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Quando ho incontrato TGP: Veronica

“Questo brano parla di me e del mio acerrimo nemico, il bullismo.”

Intervista a cura di Giorgia Groccia

Veronica, poliedrica artista campana, esce allo scoperto con Kaleidoscopio, singolo di debutto distribuito da KeyMusic e prodotto da Cantieri Sonori, scritto in collaborazione con Marco Cangiula, in arte André. Il brano, incentrato sulle sensazioni provate dalle vittime di bullismo, non appare per nulla buonista, piuttosto si manifesta pregno di significato, con una carica ed una spinta verso l’alto non indifferenti. Il brano, puramente e splendidamente elettropop, richiama avvenimenti realmente subiti dall’artista.

 

 

Abbiamo chiacchierato con Veronica, eccone il risultato:

 

Presentati, chi è Veronica, da cosa parte il tuo progetto musicale e dove vuole arrivare soprattutto.

Sono una ragazza campana di 24 anni, nata a Napoli e cresciuta ad Aversa, una piccola città in provincia di Caserta. Il mio primo incontro con la musica è avvenuto alle elementari, quando durante l’ora di musica mi cimentavo a suonare alcuni strumenti senza neanche saper leggere le note. Oltre all’amore per gli strumenti musicali ho da sempre avuto una predisposizione innata per il canto. Sin da piccola ho sempre provato una sensazione di piena libertà nel cantare con enfasi le canzoni dei miei artisti preferiti, in particolare, mi piaceva cantarle al Karaoke, dove mi esibivo con il mio cavallo di battaglia, La solitudine di Laura Pausini. Durante il periodo delle medie mi resi conto che cantare era diventato il mio rifugio dai tormenti subiti quotidianamente a scuola, così, decisi di prendere lezioni e al contempo iniziai a suonare la chitarra da autodidatta guardando video su YouTube. Durante il periodo delle superiori decisi di affrontare l’ansia da palcoscenico suonando in diverse band della mia città e partecipando a concorsi canori regionali. In quegli anni iniziai anche a scrivere canzoni che per molto tempo ho tenuto nascoste nel mio cassetto e che ho tirato fuori da poco, più precisamente da quando ho trovato il coraggio di farle ascoltare anche solo agli amici più cari. Ora posso dire di vivere letteralmente di musica e che voglio arrivare lontanissimo. Ho affrontato tante difficoltà durante il mio percorso artistico e il mio obiettivo attualmente è quello di far conoscere la mia musica, di sfruttare la mia voce per lanciare messaggi precisi e di esibirmi il più possibile quando la quarantena terminerà. Non so dove mi porterà questo percorso ma posso dire con certezza che il mio arrivare lontano per adesso coincide con il riuscire a pubblicare un EP tutto mio il prima possibile e magari esibirmi durante qualche festival a cui fino ad ora ho sempre assistito come spettatrice.

 

Quali motivazioni ti hanno spinto a scrivere Kaleidoscopio?

Kaleidoscopio è nata in un periodo difficile della mia vita, periodo in cui ho sentito la necessità di dare voce a tutte quelle esperienze negative che mi portavo dentro da troppo tempo. Questo brano parla di me e del mio acerrimo nemico, il bullismo. Da bambina e anche in adolescenza ho subito diversi atti di bullismo sia di natura psicologica che fisica: questi traumi mi hanno trasformata in una persona irriconoscibile, spenta, priva di sorriso e con complessi che tutt’ora persistono nella mia mente. Il bullismo è stato un capitolo difficile, di cui non ho mai avuto il coraggio di parlare per non essere ulteriormente “presa in giro” dalle persone che per anni hanno gioito nel vedermi cadere in un baratro sempre più profondo. La musica mi ha salvata, mi ha dato la chiave per sopprimere tutte quelle sensazioni negative che mi rendevano vulnerabile e insicura. Salire su un palco, guardare negli occhi il pubblico e cantare di sentimenti e di esperienze è stato un esercizio che mi ha permesso di trovare il coraggio di essere me stessa, nonostante i miei difetti e le mie paure. Questa canzone rappresenta il ritrovo di una voce che avevo perso e che avevo finito per dimenticare a causa del giudizio altrui, ma da quando l’ho ritrovata ho deciso di metterla a disposizione di chi ancora stenta a trovare la propria e che ha bisogno di essere rappresentato con coraggio. Con il testo di Kaleidoscopio non ho voluto soffermarmi soltanto sulla mia personale esperienza, ma ho voluto dare una visione più ampia rispetto alle difficoltà che ognuno di noi si ritrova ad affrontare ogni giorno. I veri protagonisti di questa canzone sono tutti coloro che inspiegabilmente e quotidianamente vengono spinti giù nel baratro dell’isolamento da una società conformista, dove tutto si dissolve in un silenzio – assenso assordante che non lascia spazio alla diversità.

 

 

La scelta del sound in questo caso sembra non solo aderente alla traccia ma anche decisamente al passo coi tempi. Ci racconti la genesi della produzione del brano?

