“Parlare d’amore al primo piano non è come farlo nel sottotetto”
Intervista a curda di Giorgia Groccia
“Le mie canzoni si trovano nel monolocale al primo piano, ultima porta a sinistra prima del cortiletto interno.”. Esordisce così Pezzopane, costeggiato da una piacevole malinconia mescolata ad un sound e una voce che vibrano stralunati e barcollanti tra gli amori passati e un’inguaribile sindrome da Peter Pan sempre alle porte della coscienza artistica e personale del cantautore.
La sua musica “pop fuori moda” è nata tempo addietro ma ha preso realmente una forma decisa e modellata solo di recente, per la precisione tra le mura di un monolocale della Milano sud, in un periodo triste ed economicamente instabile; dai dolori però nascono sempre cose splendide e difatti questo album, concepito durante un momento infausto, è esattamente il ritratto di un artista che canta la verità e lo fa con autoironia e, a tratti, con splendido ermetismo.
Storie Da Monolocale è il titolo del primo album di Pezzopane, in uscita a giugno 2019, autoprodotto insieme ai due producer e musicisti Luca Mongia e Giacomo Pasutto.
Caffeina Mon Amour è l’ultimo singolo uscito a inizio giugno 2019 che va ad aggiungersi a L’Estate, Andalucia, singoli usciti lo scorso anno con relativo videoclip, e Francesca uscito a febbraio 2019.
Noi di TGP abbiamo chiacchierato con Pezzopane, eccone il risultato:
Come nasce il tuo ultimo singolo Caffeina Mon Amour?
Innanzitutto ciao a tutti i parterriani! Caffeina Mon Amour nasce in un tardo pomeriggio qualunque della vita di un fuori sede altrettanto qualunque. Dopo l’ennesima serata molesta passata in giro per Milano trascinatasi fino alla mattina successiva e dopo aver perso la giornata successiva a letto a cercare di riprendermi, ecco che al risveglio ho sentito l’esigenza di una sorta di stream of consciousness nato da una improvvisa sensazione di mancanza. L’arrogante bisogno di caffeina è diventata facilmente una inedita chiave di lettura della vita e delle relazioni personali. Il testo parla abbastanza chiaro, anche se ho sentito interpretazioni differenti molto interessanti da parte di chi ha ascoltato la canzone.
Storie Da Monolocale è il tuo primo album in uscita a giugno. Raccontaci qualche aneddoto contenuto dell’album circa questo famoso monolocale.
L’album si chiama Storie Da Monolocale perché è nato in un monolocale sui navigli a Milano dove ho abitato da solo per qualche anno. Appena mi sono trasferito ho messo nel ripostiglio la tv che ho trovato lì perché non volevo distrazioni inutili. I momenti di silenzio e di solitudine erano infiniti e la fantasia ne ha approfittato alla grande, riempiendo la casa di tutto ciò che realmente non c’era. C’è un pezzo nell’album che non a caso si chiama Nel Mio Monolocale e riassume molto bene la mia vita in quelle quattro mura, tra relazioni andate a male, esperimenti culinari improbabili ed esperienze sinestetiche. Poi sentivo la presenza e le voci delle persone che vivevano nelle stanze accanto alla mia senza però incontrarle mai, e questo mi ha portato ad immaginarmi la loro vita, le loro storie. Parlare d’amore al primo piano non è come farlo nel sottotetto. Io ero nel sottotetto, per la cronaca.
La tua musica è un mix ben congegnato di sintetizzatori e suoni che richiamano diverse sfumature modernissime e retrò. Da cosa deriva la scelta di questo sound?
Questo è esattamente l’obiettivo che volevo raggiungere, da subito mi sono reso conto di non volere un disco che suonasse tutto allo stesso modo, o troppo antico o troppo moderno. Ho lavorato insieme ai due produttori Luca Mongia e Giacomo Pasutto per ottenere un sound che alternasse in modo spontaneo momenti acustici più caldi ed intimistici a momenti elettronici stranianti proprio perché il feel delle singole canzoni lo richiedevano. Ho sempre amato gli artisti che danno continuità alla scrittura più che al sound.
Se dovessi collocarti all’interno di un periodo storico differente dal nostro, quale sceglieresti?
Anche se non li ho realmente vissuti, sono un nostalgico degli anni ’80. La modernità mi annoia sempre più.
Quali sono i tre album che ti hanno cambiato la vita e perché?
Domanda difficilissima. Se proprio devo, dico Un Sabato Italiano di Sergio Caputo perché mi ha insegnato l’arte dell’ironia. Too Fast for Love dei Motley Crue perché a 18 anni mi ha fatto volare altissimo e forse da allora non sono più tornato del tutto sulla terra. I Notturni di Chopin perché sono stati la colonna sonora delle mie passeggiate solitarie sui navigli nelle notti insonni.
Cosa pensi della scena indie pop / it pop sviluppatasi negli ultimi anni?
E’ semplicemente fantastica. Tantissimi artisti di valore, musica assai variegata e finalmente un pubblico bello vasto che apprezza. La musica italiana sta vivendo un vero rinascimento.
Quanto conta per te costruirsi un personaggio artistico social in quest’epoca di iper comunicazione?
È fondamentale, ma personalmente tramite i social ci tengo a dare un’idea di me più sincera e naturale possibile. Un personaggio costruito si “sgama” subito, diventa un meme e non ne esce più facilmente.
Raccontaci com’è nata l’idea del videoclip di Caffeina Mon Amour.
Il videoclip di Caffeina Mon Amour è uno spaccato nonsense di vita quotidiana di quattro ragazze che condividono qualcosa, che sia un appartamento, l’amore, l’odio, la noia. Ciascuno può trovarci il significato che vuole, sono tutti corretti. Vorrei ringraziare il regista, Matteo De Santis di Jonido, per averlo realizzato.
Progetti futuri?
Spero di promuovere il disco con qualche bel concerto tra l’estate e il prossimo autunno, poi per l’inizio dell’anno nuovo vorrei tornare in studio. Ho già i pezzi pronti per il secondo album.
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