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The Next presenta EDY in “Variazioni”: il racconto di chi ha deciso di essere

The Next, il nuovo format che vi  presenta gli artisti della nuova scena musicale italiana.
EDY in “Variazioni”: il racconto di chi ha deciso di essere
– di Giorgia Groccia.

Variazioni” è il primo disco di EDY, penna, chitarra e voce di Ultravixen e Jasminshock, bands che negli ultimi 20 anni hanno rappresentato un link diretto fra l’Italia e l’avant-punk made in USA. Animo ribelle ma gentile, avvezzo alla rivoluzione costruita e accarezzata con guanti di velluto da vero gentiluomo, con sonorità che ricordano Battiato nei suoi periodi migliori, ma con quella freschezza nel sound e nelle parole tali da poter essere ultra moderno senza alcuna pretesa o senza alcun artificio: ecco chi è EDY, ecco cosa racconta la sua musica. L’artista ha scritto queste canzoni durante la convalescenza da un grave incidente, a seguito del quale ha deciso di lasciare spazio espressivo alla dimensione cantautorale e pop, quella stessa dimensione da cui, tempo addietro, era partito, come fosse quel primo abito indossato da bambino, quell’abito artistico che difficilmente può essere dimenticato.

Le 12 canzoni raccontano il cambiamento e sono frutto dell’incontro fra la penna e la chitarra di EDY, e la visione artistica del produttore e musicista Marco Fasolo (Jennifer Gentle).  Il disco è stato registrato e mixato a Giugno e Luglio del 2017 al Posada Negro Studio (Lecce) da Marco Fasolo, uscito per Goodfellas Records. EDY ha cantato e suonato insieme a Marco Fasolo, John Lui (Roy Paci, Corleone), Carmelo Di Paola (UltraviXen, Jerica’s), Matilde Davoli (Studio Davoli, Girl with the Gun) e la Direttrice d’Orchestra Carolina Bubbico.

I brani che compongono l’album sono delle poesie dichiarate, scritte a caratteri cubitali sui muri di una coscienza che appartiene a tutti noi, con la sensibilità artistica di un essere umano che finalmente decide di essere, di esistere all’interno della propria musica come unica grande forma d’espressione, stato d’animo, sensazione marchiata a fuoco sulla pelle. Noi di Tutti giù parterre abbiamo avuto l’immenso piacere di chiacchierare con EDY: eccone il risultato!

Il singolo “La Casa di Barbie” è composto da un testo che utilizza certamente parole forti e dirette ed un video altrettanto d’impatto, ed inoltre il tutto è osservato con occhio attento, come fosse uno sguardo particolare nei riguardi dell’universo femminile e i suoi drammi . Puoi spiegarmi la genesi del pezzo?
Ho scritto questa canzone come canzone di liberazione, parla di emancipazione femminile, hai colto bene. Parla di desideri e progetti, la casa di Barbie è una metafora, chiacchiera di cose che da bambina magari una donna non è riuscita ad ottenere anche a causa di condizioni sociali ed economiche svantaggiate, e che poi invece da grande, grazie all’autodeterminazione, diviene un vero e proprio riscatto. Poi la casa di Barbie è anche simbolicamente la famiglia, il luogo dal quale si parte per trovare la propria individualità. Mia mamma femminista sarà fiera di me!

Questo tuo nuovo progetto discografico parte da un episodio sgradevole e un riposo forzato in convalescenza. Era già da tempo che riflettevi sul proporre una nuova versione di te più pop?
L’innesco è stato l’incidente in cui ho avuto 12 mesi per riflettere. Stavo scrivendo il disco per gli Ultravixen, in realtà queste canzoni erano ben diverse da ciò che avevo sempre fatto, e quindi quando mi sono risvegliato ho deciso di fare qualcosa di completamente dipendente da me, sia dal punto di vista artistico sia da quello organizzativo. Non volevo più vivere le logiche da band, non perché non le apprezzassi, ma perché volevo che tutto questa volta fosse auto determinato. La svolta pop poi è arrivata con la dialettica con Marco Fasolo il quale, dopo aver ascoltato i pezzi, mi ha chiesto se fossi pronto per fare un disco da solo. A quel punto, dopo essermi ripreso, ho accettato questa cosa di buon grado, e posso dire che il vestito che hanno ora le mie canzoni è il migliore che potessero avere.

 

 

Raccontaci il tuo sodalizio artistico con Marco Fasolo, tuo produttore e musicista.
A me e a Marco ci ha messo insieme Nora Bentivoglio, FLEISCH, il nostro ufficio stampa. Io avevo chiesto chi ci fosse dietro l’ultimo disco dei Verdena. Dopo aver ascoltato i pezzi Marco si è reso disponibile, abbiamo iniziato da zero, sono andato da lui subito dopo il mio incidente, avevo una mano che non funzionava, e abbiamo riarrangiato tutto insieme. Ha suonato in tutto il disco i bassi, le tastiere, ha cantato: è il mio principale partner. Inoltre avendo lavorato per cinque mesi insieme abbiamo anche stretto una fortissima amicizia!

