“Non siamo sicuri di avere qualcosa da dire al mondo. Ci accontentiamo di dire qualcosa a noi stessi.”
Intervista a cura di Angela Ieriti
Il progetto Frigo nasce nel 2016 come evoluzione pop cantautorale della band Fabrizio Frigo and the Frezeers, che si era già fatta notare negli anni precedenti per aperture a concerti di Elio e Le Storie Tese, Marta sui Tubi e Piotta tra gli altri.
L’album d’esordio di questa nuova avventura di Fabrizio Frigo è uscito il 12 aprile scorso per La Clinica Dischi/Luovo di iCompany e contiene canzoni già premiate quando ancora inedite. Ricordiamo in particolare Quando Tu Non ci Sei e Vento da Maiali, vincitori del Premio Ciampi per i migliori brani inediti.
Il progetto ci sembra in rampa di lancio e dunque abbiamo deciso di cercare di conoscerlo meglio.
Come vi siete avvicinati alla musica e quando avete capito di avere qualcosa da dire in questo mondo?
I primi ricordi di musica sono la sigla dell’eurovisione e la sigla di dribbling. In un certo senso, la musica ti arriva addosso, che tu voglia o no. E ti cambia. Poi con l’età della ragione ci siamo accorti che a ributtare indietro questa musica riesci a capire meglio quello che vivi. Non siamo sicuri di avere qualcosa da dire al mondo. Ci accontentiamo di dire qualcosa a noi stessi. Male che vada, ci fa bene. Se poi fa bene anche ad altri tanto meglio.
Come avete scelto il nome “Frigo”?
Siamo un Frigo pieno di avanzi. Ogni volta lo apriamo e ci inventiamo un piatto nuovo, o una canzone nuova, con tutto quello che ci troviamo. Scrivere canzoni è una forma di ecologismo mentale. E’ un modo di non lasciar andare come se nulla fosse le emozioni che ci attraversano. E’ un modo di cercare un senso.
Quali sono i temi che trattate nel vostro nuovo album “Non Importa”?
Nel nostro disco Non importa c’è la felicità improvvisa un martedi pomeriggio e la malinconia improvvisa un mercoledi sera, l’ansia del lunedi mattina, la nostalgia dell’estate, del primo amore, delle lasagne della nonna. Tutte cose che non importano, eppure contano. Tutte le emozioni che entrano ed escono nelle nostre giornate forse non cambiano quello che facciamo, ma spesso ne cambiano il senso. E quando a fine giornata ti trovi a raccontare cosa hai fatto, ecco che senza quelle emozioni ti sembra di non vissuto.
Com’è avvenuto il vostro incontro con la vostra casa discografica La Clinica Dischi?
In realtà cercavamo solo una clinica. Poi abbiamo scoperto che facevano dischi e da lì ne è uscito il nostro album. Nostro malgrado. Perché il disco ci piace, ma noi non ci sentiamo affatto meglio. Scherzi a parte, nel modo più banale possibile. Inviando una mail. Da lì la cosa è evoluta. La Clinica Dischi è diventato il nostro managment e il disco è stato prodotto da Luovo di iCompany. Come sempre ci vuole un po’ di culo nella vita.
Quali sono gli artisti che vi hanno influenzato maggiormente nel vostro modo di fare musica?
Siamo stati condizionati in prima battuta dal pop sanremese italiano degli anni 80 e 90. In macchina da piccolo, mia madre teneva una cassetta con su scritto Beatles. Ma dentro c’era un disco di Umberto Tozzi. Non puoi non rimanerne segnato. Poi col tempo abbiamo iniziato ad amare Battiato, Dalla e soprattutto Enzo Jannacci, francamente un artista veramente impareggiabile.
Cosa vi aspetta nel prossimo futuro? Qualche data in giro per l’Italia?
Quest’estate saremo in giro in vari festival e da Ottobre parte il tour nei club. Ci toglierà il sonno e abbasserà la nostra aspettativa di vita. Ma ci piace tanto così.
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