di Giorgia Groccia.
foto di Adila Salah (Noise Symphony).
Il 21 novembre 2018 mamma Roma accoglie tra le sue braccia -per la terza volta- i suoi figli preferiti. Non stiamo parlando di Romolo e Remo, ma del magico trio dei record, i Thegiornalisti, i quali, così, concludono e si lasciano alle spalle un tour e una strada tracciata da successo plateale e una serie di date sparse per l’Italia completamente sold out (semi cit).
Tommaso Paradiso & friends calcano il palcoscenico in perfetto orario circondati da una fiumana di persone in visibilio, una mole di gente impressionante da far tremare l’arena allestita per il LOVE TOUR giunto al termine; si parte subito con ZERO STARE SERENO, ultimo singolo fuori, che conferisce una spinta iniziale notevole e il buonumore dilagante, una vera scarica di adrenalina endovena. Sul palco presenti anche Walter Pandolfi al basso, Leo Pari alle tastiere, un coro e una formazione orchestrale alternata a seconda del brano eseguito.
Il passaggio dai club ai palazzetti per i Thegiornalisti, è avvenuto inaspettatamente ma non senza reale merito. Quando si pensa a Paradiso, alle canzoni del trio, quando scherzosamente si dice che “l’indie è morto” a causa di questo passaggio, si intuisce dell’invidia forse, o semplicemente un’incomprensione di fondo. L’indie, l’itpop, la musica indipendente per piacere deve forse restare negli angoli impolverati, deve ottenere un pubblico modico altrimenti si rischia di additare l’artista come fosse un venduto? Ebbene, bisogna sviscerare i testi di Paradiso, ascoltare qualitativamente la differenza tra i Thegiornalisti ed un qualsiasi artista pop in vetta alle classifiche. L’uso improprio di parole quasi cacofoniche diviene, nei testi dei Thegiornalisti, un jolly a tutti gli effetti, permettendo a quelle stesse parole di passare da cacofoniche ad iconiche in men che non si dica. I Thegiornalisti hanno piegato il mercato pop al loro volere, non il contrario, riavvolgendo il tempo, trasportando buon umore, straziante malinconia, sensazioni reali e tangibili. Bisognerebbe riflettere su questo, prima di sentenziare senza un ragionamento approfondito alle spalle.
Difatti l’intero live gioca su due livelli, e sorprendentemente il pubblico risponde in entrambi i casi con un feedback molto più che positivo. Il primo livello contiene i brani dell’ultimo album, LOVE, arrangiato impeccabilmente e composto da sequenze anni ottanta come fossero veri e convinti nostalgici; il secondo livello è il grande scatolone dei ricordi, quello in cui si affoga piacevolmente, quello dei brani che hanno composto la story board della band, gli albori, prima delle luci del palco e della ribalta, lo scatolone in cui tutti noi riusciamo a specchiarci con un certo nodo in gola e nello stomaco, la pelle accarezzata da un brivido e le dita innalzate al cielo. Il live prosegue con ZERO STARE SERENO, FATTO DI TE, CONTROLLO, IL TUO MEGLIONE MIO, LOVE e SOLDOUT, brano/manifesto per eccellenza del precedente album, premonitore forse, certamente capolavoro indiscusso. Paradiso si concede e concede ai fan uno stralcio di Albachiara intonata a suon di chitarra acustica e accompagnata dal pubblico unanime, piccolo omaggio a Vasco, padre insieme a Venditti, del genio artistico della band. Il live prosegue con L’ULTIMO GRIDO DELLA NOTTE, e la toccante versione rivisitata di IO NON ESISTO, brano/preghiera, grido esistenziale straziante e pungente, ripresentato con la reale sottrazione dell’ira, la quale caratterizzava il brano nella sua versione originale, lasciando così posto al ricordo di un amore, alla tenerezza, alla malinconia.
Dopo un brevissimo omaggio all’amico Edoardo D’Erme (Calcutta) con Paracetamolo, si prosegue al pianoforte con IN THE NIGHT, PROTEGGI QUESTO TUO RAGAZZO, e FINE DELL’ESTATE intonato quasi interamente dall’immensa platea, considerato uno dei brani più basici mai ascoltati: ed è per questo che funziona, giunge a destinazione proprio lì a termine. Non utilizza giri immensi di parole, gioca tra cornetti Algida consumati durante il tragitto dal mare a casa, le dita piene di sabbia, la bicicletta rossa Atala, -simbolo di una generazione di cui Paradiso fa parte- il rimembrare di vecchi film anni ottanta, e un riff strappa lacrime, sparando così dritto in testa, composto per restarci. E dalla fine dell’estate si passa repentinamente ad UNA CASA AL MARE, trasponendo così il desiderio di ritrovare gli amori estivi, al desiderio di spegnere l’interruttore ed il cellulare, stracciare via la spina, i pensieri e il lavoro per concedersi del tempo per sé e per le persone amate, un grido contro l’alienazione forse? Certamente un brano che permette al pubblico e allo stesso Paradiso di ballare con gusto. Susseguono PROMISCUITA’, L’ULTIMO GIORNO DELLA TERRA -brano intriso di vera poesia- COMPLETAMENTE -pezzo attesissimo e cantato interamente da ogni singola persona presente- TRA LA STRADA E LE STELLE e ovviamente QUESTA NOSTRA STUPIDA CANZONE D’AMORE: circondati dal buio, una tempesta di stelle ricreate grazie ai numerosi display degli smartphone investono il palco, vivendo così tre minuti immersi in un tappeto di desideri caduti a picco tra l’immagine sfocata di una Fiumicino all’alba e una nazionale del 2006 , la quale tocca delle corde inimmaginabili anche per i meno aderenti alla fede calcistica.
Sul finale si susseguono SENZA, RICCIONE, SO FAR AWAY -omaggio agli OASIS, NEWYORK, FELICITA’ PUTTANA e la splendida toccante DR. HOUSE.
Con la commozione di chi ama forte, Paradiso&Co ringraziano, salutano, fotografano, baciano il loro immenso successo e i loro fan ormai affezionati. Quello dei Thegiornalisti non è un live, è un gioco splendidamente costruito per restare in bilico tra divertimento e strette allo stomaco, divisi tra la strada e le stelle, esattamente come fossero ai tempi del liceo con qualche anno in più e forse con ancor meno consapevolezza di aver spostato il mercato discografico: perché si sa, quando qualcosa funziona spesso è dettata dalla vera passione per il palco, per la gente, per la musica.
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