Il brano è nato dopo un lunghissimo periodo di sperimentazione e di ricerca di un sound che potesse rispecchiare al meglio ciò che volevo esprimere da molto tempo. Ho prima studiato tanto, in particolare nel 2018 ho frequentato il Master of Music della Luiss Business School che mi ha permesso di comprendere al meglio il panorama musicale e di soffermarmi sia sulle piccole realtà discografiche indipendenti, sia sulle grandi Major. Nel frattempo, non ho mai smesso di ascoltare musica, penso infatti che un’artista emergente debba concentrarsi prima di tutto sulla conoscenza del mercato musicale e provare a interagire con esso senza mettere da parte le proprie esigenze e influenze musicali. Anticipare le esigenze del mercato è spesso impossibile perché ci ritroviamo in un’era in cui l’anticipazione stessa può equivalere a un ritorno alle origini di un genere. Io però non mi sono mai data per vinta e ho provato soprattutto a concentrarmi su un tipo di musica che in Italia pochissimi artisti hanno già sperimentato: l’elettropop di Billie Eilish e Lorde.

Così, dopo questo lungo periodo di ricerca, ho deciso di chiamare Marco Cangiula, proprietario e produttore di Cantieri Sonori e insieme abbiamo posto le basi di Kaleidoscopio partendo da un semplicissimo giro di tango.

Vorrei consigliare ad alcuni di voi che magari si trovano ancora in alto mare con un progetto musicale, di soffermarvi soprattutto su un genere di musica che vi piace ascoltare quotidianamente. Quando ho ascoltato Lorde per la prima volta ho capito che anche io avrei voluto suonare un genere di musica che facesse alzare le persone dalle proprie sedie e magari fargli trovare la voglia di lottare per raggiungere obiettivi sempre nuovi. Non importa se un genere è stato già sperimentato perché ciò che avete dentro e che volete esprimere con ogni parte di voi stessi vi darà la chiave per trasformarlo in un sound tutto vostro.

 

Quali artisti prediligi tra i tuoi ascolti?

Non è semplice descrivere che tipo musica ascolto perché non mi soffermo mai su un genere in particolare. Posso affermare con certezza però che il mio genere di riferimento è il pop perché i miei genitori mi hanno cresciuta a “pane e radio”. Il mio cantante preferito è Michael Jackson anche se mi dispiace per Madonna che se la gioca a pari merito. Per quanto riguarda il mondo del cantautorato, mi ispiro molto al modo di raccontare di Taylor Swift, artista che mi accompagna dal 2009.  Il bello di essere cresciuta suonando in band è che ho avuto modo di ascoltare generi che spaziano dal metal al jazz e oggi sono molto al passo con i tempi in ambito musicale perché mi piace ascoltare qualsiasi cosa mi venga proposto.

 

 

Preferisci ascoltare Playlist o dischi per intero e perché?

Se vi facessi vedere le mensole dei miei mobili vedreste una quantità di vinili e di album davvero spropositata. Sono molto legata all’album fisico perché sin da piccola mi è sempre piaciuto avere tra le mani un prodotto finito, che potessi consumare fino all’ultimo ascolto e cantare a squarciagola in macchina con i miei genitori. Ho avuto la fortuna di assistere in questi anni all’evoluzione di un album e sono sempre stata affascinata dalla creatività degli artisti nel riuscire a trasformare l’uscita di un semplice “CD” in versione deluxe in un’esperienza quasi religiosa.  “Possedere” una copia è sempre stato essenziale per me ma con il passare degli anni questa necessità è cambiata. Con l’avvento di Spotify e di altri canali di fruizione della musica ho scoperto la possibilità di ascoltare tutta la musica del mondo al costo di un singolo album in versione standard acquistato mensilmente. Le playlist ora regnano nel mio cellulare, ma essendo così tanto legata al concetto di disco non mi soffermo quasi mai su un singolo brano di un’artista. Ovviamente dipende anche dal contesto, la comodità di Spotify ad esempio, sta proprio nel fatto che se mi sto allenando posso ascoltare un insieme di brani che mi tengono compagnia durante gli esercizi ma se sono a letto e ho voglia di ascoltare nuova musica allora ho la possibilità di esplorare l’intera discografia di un artista. Consiglio sempre di non soffermarsi mai su un singolo brano perché ascoltare un album è come leggere un libro, non sai mai cosa aspettarti e che finale può avere la storia che un cantante ha scelto di condividere con noi.

 

Progetti futuri?

Sto lavorando con Cantieri Sonori al secondo brano e posso già anticiparvi che il tema che ho scelto piacerà a molte persone, ma altrettante saranno scettiche nell’ascoltarlo. Il femminismo è un tema “scottante” e ultimamente alcuni concetti associati erroneamente ad esso hanno distorto l’opinione pubblica. Non posso anticiparvi moto ma aspettatevi qualcosa di molto intenso e ritmato.

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