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Quando ho incontrato TGP: Fran e i Pensieri Molesti

“Il nostro spettacolo non è un semplice concerto, ma una vera e propria performance.”

Intervista a cura di Angela Ieriti

Il nuovo disco della band torinese Fran e i Pensieri Molesti si intitola Anomalia ed è uscito lo scorso 25 ottobre, anticipato dai due singoli Mania e Verderame.La band presenterà il nuovo disco live per la prima volta il prossimo 20 dicembre all’Hiroshima Mon Amour, locale simbolo della loro città.

 

 

Per saperne di più su Anomalia e sullo spettacolo che stanno preparando, abbiamo fatto loro qualche domanda.

 

Ciao ragazzi, partiamo dalle origini.

Come vi siete incontrati e come mai avete scelto questo nome così particolare?

Ciao! Ci siamo incontrati nel 2016, e in realtà i membri originari sono Fran e Lorenzo, rispettivamente cantante e – ai tempi – organettista; solo successivamente si sono uniti Jacopo e Roberto, percussionista e contrabbassista. Il nome ha due storie, una filosofica e una più pratica: “pensieri molesti” perché i testi delle canzoni hanno sempre avuto un po’ l’intento di stuzzicare l’ascoltatore e farlo riflettere su vari argomenti, turbando per un attimo la sua monotona quotidianità; sul piano pratico, un giorno abbiamo trovato uno di quei grattacapi orientali e, niente, ci è piaciuto particolarmente e abbiamo cercato dei sinonimi! “Fran” è nel nome perché i testi delle canzoni e le melodie sono tutte scritte da Francesca.

 

 

Il vostro ultimo album presenta diversi racconti. Cosa vi spinge a narrare in maniera così minuziosa una storia? Come sono nate queste canzoni?

Sì, le canzoni sono tante storie diverse che però hanno un filo comune: l’anomalia, la diversità. Sentiamo il bisogno, in tempi frenetici e complicati come quelli in cui viviamo, di fermarci un attimo e di osservare, che non significa semplicemente vedere. Significa scavare a fondo, domandarsi e domandare, ascoltare e poi raccontare le storie di chi non ha voce. Ogni storia è particolare, qualcuna nasce da problemi psicologici e relazionali (Mania), altre da esperienze con case di prima accoglienza per le prostitute (Lucciole), altre ancora da persone che al supermercato parlano con un “amico immaginario” (Phil).

 

Quali sono le sensazioni e le emozioni, il messaggio che volete comunicare al vostro pubblico con questo nuovo album?

I messaggi sono tanti e diversi, perché ogni storia, alla fine, ha il suo perché. Legàmi, ad esempio, racconta la storia di una relazione d’amore che pian piano diventa una relazione fatta di violenza, violenza di genere. Anemone invece parla dei giudizi affrettati e dei pregiudizi nei confronti di chi è diverso, ma allo stesso tempo della fragilità di ognuno di noi. Poi ci sono anche canzoni più sentimentali ed emotive come La Luna su Torino, che racconta un amore non corrisposto e Verderame, la prima vera canzone d’amore di Fran con un lieto fine.

 

 

Quale è il sentimento principale che vi spinge a trasformare un pensiero in musica?

Sembrerà una risposta banale, però si tratta dell’amore. L’amore per quello che facciamo, l’amore per gli altri. In questo caso l’amore si manifesta sottoforma di attenzione, di interesse verso qualcuno o qualcosa. Verso una tematica, verso quelle persone che, per un motivo o per un altro, sono sole, sono poste ai margini della società o sono discriminate. Poi chissà cosa succederà da qui in avanti, magari il prossimo album sarà ispirato dal rancore o dalla ferocia. No, dai, scherziamo, speriamo di no! Ahaha.

 

Per una band conta molto la dimensione live? Per voi cosa significa suonare dal vivo e cosa vi portate dietro con le vostre esperienze live?

Per una band come la nostra la dimensione live significa quasi tutto. Il palco è un po’ il nostro mondo, il posto dove ci sentiamo noi stessi. Suonare dal vivo è questo per noi, trasferire davanti a un pubblico ciò che abbiamo scritto in studio. Il nostro spettacolo non è un semplice concerto, ma una vera e propria performance che vede la compresenza di musica, visual e coreografie. E poi l’energia che abbiamo sul palco è uno dei nostri punti di forza, o almeno così ci dicono da sempre!

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