Sesta edizione dell’Indie Pride, la terza alla quale prendiamo parte, la prima come Tutti giù Parterre:
anche per questo ci avviciniamo al Teatro Polivalente Occupato con aspettative altissime, dopo un giro che dal centro di Bologna, ci porta al Cassero e poi in Via Casarini. Incontreremo Francesco Bruno de Le Rane, i ragazzi di Tutti i miei Disegni Inutili, ma soprattutto Cora Baratti, al suo battesimo come fotografa per la nostra redazione (a breve i suoi scatti pazzeschi sul nostro sito).
CARTA D’INTENTI – Il TPO si allarga con un’area per la cena (pizza bio di ottima qualità) e perde un palco. A mio avviso meglio così, ci si disperde meno e riusciamo ad assicurarci la transenna per tutta la durata dello show che inizierà a breve. Una premessa doverosa: tutti gli artisti che saliranno sul palco – Cristallo Band, Blindur, España Circo Este, Management del dolore post-operatorio e Fast Animls and Slow Kids – hanno aderito alla Carta D’Intenti, un documento che parte dai valori dell’associazione organizzatrice con l’obiettivo di debellare bullismo, sessismo e omofobia attraverso la musica. Tante sottoscrizioni suggellate con un bacio, tema cardine di una serata in cui – mi perdonerete la retorica – un mondo migliore sembra davvero possibile.
NEL VIVO DELL’INDIE PRIDE – Verso le 21, l’Indie Pride entra nel vivo. A fare gli onori di casa è ancora una volta la carismatica Monique Honeybird Mizrahi, musicista e presentatrice, che introduce il primo dei 5 gruppi in scaletta: Cristallo Band. Week end storico per il trio che soltanto poche ore prima è uscito con il suo primo e omonimo EP (“Cristallo” è infatti il side-project di Melampus, di Francesca Pizzo e Angelo “Gelo” Casarrubia, al quale di unisce Damiano Simoncini) e già si ritrova catapultato nella sua data zero.
Arrangiamenti essenziali e atmosfere sintetiche, per una struttura magnetica della canzone che si caratterizza per la sua eleganza nella sperimentazione. Dai suoi distorti della Cristallo Band, al folk che strizza l’occhio al Nord Europa del duo campano Blindur.
L’energia del polistrumentista Massimo De Vita, accompagnato da Michelangelo Bencivenga fa subito presa sul pubblico del TPO che accompagna con voce e mani la musica corposa (rullante, tamburello, armonica, banjo, chitarre acustiche) che si propaga dalle casse. Difficile credere che siano davvero sono in due. Mentre ci sto pensando, Massimo mi invita a vivermi il momento: “30 minuti sono pochi, ma ce li faremo bastare”.
E’ l’unica bugia di uno show diretto e d’impatto, perché il tempo vola e ci tocca salutare a malincuore questi ragazzi che lasciano qualcosa che va al di là della stupenda performance. Qualche minuto per il cambio tecnico e come un tornado irrompe in scena il tango punk degli España Circo Este. Il pogo è la reazione quasi immediata ad un sound esplosivo che “bucatesta” e il risultato è una “Revoluciòn del amor” che fa abbracciare e baciare tutto il parterre. E a proposito di baci, ecco la lotteria: il fortunato estratto, potrà baciare un artista a scelta. Superfluo dirvi che l’unico che rimedia un limone è Luca Romagnoli (qui il video), che di lì a poco ci ritroviamo davanti sulle note de “Il mio corpo”. Solita esibizione devastante per i Management del dolore post-operatorio che travolgono con Norman, Naufragando ed Esagerare sempre. Chiusura quasi hot, con Romagnoli a torso nudo e istigazione al godimento violento: “stasera fate l’amore come cazzo vi pare, ciao”. Bollenti spiriti che dovranno attenere ancora un po’, perché nessuno lascia il locale prima degli attesissimi Fast Animals and Slow Kids, FASK per comodità. Più Aimone per tutti, tutti per Aimone – che va detto – concede però solo la guancia durante l’estrazione. Riserva che si scioglie definitivamente quando arriva il suo momento: concerto bestiale, voce precisa su note proibitive, presenza scenica. I Fask si regalano letteralmente al loro pubblico, ricordando che è grazie a loro se oggi sono lì (“Ricordatevi di noi tra 20 anni”). E poi uno stage diving da brivido che in pochi secondi porta il front man dal microfono al bancone per un gin lemon bevuto tutto d’un fiato, alla salute dell’Indie Pride.
Un brindisi anche da parte nostra a tutte le persone che hanno lavorato perché tutto questo diventasse realtà. Quanto manca al 2018?
What do you think?