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loucani ci racconta il suo nuovo singolo “Aquiloni”

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Fuori su tutte le piattaforme digitali da venerdì 26 luglio 2024 (distr. Believe) il nuovo singolo di loucani, il progetto solista del cantautore veronese Luca Ossani, dal titolo “Aquiloni”. In questo brano, che vede la produzione di Francesco Ambrosini, la sensibilità decoloniale del pensiero e del linguaggio trovano sintesi, oltre che sulla cartina geopolitica, nella visione di un istante: un aquilone che si leva al cielo ricavato da residui di sacchi di plastica, legnetti e filo da pesca, nel giocare di bambini ai bordi di uno slum in Mozambico. C’è la prospettiva intimista dello studioso in ambiente remoto, dell’amante romantico e viaggiatore che segue incurante l’oggetto del suo desiderio, e c’è, nel tentativo di traslare questi piani l’uno sull’altro, la presenza del loro portato consapevole, della cultura che rappresentano e del relativismo che mantiene quella distanza tangibile, nonostante le migliaia di miglia colmate da voli intercontinentali o una prolungata esposizione al contesto. C’è quella lancinante immagine che si ripropone allo sguardo riverberando nei raggi di sole africano specchiati su cocci di vetro di quella speranza disillusa di creature dalle braccia tese in pose mute e senza risposta, perché che risposta vi si potrà mai dare? Che risposta ci si potrà mai dare?

Abbiamo scambiato qualche parola con il cantautore per saperne di più sul suo progetto:

Chi è loucani nella musica e chi è invece Luca Ossani nella vita di tutti i giorni?

Loucani è sintesi del vissuto. Luca Ossani al presente è parte dell’ufficio comunicazione e stampa di una cooperativa sociale che si occupa di destinatari fragili basandosi su un approccio fondato sui diritti. Le due figure si trovano a dialogare nel momento musicale, attraverso il teatro e la danza, dove l’incontro permette ed implica uno scambio critico e poetico assieme.

 

In che modo la collaborazione con Duck Chagall, aka Francesco Ambrosini, ha arricchito il tuo progetto?

Duck ha messo a disposizione delle competenze chiave con la dedizione di chi è del mestiere e lo incarna con una fine alchimia. A mio avviso ha lavorato per sottrazione cavando fuori le componenti essenziali dei brani poi realizzati. Ha contribuito inoltre lavorando alle atmosfere su alcuni pezzi e con la prospettiva che gli è più propria, quella elettronica, della quale ormai a mia volta non riesco a scongiurare delle contaminazioni (che sentirete in pezzi come la Danza), e che invece comincio a pensarmi elettrizzato all’idea di esplorare nei tempi a venire. A questo proposito si sta concretizzando un’ulteriore collaborazione con Francesco; stiamo infatti facendo brainstorming su un primo pezzo che a breve entrerà in cantiere… Quindi #StateTonnati

 

Nel corso della tua vita hai esplorato moltissimi paesi. Qual è il posto che più di tutti ha lasciato un segno dentro di te? Perché?

È proprio il luogo dove sono le mie origini che mi segna a fondo, come l’aratro la sua terra, secondo il ritmo delle stagioni e ogni qualvolta vi rientri con prospettive fresche. I luoghi altri assumono un loro significato grazie al raffronto con la mia culla culturale e rappresentano spunti imprescindibili da diverse conformazioni culturali, geologiche, di micro e macrobiomi, al pari delle stelle che increspano il nostro cielo, che servono ad orientarci, restituendoci al contempo quell’inquietudine di mondi all’apparenza silenziosi che proseguono con la loro vita là fuori… Anche le stelle sembrano diverse se ci si sposta nell’altro emisfero, eppure è soltanto una questione di prospettiva dato che esse restano, almeno in termini relativi, immobili rispetto al nostro muoverci. Altrimenti dicasi della terra che scegliamo di vivere.

 

Che cosa rappresentano per te gli aquiloni a cui fai riferimento nel tuo singolo?

Aquiloni che certo non spiccano il volo da chissà quali levature metaforico-allegoriche. Li ho impiegati per la loro immediatezza evocativa, ricchi di rimandi a quel mondo spensierato di bambini intenti a giocare con creature tanto lievi da parere quasi mantenersi in volo libere e dimentiche del filo a cui restano invece legate. Questi aquiloni, come nel caso dei tanti posti visitati nel mio peregrinare a cui facevo riferimento sopra, sono un simbolo rappresentativo ma derivato da esperienza a sé stante in una certa misura. Fungono da veicolo di concetti che non sento di desiderare legare a un’immagine fissa, e di valore per il sottoscritto, ma che piuttosto diventa tale per chi si fa portatore di questo messaggio interpretandolo tra le righe e le armonie di questo brano – che velatamente si interroga proprio sul tema della prospettiva dell’osservatore con fare quasi antropologico autoriflessivo.

Gli aquiloni hanno sì una bell’immagine, tuttavia, a cui mi fai pensare ora: volando ci incantano sempre nelle loro evoluzioni, ricordandoci appunto che la magia sta anche nell’occhio di chi guarda.

 

Prossimi progetti dell’anno?

Onde evitare di mordermi la lingua (o le dita) se dovessi ricapitare su questa pagina e leggere quanto mi ero prospettato mi limito all’impegno volto ad una dignitosa distribuzione del resto dell’album entro l’autunno e ad elaborare del nuovo mano a mano che ne insorga l’urgenza.

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