Esce venerdì 20 settembre 2024 il nuovo singolo di Marcello Gori, in distribuzione Believe Music Italy. “Troppi (ok boomer)”, questo il titolo del nuovo brano, non è una semplice canzone, è un inno social-generazionale, liberatorio e graffiante, dedicato a tutti i possibili “boomer” alle prese con il mondo di oggi, fra responsabilità e voglia di evadere, iper-competitività e social network, apocalissi nucleari e problemi psicologici. Retta da una ritmica martellante di basso e pianoforte, e costruita su una struttura modulare in cui a ogni sezione corrisponde una sfumatura diversa, “Troppi (ok boomer)” cerca un punto di equilibrio fra la profondità della musica d’autore e la memorabilità di una canzone pop; e così facendo racconta dell’alienazione in cui tutti siamo immersi, non avendo ancora compreso, della maggior parte delle cose del mondo, se ci ripugnano o ci affascinano.
“Troppi (ok boomer)” è anche il primo singolo che anticipa il secondo album di Marcello Gori, “Panorama umano“. Alla canzone si accompagna un videoclip girato dagli studenti della Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti” di Milano, per la regia di Gabriele Redaelli.
Noi non potevamo lasciarcelo sfuggire e siamo partiti proprio dal suo percorso scolastico, legato alla recitazione e da qui tutto il resto.
- Tornando indietro, rifaresti la Scuola Paolo Grassi e come sei riuscito a far convivere la tua anima musicale con quella invece legata alla registrazione?
Probabilmente la rifarei, anche perché è grazie a quegli studi se ora faccio il musicista: alle lezioni del mio corso (drammaturgia) spesso mi annoiavo un po’, possedevo il mio primo Mac portatile e avevo appena iniziato a smanettare con Fruity Loops. Quando poi sono entrato in contatto con il teatro-danza da una parte, e Ableton Live dall’altra, ho cominciato a pensare che avrei dovuto almeno provare a continuare a spippolare… E da allora non ho mai smesso.
- Milano e Genova hanno qualche venatura in comune? Cosa ti ha portato a rimanere nella prima città? Ti capita mai di desiderare di tornare a Genova?
Milano e Genova sono due città molto diverse, tenderei a dire che no, non hanno molto in comune. Poi però in entrambe le città mi sono costruito intorno una bolla di amici e conoscenti che un po’ si somigliano: un po’ antiborghesi, un po’ antagonisti, amanti della musica, della cultura quando non è noiosa, della buona tavola e delle passeggiate. Quindi riesco a sentirmi a casa davvero in entrambe le città. E poi, per essere onesto, negli ultimi anni forse sono stato più a Genova che a Milano; del resto in un paio d’ore posso passare da una all’altra.
- Come mai definisci “sudatissimo” il tuo secondo album? Quando potremmo ascoltarlo?
Lo definisco così perché ho diversi brani pronti da molto, molto tempo, ma non mi sono ancora deciso a pubblicarli; e questo perché autoprodursi è molto faticoso, e spesso restituisce scarse soddisfazioni. Per chi si muove in piccole scale come me, la possibilità di vendere qualche copia del cd agli spettacoli rappresentava una buona occasione per rientrare di un po’ di spese di produzione, oggi si alza l’asticella di quello che è richiesto (videoclip, contenuti social) ma farsi notare è un casino. Ma non dermordo, scrivere è troppo bello e andare in studio è un regalo che tutti i musicisti dovrebbero farsi ogni tanto.
- E rispetto a “Vodka Tonic” e “Spritz”, che ruolo ha l’alcol in “Troppi (ok boomer)”, che è invece il tuo ultimo singolo?
Sinceramente penso nessuno, anche se la persona a cui pensavo quando ho iniziato a scrivere “Troppi” effettivamente beve abbastanza… Diciamo che l’alcool, per quei due brani, ha avuto due ruoli molto diversi: il primo è nato praticamente in seguito a una (piccola) sbronza casalinga, nel secondo invece la parola “Spritz” è stata scelta prima di tutto per ragioni di suono, e poi ha guidato il resto del testo verso quel ritornello scanzonato. “Troppi” è un brano meno d’occasione, e più vicino alle mia corde più autentiche, e per toccare quelle non c’è bisogno di alcool (anche se a volte aiuta).
- Bilancio del 2024 sinora?
Un anno un po’ strano, con un inizio un po’ difficile ma anche disseminato di belle soddisfazioni, come la mia prima collaborazione con un drammaturgo/regista che ammiro moltissimo, Mariano Dammacco. Però se il lavoro del teatrante è già di per sé un po’ impalpabile, quello di chi fa musica per il teatro lo è ancora di più, perché il frutto di settimane del tuo lavoro si consuma nell’aria in poche decine di minuti. In più gli ultimi anni sono anche molto duri per gli indipendenti come me e le compagnie con cui collaboro, per tacere della situazione politica che è veramente agghiacciante. Però anche qui, l’unica soluzione è riprovarci ogni giorno (finché regge la pompa).
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