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Quella dei Little Pony non è musica per tutti, ma per tutti i combattenti stanchi dei fenomeni, dei meccanismi della viralità, della musica televisiva e di tutto ciò che non sia vero, vero che puoi sporcarti con la terra sotto i piedi durante un concerto, che puoi ballare fino a farti male, che puoi urlare a chi sta suonando sul palco. Voodoo we do è un regalo a chiunque pensi che la musica sia questa cosa qui, una sofferenza catartica che poi ti fa stare bene. E i Little Pony ci regalano un disco punk, di quelli che piacerebbero anche a vostro padre che vi proponeva tutta la musica rock dei suoi tempi durante i viaggi in macchina. Voodo we do è un grido disperato e allo stesso tempo scanzonato, contro tutta la noia che abbiamo dovuto subire.
Complice anche un cambio di formazione, i Little Pony, questa assurda realtà di resistenza musicale con base a Napoli e un folle frontman americano, si contamino di jazz e funk, mantenendo una base alternative e quella voglia di spaccare tutto quello che ci circonda. Un disco senza tregua e con una miriade di effetti collaterali, a cominciare da quello della nostalgia: vi mancheranno anche i festival a cui non avete partecipato. Il clima è proprio questo: un concerto in uno scantinato, tutti ubriachi (anche l’amico che non beve mai) e spintoni contro chiunque. Una festa incredibile che lascia un sacco di lividi e di speranza.
I Little Pony sono in sintesi una band ITA / USA nata per le strade di Napoli, la loro New York, intesa come laboratorio creativo e mezcla di contaminazioni artistiche di ogni tipo. Il sound molto personale, frutto di una ricerca sonora fuori da ogni schema o definizione, deriva da influenze che spaziano tra funk, R&B, psichedelia anni ’60, rap, spoken word, worldmusic e pop. Nascono come trio nel 2014 con Ryan Spring Dooley, sax e voce, Marco Guerriero, basso e Fulvio Laudiero alla batteria, ma la line up varierà più volte nel corso del tempo per assecondare le nuove esigenze sonore. Se volete farvi un regalo, non perdeteveli per nessun motivo.
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