“Pochi progetti nostrani hanno un suono personale e riconoscibile”
Intervista a cura di Giorgia Groccia
Il famigerato ritorno delle chitarre non è mai stato così a portata d’orecchio. Vi presentiamo Laago! arriva da Roma, è un solista che ritrova la propria genesi in una band che ormai appartiene al suo passato, i Jacqueries, quando ancora l’indie rock regnava sovrano, l’inglese nei brani era all’ordine del giorno e ci si divertiva nel garage con un pizzico di ingenuità e tanti troppi sogni ripiegati nei cassetti della propria coscienza.
Ad oggi il cantautore è ancora giovanissimo, ancora innamorato di un certo sound, ma nel frattempo ha mutato la vita attorno e la sua percezione della musica e delle proprie necessità espressive.
Dopo avere pubblicato autonomamente una serie di singoli che hanno attirato l’attenzione di critica e pubblico come Il Mostro di Cleveland, definita da Rolling Stone come “la canzone che colmava il buco momentaneo lasciato dai Verdena“, Marianna con la collaborazione di Jason Lytle frontman dei mitici Grandaddy e La Notte e le Idee, arriva ora al debutto ufficiale con 42 Records, che dopo l’estate pubblicherà l’album d’esordio intitolato Le Fasi del Sonno”.
Dormi!, il nuovo singolo, è stato annunciato tramite l’invio di 100 mascherine per il sonno con stampato sopra il testo della canzone e che per tutto il mese di maggio hanno fatto capolino su alcuni dei profili instagram più interessanti, seguiti e vicini al nostro mondo.
Un piccolo biglietto da visita “fatto in casa” a cui hanno fatto seguito due presentazioni a Roma e Milano dove, all’interno di Spaghetti Unplugged al MI AMI Festival, Laago! ha suonato in anteprima proprio Dormi! in versione acustica.
Dormi! è un brano che conserva una delicata psichedelica di fondo, diviso perfettamente in due metà speculari: un sound moderno e gustoso intrecciato dal retrogusto retrò che tanto ci piace assaporare.
È stato prodotto, mixato e masterizzato da Andrea Suriani, uno dei produttori più affermati della scena italiana (Cosmo, I Cani, Calcutta, Salmo, Coez, etc etc) e anticipa un disco che piacerà sia agli amanti dell’indie rock americano (nell’album, oltre Jason Lytle, c’è anche Bob Nastanovich dei Pavement, vera e propria leggenda indie made in USA) che agli appassionati del nuovo sound italico. Quello più vero e di qualità. Dormi! è accompagnato da un bel video girato da Valentina Pascarella e che – come in una sorta di prequel volontario e rispettoso di No Distance Left to Run dei Blur, girato da Thomas Vinterberg – racconta quei piccoli rituali, compresi la lotta all’insonnia, che automaticamente ripetiamo prima di addormentarci.
I disturbi del sonno ci accomunano in un epoca in cui la sovrastruttura dell’insonnia e la costruzione delle occhiaie risultano frutto del nostro personalissimo immaginario collettivo ma, specialmente, in fin dei conti, del nostro immaginario individualista, trito in un turbinio indecente di pensieri ruminati, rigurgitati e ri fagocitati tra le mura della nostra cameretta, tra le lenzuola del nostro letto. Dormi! È un esclamazione provocatoria, un invito che ha il profumo di minaccia, un brano che in qualche maniera circumnaviga una generazione di nottambuli, di zombie sedati a colpi di ansiolitici.
Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Laago! Circa il suo nuovo progetto, eccone il risultato:
Cos’è cambiato da Jacqueries a Laago! ?
Sono passati un po’ di anni intanto e sono cambiato io. Prima conoscevo me stesso molto meno, prendevo tutto senza filtri, vivevo di picchi emotivi, sia in positivo che in negativo. Eravamo dei ragazzini ambiziosi ed inconsapevoli, anche se forse era proprio questa la parte più eccitante. Ora sono più saggio ed equilibrato e ho fatto i conti definitivamente col fatto che la musica debba essere una parte predominante della mia vita. I Jacqueries erano un gruppo e ognuno aveva lo stesso peso nel progetto, Laago! nasce come una cosa totalmente mia, anche se pian piano sta inglobando più persone, idee e visioni. Per quanto riguarda le canzoni, è cambiata la lingua ma si sono anche evoluti gli ascolti che hanno ispirato i pezzi.