Cosa è cambiato da Edy di Marketa ad oggi?
In realtà Edy è il ciclo retroattivo dei Marketa. Quando ho iniziato a scrivere e a suonare scrivevo in italiano, ero vicino a Battiato e via dicendo, rockeggiante certo, ma comunque quel tipo di approccio cantautorale. Poco dopo, verso i 17 anni, ho iniziato a suonare un certo tipo di rock che per quasi 20 anni è stata la mia culla. Dopo tutto questo tempo è come se fossi tornato alle origini, è come se il cerchio si fosse chiuso. Sto molto a mio agio in questa veste perché fondamentalmente è la mia! Il cambiamento gigante è avvenuto in base ai progetti che hanno vissuto subito dopo Marketa.

Come mai il tuo primo disco da solista si intitola proprio Variazioni?
Il disco parla di variazioni, di cambiamento, di lotta, d’amore, di passione, ma anche della paura di cambiare. Credo sia un mood non troppo ragionato, piuttosto un flusso di coscienza che, riflettendo sull’intero progetto, ha dato il nome e l’andamento ad ogni brano che però aveva quell’intenzione involontaria sin da subito.

Il tuo album parla di amore, di te stesso ma anche degli altri, parla di com’è difficile cambiare, della ricerca della felicità: sono tutte cose riconducibili a domande esistenziali. Sono domande rimaste senza risposta o da qualche parte, grazie a questi brani, un po’ di risposte sei riuscito a trovarle?
Ritengo questo disco, un disco catartico. Per me è stata la chiusura di un percorso e l’inizio di un altro.  È un album di transizione a livello personale, un album in cui mi sono dichiarato, messo a nudo. Avevo necessità di dire alcune cose, e anche artisticamente parlando è un passo in avanti pensare che uno come me, che aveva sempre fatto rock estremo, in un certo modo, possa passare ad un genere che risiede agli antipodi. Ho dato spazio ad una cosa per niente scontata. Grazie a questi brani ho trovato l’equilibrio tra me artista e me persona. Prima pensavo che le due cose fossero separato: adesso ho capito di essere musica, e di non poter scindere le due cose. Quando ti ritrovi con le spalle al muro diventi bravissimo a capire quali sono le cose davvero importanti.

Cosa pensi del panorama indie pop in via di sviluppo nell’ultimo periodo?
La musica indipendente dovrebbe essere, appunto, indipendente dalle logiche mainstream. Significa che tutto ciò che io farò sarà fuori da alcune logiche di mercato. Io adesso non penso di far musica indipendente, non penso che Gazzelle o Calcutta facciano musica indipendente. Nel momento in cui i prodotti, belli o brutti che siano, hanno alle spalle una certa estetica, un certo marketing e una certa cura in determinate caratteristiche, smette di essere realmente musica indipendente. Ed io con loro, senza dubbio. Questo indie è figlio della nostra estetica, e sono certamente prodotti studiati, da piazzare in questo mercato. Ci poniamo quesiti che portano a voler piazzare le nostre cose il più lontano possibile. Questa è semplicemente la nuova musica italiana.

 

Clicca qui per guardare la video intervista

 

Come avrai notato, il dislivello numerico tra cantautori e cantautrici che raggiungono i vertici del successo è imbarazzante. Cosa pensi a riguardo?
Viviamo all’interno di una società proto-cattolica, maschilista, le regole le fanno i maschi. Per le donne qui è difficile fare tutto. Basti pensare che ai vertici delle aziende solo il 3% è composto da donne, contro il 52% di donne che lavorano in azienda come dipendenti. Il tessuto e il contesto influiscono. Ci sono artiste donne che fanno cose molto belle ai vertici, anche in passato: donne che hanno osato come la Caselli e Nada. Donne coraggiose come Matilde Davoli, la donna più internazionale che abbiamo in Italia. Ci sono donne che fanno cose che mi interessano. Purtroppo molto è dovuto alla taratura della nostra società, avvezza a privilegiare il genere maschile proprio perché sono gli uomini a fare le regole, anche quelle sociali, non scritte. Nella nuova musica ho la sensazione che le donne trovino un loro spazio. Bisogna sicuramente evitare di cadere nei luoghi comuni o sugli stereotipi.

Raccontaci del tuo prossimo tour e dei tuoi progetti futuri.
Il futuro è già iniziato. Continuerà la promozione del disco, ho suonato già a Roma, Catania e Milano, tre location scelte non a caso: una è la città in cui sono nato, una è quella in cui ho vissuto e l’altra è quella nella quale vivo. Dal 5 febbraio in poi inizieranno i concerti in tutta Italia. Dal punto di vista artistico, sono già a lavoro su brani nuovi!

 

 

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