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Tragic Carpet Ride: tra sperimentazione e istinto

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I Tragic Carpet Ride sono una di quelle band nate quasi per caso, ma con un’identità musicale chiara fin dall’inizio. Il progetto prende forma dall’incontro tra Filippo, Francesco e Alessandro, tre musicisti con background differenti che si trovano a condividere uno stesso spazio creativo: il Nine Lives Studio. Quella che doveva essere una semplice jam session si trasforma rapidamente in un’intesa musicale autentica, portandoli a lavorare insieme su una ventina di brani. Da questo processo nasce “Specchio Riflesso”, un EP che esplora il rapporto tra fragilità e consapevolezza, tra ciò che scegliamo di vedere e ciò che resta nascosto.

Il titolo stesso richiama un gioco infantile, ma il suo significato si estende ben oltre: ogni brano è un frammento di un percorso emotivo, dove suoni e testi si intrecciano per raccontare battaglie interiori, senso di smarrimento e resilienza. Il tutto con uno stile che evita soluzioni prevedibili, alternando momenti di pura energia a passaggi più sospesi e introspettivi.

La spontaneità che caratterizza la band si riflette anche nella genesi dell’EP: nato quasi per caso durante una pausa forzata nella produzione di un album, Specchio Riflesso è stato registrato in una sola giornata. Ma non per questo il lavoro manca di cura: ogni traccia porta con sé un’attenta ricerca sonora, come dimostra “Buio”, il brano più complesso e trasformato del disco, nato dalla fusione di tre canzoni diverse.

Sempre alla ricerca di nuove sfide, i Tragic Carpet Ride hanno sviluppato due set live – elettrico e unplugged – per adattarsi ai contesti più vari senza perdere l’essenza della loro musica. In questa intervista ci raccontano il loro percorso, le scelte artistiche dietro l’EP e il loro modo di vivere la musica dal vivo.

Come nascono i Tragic Carpet Ride?

(racconta Filippo)
Tragic Carpet Ride nasce come una specie di allineamento astrale. Tutto è iniziato quando, mentre stavo producendo brani nel mio home studio, decisi di prendere lezioni di batteria per migliorare in funzione delle registrazioni. Il mio insegnante era Francesco, che aveva appena finito di costruire il Nine Lives Studio insieme ad Alessandro. Tra casualità e necessità, ci siamo ritrovati a jammare insieme e la sintonia è stata immediata.
Senza esitazioni, ci siamo immersi nella produzione di una ventina di brani che avevo inizialmente pianificato di registrare da solo. Lavorare insieme ci ha permesso di sperimentare ampiamente sia a livello sonoro che tecnico, consolidando la nostra intesa musicale.

Perché avete scelto il titolo “Specchio Riflesso”?

Da bambini, la frase “specchio riflesso” era una formula magica per ribaltare un’offesa, un gioco che trasformava la vulnerabilità in difesa. Le canzoni di questo EP, raccontano un viaggio tra fragilità, inconscio e resilienza emotiva.
Ogni brano esplora un aspetto diverso di ciò che si nasconde sotto la superficie, che ci accompagna e ci definisce: le piccole cose che ci danno la forza di andare avanti, le battaglie interiori con i nostri demoni, il senso di smarrimento nel cercare il nostro posto in un mondo alienante.
Lo specchio diventa simbolo di uno spazio ambivalente: protezione contro le ferite, ma anche barriera che ci separa dal nostro lato nascosto. I brani svelano questa tensione tra il bisogno di preservarsi e il desiderio di guardarsi davvero, esplorando il delicato equilibrio tra protezione e consapevolezza, tra ciò che respingiamo e ciò che scegliamo di affrontare.

Potete raccontarci un aneddoto legato alla registrazione dell’EP?

La decisione di registrare l’EP è stata, per noi, una cosa quasi casuale. Avevamo appena finito di produrre una serie di brani destinati a un album ed eravamo in attesa che il nostro amico Michele Nicolino si occupasse di mix e master. A causa di un contrattempo, il lavoro è stato rimandato di qualche mese, così abbiamo deciso di riarrangiare alcune canzoni nel frattempo. Per un colpo di fortuna, Michele ha trovato uno slot libero dopo pochi giorni e, con la sala già montata per le registrazioni, abbiamo deciso di non rimandare. Specchio Riflesso è letteralmente una giornata al Nine Lives Studio.

Quale brano ha subito il maggior numero di modifiche durante la produzione?

Buio è uno dei brani che ci ha messo più alla prova. Sostanzialmente è l’unione di 3 canzoni con lo scopo di raccontare qualcosa di emotivamente difficile. La canzone per noi rappresenta un vero e proprio percorso sonoro ed emotivo, costruito come un viaggio tra immagini e crescendo strumentali. Dopotutto ci siamo abbastanza divertiti, nel pezzo sono registrate parti in reverse di noi che leggiamo dei libri, ordiniamo pizze a domicilio, tiriamo uno sciacquone del cesso e altre cazzate.

Come nasce l’idea di proporre due set, uno unplugged e uno elettrico?

L’idea nasce dall’esigenza di versatilità e praticità, soprattutto per adattarsi alle richieste dei locali. Dopo il COVID, purtroppo, sempre meno gestori investono nella musica dal vivo, e ancora meno danno spazio a band emergenti. Avere due set ci permette di essere più flessibili, sia quando il budget è limitato, sia quando il locale non è attrezzato per un live elettrico.
Detto questo, non volevamo cadere nel classico acustico da spiaggia con accordoni e cajon. Ci siamo messi alla prova, riarrangiando ogni brano per creare uno spettacolo diverso, dove la magia prende forma in un altro modo, senza rinunciare a soluzioni più elaborate. Ovviamente, spare il volume a cannone e vedere il pubblico che balla e poga sotto al palco è sempre una figata. Col tempo però, ci stiamo innamorando anche di questa dimensione unplugged, più intima e quasi spirituale, che in certe situazioni ci ha permesso di creare una connessione più diretta con chi ci ascolta.

Qual è la vostra canzone preferita da suonare dal vivo?

Tra le canzoni di Specchio Riflesso, diremmo Buio. Nella versione acustica l’abbiamo riarrangiata in una chiave più cruda e sospesa, mentre in elettrico è proprio il contrario, sentiamo un’energia molto viscerale. Il suo punto di forza sta proprio in questo viaggio di quasi sette minuti: impegnativo da portare a termine, ma incredibilmente divertente da suonare.
Ce ne sarebbero altre, ma non sono ancora uscite. Non vi resta che venirle ad ascoltare dal vivo!

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