde un po’ di quella magia che aveva inizialmente.
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