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Modena Indie Festival, fradici e contenti

Icaro Cade, Canova e Levante. La line up è di primo livello, ma l’Arena del Lago allestita per il Modena Indie Festival fa fatica a riempirsi. Colpa del tempo che minaccia fulmini e saette, eppure chi c’è già stato (l’evento va avanti dal 23 agosto) me l’assicura: quando il meteo aiuta, questo è un posto da vivere fino alla mattina successiva. Io per gli after non ho più l’età, guardo il cielo sempre più scuro e spero regga almeno fino alla fine di questa serata.
Tra una prova e l’altra, le luci si accendono per il via illuminando una distesa arcobaleno di ombrelli che si chiudono quando la pioggia diventa clemente. Icaro Cade (nome d’arte di Alessia Cuoghi) può godersi un pubblico quasi asciutto, subito rapito da una voce graffiante e profonda. Alessia gioca in casa (nata e cresciuta a Modena), ma i pezzi di YUH! (rilasciato il 30 agosto scorso) arrivano effettivamente al primo ascolto: provate ad ascoltare il ritornello di “Le ultime due righe di un giorno” o “Uno, Nessuno, Centomila”, che dalle prime file continuano a cantare anche ad esibizione conclusa. Un rapido cambio strumenti ed è il momento dei Canova, riascoltati con piacere a pochi giorni dal live di Pescara. Matteo Mobrici ci fa sapere che la “stronza” di Expo non è mai andata ad un suo concerto, in compenso c’è chi perde la voce a per cantare a memoria i pezzi di “Avete tutti ragione” e alla fine di Manzarek c’è anche chi perde un reggiseno. Brexit e La felicità mi accompagnano verso la chiusura di 45’ intensi animati da una band perfettamente affiatata. 22,30: Levante sta per entrare. L’ho seguita il giorno prima in tv con X-Factor e la ritrovo già. Troppa grazia, penso. E infatti qualcosa si complica. I tecnici parlano tra loro: sta per diluviare, non è il caso di iniziare. Ma dopo qualche minuto, qualcuno decide che lo spettacolo s’ha da fare lo stesso, per la gioia della sottoscritta e dei coraggiosi che sfidano la tempesta che sta per venire giù. Il monologo di Caos è l’attesa che prolunga il piacere di vedere Claudia Lagona entrare carica a molla per “Le mie mille me”, ma su “Non me ne frega niente” ecco il tanto temuto diluvio. Lo staff arretra mixer e microfoni, ma Claudia tiene botta: “Lo fate voi, lo faccio anche io” e si scatena, incurante del maltempo. Ad un certo punto, però, è davvero impossibile andare avanti: “Non ci sono le condizioni di sicurezza e io vi voglio tutti sani e salvi”. “Almeno spogliati”, urla una ragazza dal pubblico. Claudia la prende a ridere e con due dita sotto il mento fa segno che ci sta pensando. Poi torna seria e, dispiaciuta per quanto accade, promette un live acustico a breve. Si ferma tutto sul più bello: mancano i timpani di Gesù Cristo sono io e Di tua bontà, manca ancora la sempreverde Alfonso. L’arcobaleno di ombrelli torna a ricolorare il parterre del Festival, poi Levante torna davvero e in tandem con Eugenio Odasso, offre ancora tre pezzi ai fan più coraggiosi (e raffreddati). Con le braccia conserte per scaldarmi il cuore, mi godo l’inaspettata appendice voce e chitarra che vale comunque il viaggio. Alla febbre penseremo domani.

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