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Shelte e la resilienza del rock italiano

“Rock ‘n’ Roll never dies!”

Recensione a cura di Davide Lucarelli

Molti ritenevano che il rock, ed in particolare il rock italiano, fosse morto fino a circa una settimana fa, quando i Maneskin hanno trionfato all’Eurovision Song Contest al grido di “Rock ‘n’ Roll never dies!”. Bè, la verità è che il rock in salsa italica, sebbene lontano ormai da qualche tempo dalle luci della ribalta, non ha mai smesso di pulsare pur contaminato da influenze e suoni di generi diversi, che altro non hanno fatto che arricchire ancora di più un genere già intrinsecamente zeppo di declinazioni. A questa scena appartengono gli Hoka Hey, il duo abruzzese che ieri ha pubblicato il suo nuovo disco, Shelte, sei brani d’impatto e melodicità pregevole, che raccontano chiaramente il modo di intendere il rock ‘n’ roll della band.

 

 

La scelta (shelta?) di sporcare di tanto in tanto le chitarrone distorte e la batteria rock con delle sbavature di elettronica, già chiara dal primo brano, Dedalo, è confermata da Diamante, la seconda canzone che si destreggia tra riff e cori distorti. Le Domeniche è un’invito a squotersi dal torpore della quotidianità dal ritmo incalzante, mentre Luna Piena è la ballad del disco, con un ritornello struggente cantato a squarciagola e con le lacrime agli occhi. Le pulsazioni tornano su con Mancanze, una canzone dal testo automotivazionale e quasi spirituale. La conclusione del disco è affidata a Su, brano carismatico e coinvolgente.

 

 

Shelte è in definitiva un disco di buona fattura, in cui influenze legate al rock indipendente italiano di inizio anni 2000 (Subsonica su tutti) sono chiaramente presenti e avvalorate da un tentativo di introdurre elementi più contemporanei e originali.

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