Lo scorso 8 aprile è uscito il nuovo singolo di Marchi dal titolo La notte. Dopo l’esordio con Gennaio, il cantautore sardo è tornato con un pezzo dal mood decisamente più ecclettico e disincantato rispetto al precedente, che racconta le ombre e i pensieri ossessivi che seguono la fine di una relazione e che rappresenta un tassello del tutto nuovo che si aggiunge alla costruzione del percorso artistico di Marchi.
Ne abbiamo parlato con lui:
Chi è Marchi nella musica e nella vita di tutti i giorni?
Uno che ci ha messo quindici minuti per tentare di rispondere a questa domanda e che ha fallito miseramente!
Quali sono secondo te i progetti più interessanti dell’attuale scena musicale italiana?
Guarda, ascolto tantissima musica del presente e del passato e mi lascio sedurre da tutto. Ma credo di prediligere le canzoni degli artisti che ti fanno fare un’esperienza. Mi piace chi riesce a mettere bene a fuoco un pensiero, una storia o un sentimento; quelli che sanno tenerti col fiato sospeso fino all’ultima parola di ogni singola frase e che poi, magari, ribaltano il senso di ciò che hanno appena detto per far emergere una contraddizione o qualcosa di ancora più profondo. Apprezzo molto chi riesce a essere preciso e se serve anche cattivo. Non amo chi è approssimativo. In questo senso, francamente mi sembra che gli artisti più interessanti in assoluto continuino a essere quelli di venti o trent’anni fa, come i Bustelle, gli Afterhours, Niccolò Fabi, Samuele Bersani e compagnia bella. Persone in grado di proporre punti di vista inediti e talvolta conturbanti; di sorprendere sempre con la loro maniera di fare musica leggera estremamente sensibile, legata molto di più all’arte che al commercio. Tra i più giovani ascolto chi è capace di sviluppare una poetica tutta sua come Giorgio Poi, Truppi, Generic Animal, Brunori, Calcutta, Bianco, Dimartino. E chi riesce a conservarsi e a fare della propria purezza un’arte, come Lucio Corsi, Rares, Gregorio Sanchez. Apprezzo molto anche chi sa dare peso e valore alla composizione oltre che al testo; chi sa creare melodie e ritmi potenti come le Feste Antonacci, Cosmo, Venerus/Mace, Mahmood. Ecco credo che proprio Mahmood sia un vero innovatore della canzone pop italiana. Innova sotto tutti i punti di vista, testo, struttura, melodia… ha trovato una sintesi pop alternativa perfetta, è capace di comunicare cose semplici spesso in modo molto profondo.
Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a scrivere “La Notte”?
Forse il bisogno di elaborare una relazione finita male. Credo di aver spinto più o meno irrazionalmente le atmosfere del brano a evocare quella sensazione luttuosa che accompagna la fine di ogni storia importante. Se le atmosfere sono cupe è perché le ho immaginate come delle stanze buie da rivisitare con la torcia in mano, per tornare a far luce, col senno di poi, su sentimenti che erano rimasti in disordine.
Quali sono invece le maggiori differenze tra “Gennaio” e “La Notte”?
“Gennaio” è una canzone utopistica, quasi consolatoria. È una canzone-polaroid. Un’isoletta felice dove riparare nei momenti di tristezza. C’è molta tenerezza nelle immagini evocate, molta condivisione. “La notte” è l’esatto opposto! È una canzone-incubo, rassegnata, totalmente disincantata, a tratti irrequieta e nervosa. Senza speranza.
Progetti per il 2022?
A breve uscirà il videoclip de “La notte”! Dopodiché tornerò in studio per registrare un piccolo EP di tre pezzi, che vorrei pubblicare entro l’autunno.
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