“Ho l’emergenza di scrivere canzoni perché la musica mi è terapeutica!“
Intervista a cura di Angela Ieriti
Paolantonio è un cantautore catanese che, trasferitosi a Milano qualche anno fa, ha iniziato a far sentire la propria musica suonando per strada e allietando i passanti con le proprie opere. Il suo primo vero palco milanese, come spesso ama ricordare è stato il palco speciale di Officine Buone all’Istituto dei Tumori di Milano, un palco emozionante con un pubblico straordinario costituito dai malati e dai loro amici e parenti, da persone con un’anima ferita e per questo ancora più bramosa di musica.
I palchi importanti, con il passare del tempo, poi si sono moltiplicati, fino a giungere, nel 2019 al proscenio dello Sferisterio di Macerata tra i vincitori di Musicultura, con una struggente canzone dedicata al compianto ricercatore italiano Giulio Regeni.
Il 2020 poi, porta un’altra commovente canzone, L’Unità d’Italia, edito per TAIGA e uscito in piena emergenza coronavirus per ricordarci che, anche con il distanziamento sociale imposto, è l’unione d’intenti a fare la forza.
Abbiamo avuto l’opportunità di scambiare qualche battuta con lui.
Ciao Paolantonio come stai? Raccontaci come è nata la tua voglia di raccontare e scrivere canzoni.
Ciao Angela, sto bene, come si sta bene ai tempi del lock down, cioè la salute ok ma tutto il resto è un disastro. Andrà tutto bene? Andrà come andrà. Mi piace, però, pensare alla ripartenza: alla possibilità di ricostruire tutto. Non sarà difficile fare meglio di prima.
Non so dirti come sia nata, forse poi non è neanche una voglia… me la vivo più come una condanna. Ho provato a smettere una volta, ma niente da fare.
Tu sei siciliano. Quanto contano le tue origini e in qualche modo influenzano la tua scrittura?
Qualcuno dice di aver avvertito una certa sicilianità nei miei brani, ma io non ne sono consapevole, ed è anche abbastanza normale tutto ciò. Certamente si sviluppa una sensibilità diversa se si cresce in un paesino della provincia di Catania o in una grande metropoli. Credo che più delle origini siciliane, mi abbia influenzato un’adolescenza in provincia.
Come è stato il tuo percorso di crowdfunding e sei soddisfatto dei risultati raggiunti per il tuo album?
Ho avuto conferma che gli altri credono in me più di quanto ci creda io. Ho questo problema con l’autostima da risolvere e i risultati pazzeschi di questo crowdfunding ancora non me li so spiegare.
La tua ultima canzone che si intitola “L’Unità d’Italia”, è un omaggio all’Italia e descrive benissimo il periodo che stiamo vivendo. Hai ottenuto tantissimi consensi e hai collaborato con dei grandi della musica. Dicci un po’ come è andata.
“L’Unità d’Italia” è nata a ottobre e non aveva nulla a che fare né con l’Italia né col periodo che stiamo vivendo. Esprimeva il mio disagio di fuori sede, il mio desiderio di mettere le ali che è diventato paura di perdere le radici. In questi giorni assurdi è diventato una sorta di inno perché percepiamo fortissima la nostra precarietà e abbiamo bisogno di “tornare, per trovare un po’ di noi”; siamo tutti un po’ fuori sede insomma. È bello quando le canzoni prendono un altro significato a seconda di chi le ascolta e di quando le ascolta. Persino per me, il significato de “L’Unità d’Italia” è cambiato negli ultimi due mesi.
Arrangiare i brani insieme a un altro cantautore, Giuliano Dottori, mi ha fatto sentire capito come mai prima d’ora. È stato davvero molto più che un produttore artistico.
Poi è arrivato Taketo Gohara, che ha mixato l’album. Lo conoscevo grazie ai dischi di Brunori (poi ho scoperto su wikipedia tutto il resto) e desideravo lavorare con lui. Giuliano gli ha mandato i rough mix e lui si è innamorato di queste 8 canzoni. Ha fatto un lavoro incredibile sulla mia voce e ha dato un sapore nuovo a tutto il disco. Taketo è uno che sa dove mettere le mani, però ci mette prima l’anima.
E che ci dici del videoclip? Abbiamo visto tanti volti noti: Eugenio in Via di Gioia, Selton, Michela Giraud, Marco Maccarini, Pierdavide Carone…
Il video raccoglie quasi una settantina di videochat che ho fatto nelle prime settimane di quarantena. Ci sono tanti artisti ma anche i miei genitori e persone da ogni dove. È stato bello parlare con così tante persone, mi ha proprio salvato la vita in quei giorni. Ho registrato tutto con lo screen recorder del telefono e non pensavo che si potesse riuscire a ricavarne un buon videoclip. Poi la mia etichetta ha chiamato Giacomo Triglia, pure lui fidatissimo di Brunori e di tanti altri grandi (Colapesce, Michielin, Ligabue…). Giacomo ha saputo creare, da quelle clip casalinghe, un video davvero intenso, emozionante, prezioso.
Importante anche la collaborazione con officine buone, un’associazione di cui abbiamo avuto modo di parlare e che noi adoriamo. Pensi che la musica abbia un valore curativo verso gli altri e verso noi stessi?
Ah, ecco, in questa domanda trovo una risposta: ho l’emergenza di scrivere canzoni perché la musica mi è terapeutica!
Officine Buone, con il suo Special Stage, mi ha dato il primo palco su cui esibirmi quando ero appena arrivato a Milano, 3 anni fa, e non conoscevo nessuno. Un palco speciale: in un ospedale! Quell’esperienza mi ha fatto percepire la musica e il senso di farla in un modo nuovo, ha annichilito ogni velleità da egocentrico artista e ha aperto una comunicazione cuore a cuore con il pubblico.
Devo a Officine Buone – e fate bene ad adorarli – molto merito della mia crescita come artista e come persona. Questo singolo, “L’Unità d’Italia”, nasce sotto la buona stella di OB.
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