“Ogni pezzo di “Filtro” rappresenta una faccia di un’ansia molto personale”
Intervista a cura di Davide Lucarelli
I Tenue sono la nuova scommessa emo gaze di casa V4V Records.
Ieri, 28 febbraio, è stato pubblicato il loro primo album, Filtro, un disco dalle sonorità cupe e rabbiose, che racconta diverse sfaccettature dell’ansia che spesso accompagna l’età che porta dall’adolescenza alla giovinezza. Le emozioni sono raccontate senza filtri e senza timore con sonorità punk, che a tratti si ammorbidiscono per strizzare l’occhio al pop.
Abbiamo avuto l’opportunità di scoprire qualcosa in più riguardo la band rivolgendo loro qualche domanda.
Ciao ragazzi! Partiamo, cronologicamente, dall’inizio… Il progetto “Tenue” è relativamente giovane, nasce infatti circa due anni fa. Qual è stata la scintilla che ha acceso in voi la voglia di fare musica insieme?
C’è stato qualcosa di naturale che ci ha tenuti insieme fin dall’inizio, nonostante non ci conoscessimo e non sapessimo nulla l’uno dell’altro. Siamo stati in grado di convincerci in poco tempo che fossimo le persone giuste al momento giusto, ci siamo fidati a vicenda fino a decidere di scrivere un album insieme.
Il dizionario dice che “tenue” vuol dire “sottile o poco denso, con un’idea di delicatezza, leggerezza e trasparenza” … è più o meno il contrario della definizione che io darei della vostra musica. Come avete scelto questo nome antitetico rispetto al vostro genere?
Il nome Tenue è stato scelto ancor prima di ritenerci un gruppo. La proposta è nata nei momenti meno seri e meno sobri, credevamo in parte che il contrasto evidente con ciò che stavamo suonando rendesse il tutto poco credibile, dall’altro lato “tenue” centrava perfettamente l’intenzione che c’era dietro le nostre scelte e i nostri modi di fare.
Dopo un po’ d’imbarazzo iniziale l’abbiamo cucito addosso.
Nel vostro disco di esordio, “Filtro”, ho apprezzato il fatto che i suoni rock siano accompagnati da testi interessanti e non banali (cosa che accade, purtroppo, raramente in questo genere). Come avviene il processo di scrittura dei vostri testi? Li scrivete tutti insieme o questo compito è affidato a qualcuno in particolare?
I testi li scrive Antimo, in genere nascono dall’unione di ricordi simili tra loro o da immagini precise tradotte in parole, il tutto appuntato e conservato in maniera caotica. Interi testi o solo stralci di essi vengono poi adattati alle improvvisazioni strumentali che registriamo insieme in saletta.
A parte poche eccezioni, scriviamo testo e musica in due momenti diversi.
Qual è, per voi, il fil rouge che lega tutte le canzoni di “Filtro”?
Ogni pezzo di “Filtro” rappresenta una faccia di un’ansia molto personale, che allo stesso tempo vediamo come fenomeno generazionale.
Tutti i testi sono stati scritti con l’intento di parlare a chi è colpito da questo stato di confusione, paura, insoddisfazione, che nei casi peggiori sfocia in depressione.
Per chi vive in queste circostanze è difficile comunicare con gli altri, il più delle volte prevale l’incomprensione;
speriamo che quest’album possa essere di conforto per chi lo ascolta.
Essendo una band, posso immaginare che per voi la dimensione live sia molto importante. Vi va di descrivermi quali sono le vostre sensazioni prima di salire sul palco? Avete un rito scaramantico o qualche consuetudine tutta vostra?
Difficile parlare di “consuetudini”, abbiamo pochi live all’attivo, cosa che ci rende ancora più impazienti di partire per il nostro primo tour.
Se da un lato il bisogno intimo di uno sfogo ha spinto alla scrittura dell’album, dall’altro la voglia di stare su un palco, a stretto contatto con le persone, ci ha spinti a diventare un gruppo.
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