Larèt, le bombe a mano, gli abbracci che fanno male.
Intervista a cura di Giorgia Groccia
“Le bombe a mano, che fanno male come quando ci abbracciamo.”. Esordisce così Larèt, al secolo Valentina, nel suo ultimo singolo fuori il 30 dicembre per Romolo Dischi, distribuzione Pirames International.
Il brano è di una delicatezza disarmante, perché a volte, con certe persone, vi è un maggior impeto intrinseco in un abbraccio che non nel lasciarle andare via; il passato in sospeso e fare i conti con il bilico, le stanze strette e i vuoti diviene un’altalena, un girotondo fanciullesco in cui Valentina non sente se stessa, piuttosto percepisce un dintorno caldo e accogliente da cui tornare, pur sempre nel suo campo minato. Ed il brano è un campo minato di emozioni forti e schiaffi in faccia rilasciati come fossero carezze, una bilancia spontanea ma efficace che investe non l’udito ma l’anima, se ne abbiamo una, e Larèt crede fermamente sia così.
Abbiamo incontrato Valentina, eccone il risultato:
“Bombe a Mano” è il tuo ultimo singolo. Ci parli della genesi di questo brano?”
Ho scritto il testo di Bombe a Mano in treno verso Torino, verso RKH Studio, dove ho prodotto alcuni brani. Seduta, con il mondo fuori che scorreva velocissimo dai finestrini, ho pensato a certe nostalgie e il testo è venuto fuori da solo. E pure la musica, come se mi fosse arrivata nella testa, completa di parole.
Stavo andando a Torino per lavorare un altro pezzo. E invece, alla fine, ho registrato Bombe a Mano.
Vi è un collegamento tra i precedenti singoli e bombe a mano?
Il collegamento principale è il tentativo alla base di cercare di essere onesta, di parlare di me, dei miei vissuti, di pensieri che mi attraversano la mente, la pelle e il cuore. Senza cercare troppo lontano.
Anche un certo tipo di andamento, di atmosfera, credo sia riconoscibile, seppure in evoluzione.
Come definiresti la tua musica in tre parole?
Sincera, Aperta, In evoluzione. Quattro parole!
Quali sono i tre album che ti hanno cambiato la vita e perché?
Rispondo a questa domanda con vergogna e coraggio e dico:
Laura Pausini, che conteneva La Solitudine, il primo brano che io abbia mai cantato, a 4 anni. Ho scoperto grazie a quella canzone di avere un amore spropositato per la voce. Ebbene, sì. Songs in A minor di Alicia Keys, che mi ha appassionata al canto soul, in tutte le sue forme/modi/contenuti. E poi un vinile di mio nonno, di cui non ricordo il titolo. Suonava Il Mondo di Jimmy Fontana. E mi coccolava di speranze e parole pulite.
La tua musica è strutturata per immagini. Ci racconti da cosa parti per scrivere un brano ?
In effetti, proprio dalle immagini. Porto sempre con me un quaderno su cui appunto impressioni, sensazioni e pensieri. Spesso scrivo in forma di testo senza rendermene conto e risistemo le parole in un secondo momento. Quasi mai dalla musica, in effetti. Quasi sempre dalle parole prende avvio un mio brano.
Come pensi potrà evolversi il tuo progetto musicale?
Ho da poco sperimentato una nuova formazione, in cui utilizzo synth e pad elettronici. Mi piace questo nuovo vestito per i miei brani. Mi piacerebbe continuare in questa direzione, verso un soul elettronico, pop.
Se dovessi definire la libertà d’espressione nel nostro secolo, come la definiresti ?
Libertà d’espressione nel nostro secolo, direi, che è il coraggio di restare tolleranti, nonostante tutto.
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