“Welcome to My Zone.”
Intervista a cura di Emanuela Mereu
Abbiamo avuto il piacere di intervistare il polistrumentista, cantante e songwriter Walter Celi. Il suo nuovo singolo “My Zone” è stato scritto durante la quarantena e pubblicato ieri – venerdì 26 giugno – per XO la factory.
Ciao Walter e benvenuto su TuttigiùParterre – Music on the road!
Ciao, un saluto a tutti i parterriani!
Ciao, un saluto a tutti i parterriani!
“My Zone” è il tuo primo nuovo singolo dopo “Blend” il tuo secondo album, nel mezzo un lockdown di proporzioni mondiali, quanto tutto questo ha ispirato la scrittura del brano?
Durante i due mesi di quarantena ho sofferto molto la mancanza di libertà che per me è la cosa più importante al mondo. Ho avuto molto tempo per riflettere e mi sono reso conto che la libertà è quella cosa per cui vale la pena combattere, rischiare, morire, che comprende tutti gli altri diritti umani e comprende anche l’amore se ci pensate. Per questo dobbiamo batterci sempre per ottenerla e fermarci spesso a riflettere e a capire cosa vogliamo veramente, senza lasciarci influenzare dalle mille distrazioni di questa società. Sinceramente a 31 anni, dopo aver riflettuto parecchio durante questi mesi, mi sento disilluso dal mondo, dalle relazioni, dalle persone, dalla società, dagli eventi. Però non tutto il male vien per nuocere: in questo periodo ho riscoperto la bellezza della solitudine, ho provato a guardarmi dentro e ad ascoltare il silenzio. Questo momento di riflessione mi è servito molto. Non mi sento più indistruttibile come quando ero più piccolo, ma più saggio, più consapevole, e più bravo a comunicare attraverso la mia musica. È così che è nata My Zone, tra mille pensieri, mille perplessità.
Una delle tante frasi più gettonate di questi mesi era: “Dopo tutto questo saremo peggiori o saremo migliori?”, cosa ne pensa Walter Celi sia da uomo che artista?
Penso che saremo gli stessi di prima semplicemente degli esseri umani con tutti i loro difetti il loro egoismo innato. Ma che alcuni di noi avranno avuto modo di fermarsi un attimo, finalmente da questa vita frenetica piena di distrazioni, e riflettere. Come artista mi è servito molto fermarmi completamente e suonare, senza nessun tipo di scopo preciso, suonare tutto il giorno e tutti i giorni, imparare brani nuovi, improvvisare, sperimentare, ricercare, comporre. E ora mi sento più pronto che mai a ripartire per un tour infinito come quelli che faceva Bob Dylan (ride).
Il live è la tua confort zone, ora tutto questo subirà delle limitazioni, nonostante la voglia di ripartire sia tanta, credi che il pubblico perderà interesse o avrà tanta “fame” di musica che voi artisti dovrete saziare?
Credo che la musica stia attraversando un periodo di crisi, da un bel po’ di tempo, non legato alla pandemia che abbiamo affrontato recentemente. Gli artisti che valgono in giro per il mondo non fanno molti numeri, e le nuove proposte non vengono prese in considerazione dalla maggior parte della gente. Il successo di un artista non è legato alla musica che produce ma più alla sua immagine costruita. Il periodo di lockdown secondo me è servito a me come a tanti altri per rendercene conto, e riflettere. Ma sono sicuro al tempo stesso che la musica è stata la salvezza di molti durante questo periodo difficile. Ascoltarla ti riempie l’animo e sono certo che molte persone non abbiano perso l’interesse anzi siano come dite voi “affamati” più che mai di musica.
“My Zone” è un manifesto della tua sensazione emotiva o anche una richiesta di aiuto?
My Zone è tutto quello che ho dentro e che cerco di comunicare al mondo esterno. E’ quel luogo dove mi rifugio per riflettere, migliorare, ascoltare me stesso, quello che voglio davvero. Quindi è si un manifesto della mia sensazione emotiva senza alcuna richiesta d’aiuto.
Il tuo sound è fortemente internazionale e si macchia di tante contaminazioni, proposta piuttosto inusuale per il panorama italiano, sei però un artista del profondo sud: quanto mediterraneo c’è cnelle tue vibrazioni?
È difficile da capire per me quanto della mia terra ci sia nel mio stile. Il fatto è che non mi sento legato, musicalmente parlando a un posto preciso. Il mio stile lo fanno gli ascolti che ho, il Mood del momento, il ritmo che ho dentro. Ascolto musica di ogni tipo e da ogni parte del mondo, ed è proprio questo che fa il mio stile, il mix di generi, sensazioni, colori. La mia è una ricerca che va oltre il cercare di inserirsi in un determinato luogo o in un panorama musicale specifico. Si tratta di una sfida costante con me stesso.
Progetti per il futuro? Desideri, paure e speranze?
Di paure non ne ho, per il momento. Ho tanti desideri e tanti progetti. Vorrei girare il mondo con la mia band insieme ai miei colleghi e amici Donny e Dario, che mi sostengono sempre. Vorrei incidere un terzo album, e vorrei che avesse un sound pazzesco (ci sto lavorando).
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