“Napoli entra, anche involontariamente, dentro a tutte le mie canzoni.”
Intervista a cura di Giorgia Groccia
Nove Sigarette, quelle fumate di fretta, quelle nervosa che sanno anche un po’ di malinconia; LUK, cantautore napoletano classe ’91, ha svelato un po’ del suo mondo interiore nella nostra intervista.
C’è una grande sperimentazione nel primo lavoro di LUK e non è dettata unicamente dalla sua ricerca sonora. Seppur mantiene fedelmente le basi della musica elettronica, in questo album spazzia, si diverte a ricercare, provare, giocare e si da, come ogni artista dovrebbe fare, il diritto di fallire, se è necessario. Un passaggio obbligatorio per chiunque non voglia rimanere nel proprio orticello.
Lucio Dalla su tutti ha cambiato irrimediabilmente la sua vita ed è colpa sua se oggi prova a scrivere le canzoni. Ad un certo punto, dopo aver passato anni ad esibirsi con il piano o in situazioni acustiche, ha sentito il bisogno dell’elettronica e di suoni diversi.
La dichiarazione di intenti di LUK è il linguaggio diretto, la descrizione di immaginari urbani veri, i suoni distorti e una voce disperata. Il suo primo disco Nove Sigarette racchiude tutto ciò che ha sentito dentro la pancia in questi ventinove anni.
Il tuo album si intitola “Nove sigarette”, la title track cita “Piazza San Domenico che ha voluto sempre bene” , cosa rappresenta per te Napoli? La città dove sei nato e cresciuto…
Napoli entra, anche involontariamente, dentro a tutte le mie canzoni. È una città che fa da sfondo a tutte le storie che provo a mettere in musica ed è una ispirazione, nel bene e nel male.
Hai mai avuto voglia di andare via?
Non vorrei vivere altrove. Mi piace viaggiare quando capita, conoscere e respirare nuovi luoghi e lasciarmi affascinare da abitudini diverse, ma Napoli resta casa, il posto che sento mio.
“Nove sigarette” è un brano a cavallo tra elettronica e cantautorato. C’è una grande sperimentazione, non solo dettata dalla ricerca sonora ma anche dalla ricerca delle parole. Come hai trovato il giusto equilibrio?
È una canzone molto legata a quella che può essere definita la canzone d’autore. Ovviamente il disco aveva una linea ben definita dal punto di vista sonoro e insieme a Massimo Blindur De Vita e Paolo Alberta, i produttori artistici dell’album, abbiamo provato a cercare questa continuità anche nei confronti dei brani più “classici” come “Lune storte”, “voce001” e appunto “Nove sigarette”, sperando di esserci riusciti.
Quale file-rouge collega tutti i brani?
Il punto che collega tutti i brani è il senso di inquietudine e di profondo smarrimento, tipico di chi sta per compiere trent’anni. La via di mezzo tra la gioventù e il mondo adulto è spesso motivo di spavento, rabbia, dubbi e disillusione.
Perché hai deciso di dedicare una canzone proprio al grande Lucio Battisti?
Lucio Battisti è sicuramente il cantautore più influente che abbiamo avuto. Uno di quegli artisti che con le sue canzoni torna ciclicamente nella vita di ognuno di noi. La canzone non parla propriamente di Lucio Battisti, che è solo un riferimento in un’altra storia. Un riferimento però fondamentale.
“Mi tremano le gambe tra i tuoi lividi e la mia disallegria” canti in Lune storte, traccia contenuta nell’album. Come è nata questa canzone?
“Lune storte” è l’unica vecchia canzone di questo disco. Un brano scritto nel lontano 2013 che racconta la fine imminente di una storia d’amore e tutte le nostalgie che ne conseguono. È una canzone che mi ha regalato tante soddisfazioni pur non essendo mai stata pubblicata in una versione studio. La sua presenza in “Nove sigarette” è una sorta di atto di riconoscenza.
In questo momento di grande difficoltà per tutti noi, per la musica, per i concerti, per l’arte e l’allegria, quale messaggio ti senti di lanciare a chi ci sta leggendo?
C’è bisogno di essere positivi e di grande senso civico. Dobbiamo tutti dare una mano seguendo semplicemente tutte le direttive che ci hanno imposto per la nostra salute. Molto presto ritorneremo a suonare più forte che mai.
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