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Saera e le sue canzoni da cameretta: pigiami, relazioni ed R’n’b | Recensione

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Pensavo che fossimo ormai tutti molto stufi delle canzoni da cameretta, dei drammi adolescenziali e di tutte le cantautrici it-pop che sembrano improvvisamente uscite da Ragazze Interrotte. E poi arriva Saera, con la sua delicatezza estrema, il suo carisma da ragazza della porta accanto, la sua anima da pop star che viene racchiusa all’interno della sua camera, e il suo disco di debutto omonimo fuori per Sbaglio Dischi. La storia contenuta in questo EP è quella di una ragazza che vuole tutto, che ha ancora i poster degli Strokes in camera, che va al Primavera Sound ogni anno (Saera, poi dicci se ci abbiamo preso) e che ha irrimediabilmente il cuore spezzato. Una sindrome che non si cura con la musica, con una relazione o con qualsiasi altra cosa, rimane dentro imprescindibile, e fa fare ottimi dischi.

Saera mescola sonorità R’n’b a influenze più pop, mantenendo una scrittura matura e una voce ammaliante, trascinandoci dentro atmosfere chill e avvolgenti: la fine dell’adolescenza, relazioni tossiche e nuove malinconie estive. Un EP che inizia a prendere forma nel 2018 e attraversa tre anni di crisi e domande esistenziali, che suona spensierato e drammatico allo stesso tempo: brani suonati a mezzanotte in una cameretta per far sparire tutto quello che resta intorno, brani sinceri e spesso anche un po’ arrabbiati, un’esigenza artistica di Saera che non poteva che portare il suo nome.

Un mondo dalle tinte pastello, dalle movenze estive, un disco che avreste voluto avere al liceo, di quelli da ascoltare tanto, e da vivere lentamente, senza i meccanismi delle playlist di Spotify, senza la frenesia di un mondo che sta crollando. Quello di Saera è un mondo intero in queste cinque tracce, un mondo fatto di quattro mura, poster, una finestra, una montagna di libri che non leggeremo mai e tanta malinconia verso quella cotta estiva che ci ha distrutto, senza permetterci di rimarginarci. Un disco per immergersi.

CM

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