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L’intervista a Bosco in occasione dell’uscita del brano Alogeno

Alogeno è un “pezzo pop di merda”  scritto in lockdown la canzone vuole allontanare le emozioni negative accumulate dopo mesi di reclusione in una camera da letto illuminata da una piccola lampada alogena.

 

 

 

Ti va di raccontarci un po di te e di quando è nato il tuo progetto musicale? 

Mi sono appassionato alla musica già da molto piccolo grazie ai dischi dei miei genitori, che in macchina mettevano sempre Battisti, Rino Gaetano, Venditti e altri grandi della musica italiana. La scintilla in me è nata però per gioco, a causa di una scommessa persa: la penitenza era dovermi iscrivere a un concorso di canto organizzato dalle mie scuole medie, così ho partecipato e ho vinto il primo premio con la cover di “Boulevard of Broken Dreams” dei Green Day. In quel momento avevo capito che non avrei voluto fare altro nella vita, così ho continuato a cantare e ho iniziato a suonare la chitarra e il pianoforte, fino a provare a scrivere pezzi miei. Inizialmente scrivevo in inglese, visto che per la maggior parte ascoltavo artisti stranieri, per poi passare alla nostra bellissima lingua e non poterne più fare a meno.

 

Quando è nata la collaborazione con Matilde Dischi / Majonese project? 

La collaborazione è nata quando ho conosciuto Davide Maggioni, fondatore appunto di Matilde Dischi. Ero alle prime armi, avevo iniziato a scrivere da pochissimo e le mie erano canzoni a metà, ma con qualche consiglio e con un po’ di tempo ho capito come valorizzare la mia scrittura e le mie idee melodiche, suscitando dell’interesse da parte di questa etichetta, fino al rilascio dei miei primi singoli.

 

Ti ricordi il tuo primo concerto che hai fatto in assoluto? che emozioni hai provato? 

Lo ricordo benissimo, avevo quattordici anni e suonavo in un gruppo con altri miei compagni di classe, facevamo per lo più cover di pezzi che ci piacevano di svariati gruppi, come Linkin Park, Green Day, AC/DC ecc… ovviamente suonate tutte malissimo, ma noi ci divertivamo un sacco e suonare assieme ci univa più che mai. Al primo concerto c’erano forse dieci persone, genitori compresi, ma a noi non interessava, eravamo lì per fare un po’ di casino e dopo i nostri sei pezzi siamo andati a casa contenti. Ricordo che inizialmente ero teso perché avrei dovuto cantare e suonare la chitarra e i pezzi neanche li sapevo bene, ma poi ho pensato solo a divertirmi e anche con una marea di errori abbiamo portato a casa il concerto. Ho un bel ricordo di quei momenti. 

 

Il tuo nuovo singolo Alogeno è una bomba nata durante il lockdown, com’è nato questo pezzo? 

Alogeno nasce dal bisogno di spensieratezza e leggerezza dopo un periodo di merda come il lockdown. Non esagero se dico che durante quei mesi chiusi in casa ho visto più spesso la luce della mia lampada alogena sul comodino che la luce del sole, e stavo uscendo di testa. Non solamente per il fatto di non poter uscire, ma per il senso di solitudine, i rapporti umani che sentivo sfaldarsi poco a poco, il non riuscire ad abituarmi a casa mia e la paura di vedere i miei familiari stare male. Alogeno con il suo mood prova ad esorcizzare tutte le emozioni negative, causate da più fronti, che ho provato in quel periodo e vuole essere una canzone autoironica e che si prende poco sul serio. 

 

Tra ciglia e Alogeno, cosa scegli? 

Ciglia è un pezzo che va a toccare delle corde molto delicate per me, è una canzone che ho scritto in un momento di forte dolore sentimentale e questo le conferisce una forza che supera molte altre canzoni che ho scritto, inedite e non. Scelgo Ciglia per il forte valore affettivo, sebbene trovo Alogeno molto più semplice da ascoltare soprattutto perché riesce a mettermi di buon umore, mentre Ciglia a volte faccio fatica a risentirla.

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