Il tuo ultimo lavoro discografico si chiama “Le fasi del sonno”, ci racconti la genesi e il concept di quest’album e di questo titolo?
Il concetto del sonno è presente in due diverse accezioni. Una più “letterale” diciamo: il sonno, l’insonnia, la notte. Ma soprattutto ha un significato più metaforico: sonno come incapacità di agire, di affrontare la vita in modo propositivo, di uscire di casa e trovare il proprio posto nel mondo . Quando ho iniziato a scrivere questo disco, ero molto impaurito dal futuro, dal passare del tempo, dal sentire il dovere di diventare adulto e prendere decisioni importanti, dal fare i conti con i miei limiti ed insicurezze. I testi di questo disco riflettono tutti questi pensieri.
Sappiamo che la campagna marketing adoperata per lanciare il tuo singolo “Dormi!” consisteva dell’inviare delle mascherine per dormire a 100 individui particolarmente attivi sui social. Come ti poni rispetto all’iper comunicazione odierna?
È un modo come un altro per far arrivare quello che fai a più persone possibili, che è l’obiettivo di tutti quelli che accettano in qualche modo di “commercializzare” la propria arte. Prima c’erano i giornali e le tv musicali, ora Facebook ed Instagram. Con 42 Records, la nostra etichetta, ci siamo divertiti solo a renderlo più originale e divertente rispetto agli standard. Lavoro nel marketing e mi piace occuparmi anche di questo aspetto oltre che della musica che scrivo.
Da dove nasce l’idea di un sound così delicato e psichedelico? Quali sono i tuoi retaggi culturali?
Sono cresciuto con l’indie rock americano: Pavement, Pixies, Guided by Voices, Built to Spill ma ho sempre avuto un debole per le melodie all’inglese: Beatles, Blur, i primi primi Oasis, Alex Turner. Musicalmente sono un nerd e ascolto milioni di cose e per tante ore ogni giorno, ma in questo disco credo che le sopra citate siano le anime che sono emerse di più, come anche cose più recenti tipo King Krule e Unknown Mortal Orchestra. Ma c’è anche molta letteratura, cinema, sono molto curioso.
Quando è avvenuto e perché è avvenuto il passaggio dall’inglese all’italiano nella tua musica?
All’inizio era naturale cantare in inglese perché, escluso Battisti, non ho mai ascoltato musica italiana. Pochi progetti nostrani hanno un suono personale e riconoscibile, c’è ricerca quasi sempre solo sulle parole e quasi mai sulla musica. Mi sembra anche sempre peggio, tra l’altro, ora che anche la musica indipendente puó andare in radio e fare numeri più grandi. Però faccio musica pop, non dance o ambient, nei testi voglio parlare di cose vere e farlo nella mia lingua credo sia molto meno finto, più naturale e diminuisca di molto la distanza col pubblico. Vivo qui e parlo di cose che succedono qui e nella mia lingua ho più padronanza che in inglese. Il passaggio stava avvenendo già con quello che sarebbe dovuto essere il secondo disco dei Jacqueries, che poi non é mai uscito.
Tre album che ti hanno cambiato la vita e perché.
Quindi non i miei tre album preferiti attuali. Allora ti dico: In Utero dei Nirvana, perché il 90% di quelli della mia generazione hanno iniziato a suonare dopo aver sentito le canzoni di Cobain ed io non faccio eccezione. Poi Crooked Rain, crooked Rain dei Pavement perché mi ha insegnato che prendersi troppo seriamente è un errore e che la musica che ti piace di più, ti piace di più perché è sincera, genuina. Poi Black Messiah di D’Angelo perché mi ha insegnato che il ritmo è importante quanto la melodia.
Progetti futuri e tour.
Il disco esce a settembre per 42 Records. Questo autunno dovremmo girare un po’ l’Italia in tour. Per il futuro sto scrivendo tantissimo quindi aspettatevi tante altre canzoni in poco tempo.
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